Novelle (Sercambi)/Novella X

Novella X

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Novella VIIII Novella XI
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X


Disiando il preposto che la brigata vada senza dispiacere, avendo sentito la novella del bolognese che avea sì buono odore e del motto che ’l conte disse alla moglie, si rivolse verso l’autore dicendoli che li piacesse d’ordinare di dire qualche bella novella per la giornata seguente, pensando doversi alogiare al bel castello di Civitella d’Arezzo. L’autore rispuose ch’era aparecchiato; e voltosi verso la brigata parlando alto, cominciò a dire:


DE LATRONE ET SIMPLICI MERCATANTE

Dell’oche per Ognisanti



Nella città di Lucca anticamente s’usava il giorno d’Ognissanti mangiar moltissime oche, e non li parea esser uomo chi il dì non avea oche. Divenne che uno macellaio nomato Figliuccio si mosse da Lucca con lire 60 di quatrini senesi per andare a Siena a comperare oghe per la ditta festa.

E giunto a Siena del mese di ottobre e andato innel Campo di Siena, acostandosi a uno che li parea che dovesse esser mercadante, nomato Besso, il ditto Figliuccio lo domandò se fusse mercadante d’oghe. A cui Besso diè d’occhio, parendoli strano, e disse sì e che n’avea gran quantitade. Figliuccio disse quello volea del paio. Besso disse: «Soldi 20 senesi». Figliuccio disse: «Vuo’mene dare paia 60 per lire 50 che io hoe aregati?» Besso disse: «Poi che se’ piacevole io te le vo’ dare; dammi li denari». Figliuccio acostatosi a una panca innomerò li denari presente Besso et in una borsa li misse e disse: «Andiamo per Toghe». Besso, me[p. 57 modifica]natolo fuori della porta, una gran torma d’oghe salvatiche li mostrò dicendoli: «Và e tòne paia 60 e più uno paio che vo’ te le godi colla donna tua». Figliuccio, datoli la borsa de’ denari e tagliato alcun salci per potere l’ale dell’oghe legare e scalzatosi, si misse innell’acqua. L’oghe pianamente si tiravano infra l’acqua: Figliuccio seguendo senza pigliare, Toglie discostandosi, Figliuccio che fine alle brachi s’avea bagnato, disse: «Alle vagnela di Dio, queste sono oghe salvatiche!»

Besso, come lo vidde intrare innell’acqua, diè volta et in Siena tornò; e mutatosi di panni, co’ denari s’andò prendendo piacere. Figliuccio, che vede non potere aver alcun’oga, rivoltòsi pensando dire a Besso che i suoi denari li renda: non vedendolo, dubitò. E subito calzatosi tornò in Siena et in Campo fu venuto, dicendo a chi trovava se avea veduto Besso mercadante d’oghe. A cui fu ditto: «Và cercalo». Figliuccio, vedendosi gabbare, si partìo del Campo e per Siena cominciò a cercare se vedesse Besso.

E così andando, quasi a sera una donna nomata mona Gese, vedendo Figliuccio andar pensando, stimò costui esser forestieri. E chiamatolo disse: «Unde se’ tu?» Figliuccio disse: «Io sono da Lucca». Mona Gese disse: «O che vai pensando?» Figliuccio disse: «Uno mercadante d’oghe m’ha ingannato et hami tolto lire 50 di quatrini senesi e non me ne sono rimase che lire 10». La donna disse: «Male ha fatto; che in altretale come tu si possa trovare!» Figliuccio volendosi partire, mona Gese: «Omai è sera, e io per amor di Lucca vo’ che stasera aberghi con meco». Figliuccio, avendo veduto mona Gese vestita onesta et innella faccia con uno velo avolto, parendoli la Madalena, disse: «Madonna, volentieri, che almeno quel poco che m’è rimaso non mi fi’ tolto in casa vostra». Mona Gese disse: «Quello sarà fatto a te che ad altri che capitati ci sono». Figliuccio entrato in casa, la donna chiuse li usci.

E cenato insieme, la sera venuta, Mona Gese disse: «In questa camera ti dorme; e perché non ci ha luogo comune, porra’ti in su questa finestra quando volessi l’agio del corpo». Et uscita fuori della camera, Figliuccio chiuso l’uscio dentro, credendo [p. 58 modifica]star sicuro si spogliò di tutti i panni e scalzò. Rimaso in camicia et in mutande sì montò in sulla finestra per potere il suo agio fare. Mona Gese per altro uscio segreto era entrata innella camera: come lo vidde in sul palco, subito percosse la finestra dandoli per lo petto et innel chiasso l’ebbe gittato. Figliuccio volendo gridare, mona Gese disse: «Se tu gridi, io t’amazzo!» Figliuccio, sentendosi merdoso et in istretto luogo, avendo paura di morire, non fiatò, ma per lo chiasso si misse ad andare tanto che fu innella via mastra, là u’ sotto una tenda si puose. La donna, chiusa la finestra, le lire 10 e la scarsella panni e calze, ogni cosa, si prese.

