Notizie storiche dell'antica chiesa di San Pier Forelli in Prato/Parte prima/Come i Gesuiti si offrissero di edificare al popolo di San Pier Forelli una nuova chiesa, per avere l'antica chiesa con la canonica; e come il trattato non avesse effetto

Come i Gesuiti si offrissero di edificare al popolo di San Pier Forelli una nuova chiesa, per avere l’antica chiesa con la canonica; e come il trattato non avesse effetto

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Come i Gesuiti si offrissero di edificare al popolo di San Pier Forelli una nuova chiesa, per avere l’antica chiesa con la canonica; e come il trattato non avesse effetto
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Come i Gesuiti si offrissero di edificare al

popolo di San Pier Forelli una nuova chiesa,

per avere l’antica chiesa con la canonica;

e come il trattato non avesse effetto.


Reggeva la nostra chiesa Vincenzio Sisto Troiani fino dal 1696, come ho a suo luogo accennato1; quando, venuto l’anno 1708, i padri Gesuiti del Collegio Cicognini esposero al granduca Cosimo III: non avere chiesa conveniente, nella quale fare le loro feste pubbliche, assistere alle confessioni, e meglio adoperarsi alla salute delle anime, per maggior gloria di Dio: essere molto comodo, per la vicinanza al Collegio, San Pier Forelli; e potersi, senza disagio de’ popolani, edificare in altro sito una chiesa con la canonica: essere pronti a dare quanto occorresse; ma nulla potersi fare, se prima il rettore non ne fosse contento. Accoglieva Cosimo quelle istanze, e al vescovo Michele Visdomini Cortigiani scriveva pregandolo a prendere il consenso del Troiani. Il quale, dichiarato di non voler fare pregiudizio alla sua chiesa, del resto annuiva di buona voglia; anche perchè non gli era grave rinunziare a una chiesa cadente e a una trista casupola. Andate le risposte al Granduca, fu questi sollecito di mostrare al Troiani il suo gradimento con umanissima lettera2; e quando il buon parroco se gli fece dinanzi per ringraziarlo di tanta degnazione, Noi dobbiamo ringraziarla, rispose. E perchè gli volle ricordare come intendesse d’avere l’equivalente di ciò che dava, Anzi con ampiezza, fu la risposta del principe.

Disteso il memoriale da presentarsi alla sacra Congregazione del Concilio per la debita grazia, il Troiani lo consegnò a [p. 30 modifica]que’ Padri perchè ne procurassero la spedizione. Roma per un pezzo si tacque; e finalmente ordinò, che si sentisse il popolo. E il popolo fu sentito, senza che il Troiani ne avesse sentore, dai Gesuiti medesimi, che mandarono una lista di popolani sollecitati a soscrivere. Ma la sacra Congregazione non badò alla lista, e volle che il rettore adunasse il popolo a suon di campana. Fu fatta agli 8 dicembre l’adunanza, a cui intervenne uno per casa, nella medesima chiesa di San Piero. Il consenso fu dato sotto alcune condizioni, e fu mandato a Roma. Intanto i Gesuiti, fatte bene le ragioni, viddero che a costruire di pianta chiesa e canonica gliene andava una grossa spesa: per il che ottennero dalla Congregazione romana di mettere a stima quelle rovinose mura di San Piero, con intenzione di dare al rettore quella somma che i periti avessero assegnata, con qualcosa sopra la stima; e il rettore se la facesse. Milledugento scudi fu la stima; ascese a millecinquecento l’offerta. Ma il Troiani fece anch’egli i suoi computi; e vidde che a comprare il sito dentro i confini della parrocchia ne andavano scudi novecento; da tre a quattro cento scudi sarebbero occorsi nel risarcimento della casa acquistata: restava da costruire la chiesa, per la quale gli uomini dell’arte giudicavano abbisognar scudi mille. «Per assicurarmi (sono parole dello stesso Troiani) da qualunque pregiudizio, che forse averei ricevuto da questo trattato, feci penetrare alla sacra Congregazione, che il trattato fatto co’ padri Gesuiti non era stato di permutare la mia chiesa di San Piero e sua casa canonicale a ragione di prezzo nè di stima, ma bensì a ragione di luogo uguale a quello che da me si doveva a loro consegnare3

