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novella lxxxxviii 429

acorto non s’era dello sterco, stava solo li atti a vedere che Tromba facea, per potere ogni cosa a Pisa racontare.

E stato alquanto. Tromba, calata la faccia co li occhi aperti, colla faccia co li occhi e colla bocca in su quella piota di merda diè per sì gran forza che tutta la bocca il naso li occhi e tutta la faccia se ne impiéo, dicendo: «Or ti sfama!»; dandovi più volte. Lo ’mbasciadore, che alquanto da lungi stava, non potendo bene comprendere il modo, decise di domandarlo. E venuto presso a lui, vedendolo sì merdoso li disse: «O Tromba, or dove se’ stato poi che da me ti partisti che se’ sì merdoso?» Tromba disse tutta la maniera, dal principio che funno passati a Poggio a Caiano fine a quel punto, dicendo: «Or come mi sazierei delle genti che sono tanto valenti, s’io d’una poga di merda non m’avesse saziato?» Lo ’mbasciadore tutto nel cuor notato avea.

E montati a cavallo, a Pisa ne girono. Lo ’mbasciadore narrò tutte le convenenze che il Tromba avea fatto: li pisani cognovero di vero costui esser simile al Folaga, dispuoseno di dirli che fine che il Folaga tornava stesse in Pisa a darsi piacere senza soldo, e dapoi ch’e’ tornato sarè’ voleano che amendue fusseno capitani generali di tutta l’oste. Tromba lieto, l’aspettare non li rincresce fine che denari ebbe in borsa. Lo comune di Pisa per onesto modo il Folaga cassò né a Pisa mai ritornò, tenendo sempre il Tromba sotto speranza che il Folaga tornasse.

E per questo modo consumò tutto, e niente rimasoli, fu costretto <andare> per lo pane, che d’altro non era.

Ex.º lxxxxviii.