E stando Figliuccio in tal maniera, desiderando morire o che la famiglia il pigliasse per poter contare quello che a lui era stato fatto, non dormendo vidde passare alcuno. Figliuccio, credendo fusse la guardia, disse: «Oh, chi va là?» Colui udendo, acostandosi vidde Figliuccio in camicia e disse: «Chi se’ tu?» Figliuccio disse: «Io sono uno da Lucca e che sono stato rubato», dicendo il modo. Vedendo colui la forma di Figliuccio, disse: «Io sono uno ladro e vo’ caendo qualche compagno che vegna meco». Rispuose Figliuccio: «Io voglio esser tuo compagno, e più tosto puoi mi mena a qualche bottega a rubare». Disse il ladro: «Io hoe pensato che oggi morìo in questa città il vescovo al cui assequio mi trovai: e viddilo soppellire con molte anella d’oro e con una mitola in capo piena di perle e molte fregiature d’oro, con uno cor done di perle, ma ben mi penso che i calonaci lo vorranno spogliare in sul mattino». Rispuose Figliuccio: «Per Dio andiamo tosto che noi siamo i primi che lo spogliamo». Lo ladro disse: «Andiamo».

E’ mossesi, Figliuccio dirieto a lui, tanto che giunti furon al duomo di Santa Maria. Lo ladro entrato per una finestrella. Figliuccio dirieto, funno in chiesa. E acceso una candella, al monimento n’andonno. E perché la pietra era grande amendu’ vi misseno le mani, e alzata alquanto, disse lo ladro: «Chi enterrà dentro?» Figliuccio disse: «Sostieni la pietra che non caggia et io entro». Lo ladro contento. Figliuccio dentro entrò, e subito preso il cordone, quello si misse sopra la camicia, e posto le mani alle [p. 59 modifica]mani del vescovo, li guanti con tutte l’anelle si misse in seno; e poi, levatoli la mitola di testa, se la misse in seno; e così andando, ogni gioiello si mettea in seno.

E mentre che tali cose si faceano, aparve un grande splendore innella chiesa, ché i calonaci, avendo cenato, venìano a spogliar il vescovo, co’ torchi accesi e croci oncenso salmi e latanie. Vedendo questo, i’ ladro avendo paura, senz’altro dire a Figliuccio, la pietra lassò cadere. Figliuccio innel sopolcro rinchiuso (non però che alcuno spiraglio di lume non vi fusse), e per la finestra i’ ladro si fuggìo. Figliuccio sentitosi coperto stimò quine esser la sua fine; ma poi ricordandosi che i’ ladro li avea ditto che i calonaci doveano venire, stimò che’ calonaci fusseno quelli che aveano messo paura a’ ladro, e diliberò star cheto e veder quello che’ calonaci far doveano, avendo tutti li gioielli in seno.

Venuti li calonaci al monimento con orazioni e lumi, aperto il monimento e la pietra missa in terra, e ditto: «Chi sarà quello che dentro enterà?», uno chiericastro più tosto giovano di senno che di tempo disse: «Io». E gittatosi bocconi, e le gambe dentro misse per volersi innel monimento calare. Figliuccio, veduto le gambe, subito quelle prese stringendole per modo che il chierico sentìo e di paura quasi morìo, gridando: «Socorretemi!» Li calonaci e li altri chierici che quine erano, di paura tutti sbigotiti si fugirono, li lumi si spensero, la croce per terra caduta, le gambe percosse innelle banche che quasi se le ruppeno, e non cessando infine che innelle loro camere funno enserrati la paura loro.

Lo chiericastro avendo molto gridato e tramortito per paura, Figliuccio, che sente fatto silenzio innella chiesa, del monimento uscìo e a l’uscio della chiesa se n’andò e quello aperse e di fuori in uno fienile si puose a dormire spettando il giorno. Lo chiericastro risentito, e liberò le gamb’e il più tosto potéo alle camere de’ calonaci se n’andò dicendo ch’elli erano stati troppo presuntuosi ad andare in chiesa che non era ancora mattino: «E se male ce n’è avenuto noi l’abian bene comperato; e anco, ora che ’l monimento è aperto, altri rubasse il vescovo farè’ molto bene». E così si steono. [p. 60 modifica]

Ritorno a Figliuccio, che, veduto la mattina il sole, prese uno anello et a uno orafo lo vendéo per quello potéo. E di quelli denari si vestìo e co’ gioielli tornò a Lucca, e quine venduti, compròe case e possessioni e fece buona bottega: e visse a onore.

Ex.º x.