Era prefetto di quella sacra Congregazione il cardinale Bandino Panciatichi, uomo nelle leggi peritissimo, e nell’amministrazione della giustizia integerrimo4: perlochè nulla [p. 31 modifica]potendo nell’animo suo il favore, fece che al memoriale fosse rescritto semplicemente in questa forma: Transmissa minuta concordiæ, arbitrio eminentissimi Præfecti. La minuta dell’accordo fu tosto compilata, e alla Congregazione trasmessa. Quattro erano i capitoli da osservarsi: che la chiesa e canonica si edificassero nella casa ed orto de’ Fazzi e Verzoni5; che la nuova chiesa fosse grande e capace come l’antica, con sagrestia, cimitero e sepolture; che la canonica fosse comoda e sicura, in modo che il parroco non avesse pretesto d’abitar lungi dalla chiesa; che i Gesuiti non venissero in possesso delle vecchie fabbriche, se prima non avessero adempiuto alle dette condizioni. Nel caso di vertenze, si doveva stare al detto del Vescovo pratese. Ai quali capitoli, di per sè chiari, il destro Cardinale soggiunse: che il primo stava bene; che la chiesa doveva esser lunga, larga e capace come l’antica, con altrettanti altari, con sagrestia, cimitero e sepolture, e senza pregiudizio de’ diritti parrocchiali; che la canonica doveva essere unita alla chiesa, e fornita di tutto il bisognevole; che i Gesuiti erano obbligati a riportare parola per parola nello strumento dell’accordo l’autentico documento del consenso che asserivano d’aver ottenuto dal loro Generale; e che non si sarebbero potuti giovare del decreto della stessa Congregazione, se prima non avessero fatta costruire la nuova fabbrica, e in tutto e per tutto adempiuto alle condizioni. Nel caso di [p. 32 modifica]vertenza, dovevano le parti ricorrere alla Congregazione medesima6.

Stretti i Padri del Collegio da queste obbligazioni molto precise, dissero che per allora non si trovavano in comodo: e il trattato fu sciolto7.

Se agli uomini fosse lecito entrare nelle più riposte intenzioni, si potrebbe pensare che que’ Padri, mettendo il parroco nella impossibilità di costruire la nuova chiesa, dopo fatta a loro la cessione dell’antica, tirassero ad avere eziandio la cura dell’anime; e così, educatori ad un tempo e parrochi, fra gli ecclesiastici non meno che fra i laici esercitare il loro infaticabile zelo.

Ma la notte dal 2 al 3 d’agosto dell’anno 1773, i Gesuiti sloggiavano dal Collegio Cicognini, e preti secolari l’andavano ad abitare. Dov’era la chiesa pubblica i nuovi reggitori costruirono un ampio teatro, in cui gli alunni nel carnevale si esercitassero alla recitazione, e fra l’anno si raccogliessero, col titolo di accademici Ineguali, in letterari trattenimenti. Dal sacro luogo pertanto furono remossi i mortali avanzi dei Padri e dei convittori defunti8, e nella chiesa di San Piero, [p. 33 modifica]a’ 5 giugno del 1776, tumulati con questa epigrafe9, che accennava anche la futura destinazione di quella tomba.

I X Θ Y Σ

IN PVBLICA

PROPIORIS R. COLL. CICON. ECCLESIA

OLIM QVIESCENTIBVS

SED ET IN POSTERVM

AD MORVM STVDIORVMQ. DISCIPLINAM

DANDAM CAPIENDAM

IN EODEM R. DEGENTIBVS COLLEGIO

PETRO TORRACCHI

PRAT. CATHEDR. ECCL. CANONICO

COLLEGII MODERATORE

P.

A. D. MDCCLXXVI.

Note

  1. A pag. 14.
  2. Vedila fra i Documenti, al no IX.
  3. In un libro manoscritto di Memorie, nell’archivio della parrocchia.
  4. I suoi biografi scrissero, che «nel sostenere la giustizia egli ebbe testa di macigno, cuor di diamante, e petto di acciaio.» Passerini, Genealogia e storia della famiglia Panciatichi, pag. 221.
  5. «La casa in cui doveva farsi la nuova chiesa, e che doveva servire per casa canonicale, è quella la quale conduce al Casone delli illustrissimi signori conti Bardi, che di presente si possiede dai signori Verzoni e Fazzi. (E oggi, dal signor canonico Tempesti.) La chiesa si doveva fabbricare in quel pezzo di orto, su cui riesce il pozzo e la scala; e l’uno e l’altra doveva demolirsi, e farsi in altro luogo più comodo, per dare alla chiesa la giusta larghezza e capacità, a tenore del decreto della sacra Congregazione.» Troiani, libro di Memorie citato.
  6. Vedasi fra i Documenti, il n° X.
  7. «Questa moderazione, o, per meglio dire, questa chiara spiegazione fatta dall’eminentissimo signor cardinale Panciatichi fiorentino, prefetto della detta Congregazione del Concilio, messe in apprensione i reverendi Padri Gesuiti; i quali destramente e con bel modo si liberarono dall’impegno contratto con Sua Altezza Reale, e dissero che per al presente non potevano fare una spesa sì grave, ec.» Troiani, nel libro di Memorie citato.
  8. Nell’antica chiesa del Collegio, profanata nel 1776, era tumulato anche il sacerdote Francesco Fazzi con questa epigrafe:


    franc. fatio sacerdoti cvivs patrivm genvs e terrenovæ castro, maternvm ex hac civitate. hvivs viri pietatem et prvdentiam in novissimis intellige. moriens societatem iesv hæredem dixit ex asse. hoc loci collegii fvndamenta aperiri volvit, vbi mentes ivvenvm, manv obstetricante patrvm, ad vtramqve sapientiam formentvr. mortalis esse desit anno mdclviii. xvi kal. febr.

  9. Questa lapide, quasi corrosa, si conserva ora con le altre nella stanza mortuaria.