Notte (Prati, XCVIII)
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Questo testo fa parte della raccolta XIII. Da 'Psiche'
XCVIII
NOTTE
Chiusa è la stanza; il lumicino è spento;
tacita è l’ombra; e qui pensoso io giaccio.
L’andar dell’oriuolo, altro non sento;
e cadrò presto a’ vani sogni in braccio.
Saprá darmi letizia o turbamento
il fantastico mondo, a cui m’afTaccio?
e il cardellino o la procella o il vento
mi solverá da l’incantato laccio?
Vedrò il domani e i miei? vedrò la stanza
rivisitata da l’ambrosia luce?
Vegli su me la caritá de’ numi.
Sebben, dolce sarebbe oltr’ogni usanza,
dentro un sogno d’amor che al ciel conduce,
chiudere al tempo e non aprir piú i lumi.