Novelle (Sercambi)/Novella LXXXXI
Questo testo è completo. |
◄ | Novella LXXXX | Novella LXXXXII | ► |
LXXXXI
L>a dilettevole novella condusse la brigata a Squilati dove trovonno bene aparecchiato per la cena, e perché lo giorno aveano poco trovato da mangiare, cenarono di vantagio; e senza dar volta la notte dormiron fino alla mattina che levati furono. Il preposto disse a l’autore che una novella dica fine che a Forati saranno giunti la sera; al quale l’autore disse che tutto farè’, rivoltandosi alla brigata, dicendo:
DE FALSATORE ET BONA JUSTITIA
Di Fiordo, lo quale fabricava di rame et ottone ducati al cugno di Vinegia in grandissima quantità; e spesi molti, e’ dipoi fu giunto da una veliera.
A>l tempo che ’l dugio Draconetto di Ca’ Dandolo di Vinegia fu dogio, venne uno stranio nomato Fiordo, il quale con suoi mani fabricava d’ottone o vero di rame dorato ducati proprio al cugno che la città di Vinegia cugna; e moltissimi n’avea già cugnati et in molti luoghi, quine <u’> ricognosciuti non erano, n’avea spesi in quantità.
Divenne che un giorno del mese di luglio venne il ditto Fiordo alla città di Vinegia onorevilmente vestito, et andato dimandando oro filato e fregi, fulli ditto e mostrato i’ luogo, dove Fiordo s’acostò a una di quelle merciaie che tali cose vendeno dimandandola se di quelli fregi e oro avea. La donna nomata madonna Marchesetta disse: «Assai ce ne sono»; e mostròli di molti fregi et oro filato. E venendo in sul mercato s’acordonno a prendere tanti fregi et oro che valesse la somma di ducati v cento.
Pesate le cose e messe in assetto e fattone uno fardelletto, il preditto Fiordo disse a madonna Marchesetta che seco andasse al banco per vedere innomerare li ducati che aver dé. La donna, contenta perché i suoi fregi et oro avea ben venduto, con Fiordo al banco n’andò. Fiordo, cavato fuori una borsa verde in che avea ducati v cento nuovi di zecca e quelli al banchiere <dati>, disse se alcun ve ne fusse che non fusse recipiente. Lo banchiere disse: «Questi ducati sono nuovi e non hanno alcuna mancanza». Fiordo dice alla donna che inomeri se sono v cento. La donna li tira a sé, Fiordo lei gitta a quattro a quattro, tanto che v cento li hae trovati. E messoli Fiordo in quella borsa verde, con una poga di cera la borsa sugellò, dicendo alla donna: «Andiamo alla bottega». Avendo quella borsa in mano, presente la donna, alla bottega ne vanno.
E mentre che caminano, Fiordo, tratto fuori del seno una borsa simile a quella in che erano li ducati, piena e sugellata — avea ducati v cento falsi dorati d’ottone — e ripostasi quella de’ veri; e giunti a bottega, la donna prese la borsa sugellata credendo che fusseno quelli che al banco veduti avea. E dato il fardello de’ fregi e dell’oro a Fiordo, Fiordo, che le cose avea in punto, subito in una barca entrò, e dato de’ remi in acqua, in suo paese ritornò.
Monna Marchesetta aperto la borsa sopra uno tappeto, e vidde quelli ducati lustranti; avendole paruto guadagnare la quarta parte, avea grande allegrezza. E mentre che ella in tale alegrezza dimorava, sopravenne uno suo figliuolo nomato Tano. La madre li dice: «Tano, oggi abiamo auto il buono guadagno d’una vendita fatta di ducati v cento di fregi et oro venduto, che se ne guadagna il quarto». Tano, che ode quello che la madre hae fatto, steo contento, dicendo: «U’ sono li ducati?» La madre la borsa li porse. Tano quella aperse, e veduto li ducati, quelli esser falsi e d’ottone, dicendo alla madre: «Noi siamo disfatti»; la madre dice tutto il modo tenuto di quel ladro. Lo figliuolo come savio disse: «Madre mia, di queste cose non fate motto fine a tanto che io non ho parlato alla signoria». E mossosi, subito con quella borsa di ducati falsi alla signoria n’andò.
E contato quello ch’a la madre era incontrato della moneta falsa mostrando li ducati ricevuti, la signoria vedendo lo ’nganno fatto e ’l tradimento di colui che tali ducati in Vinegia condusse, dicendo a Tano: «Poi che tu non sai chi tali ducati t’ha dati, e noi non possiamo questo sapere. E pertanto è bene, a volere rinvenire questo fatto, che tu e tua madre di tale opera non dobiate a persona apalesare, né dimostrarvi malinconosi, ma sempre atenti se quel ladro ci capitasse; e questi ducati lasserai in palagio acciò che spandere la novella non si possa»; Tano, cognoscendo che non v’era altro rimedio a dovere il suo riavere, subito se ne tornò a la madre la quale dogliosa trovò, dicendole tutto ciò che la signoria li avea ditto. La madre come savia in sé tenne celato quel fatto, aspettando tempo.
E stando per tal modo senza spandersi niente della cosa, passato uno anno il preditto Fiordo, avendo sentito che niuna cosa s’era ditta de’ ducati lassati in Vinegia falsi, pensò ancora di nuovo l’arte sua mettere in effetto: e venne a Vinegia dimandando, come stato non vi fusse mai. Ultimamente venne alla bottega dove monna Marchesetta dimorava, domandando fregi et oro. Monna Marchesetta, che ricognosciuto l’ebbe: «O messer, io hoe la più bella mercantia che mai vedeste; e perché altra volta mi faceste buono pagamento, io vi mosterò tutto ciò che io hoe in bottega». E cominciando a spiegare fregi e oro che una meraviglia parea, Fiordo avendone messi da parte gran quantità — la valuta di più di ducati m — , sopravenne Tano figliuolo di monna Marchesetta. Dicendoli la madre: «O figliuol mio, questo è quello buono amico che da me comperò tanti fregi di che guadagnammo cotanto; e però io ti prego che vogli che stamane desni con essonoi»; Tano disse: «Madre, io sono contento».
E partitosi, alla signoria n’andò; e racontato la venuta di colui che i ducati falsi avea alla madre dati, subito la signoria lo mandò a prendere. E conduttolo a palagio e fattolo cercare, trovonno che Fiordo avea a dosso più di ii mila ducati falsi e ben mcc ducati nuovi d’oro. E fattolo confessare il modo del battere e dello ’nganno che di tali ducati facea, non volendo altre prove, la signoria li fe’ cuscire sopra una palandra tutti li ducati falsi, e con quella al fuoco fu messo. E così morìo.
Et a monna Marchesetta et a Tano funno ristituiti li ducati v cento e l più per lo suo interesse; stando poi la madre e Tano con li occhi più aperti.
Ex.º lxxxxi.