Notizie della vita e degli scritti di Luigi Pezzoli/XI. Scuole private
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XI. SCUOLE PRIVATE.
Dal doloroso dispetto di tutti e di tutto in cui si viveva, poteva forse, e potè certo alcun tempo, distrarlo una qualche men ingrata occupazione alla quale cominciò a darsi presso a poco in questa stagione. Perchè dall’amministrare le fortune di quella cotal casa patrizia, era stato tolto per educar nelle lettere due carissimi giovanetti, e nominato in pari tempo uno degli uffiziali, che così si chiamano, alla Direzione dei beni e diritti demaniali in queste provincie. Dico che alcuna di queste nuove occupazioni potesse tornargli anche cara, dacchè aveva ad erudire nel bello chi a soavità d’animo e di modi inenarrabile, accoppiava prontezza d’ingegno, e pertinacia di buon volere, oltre quanto all’età e al sesso è conceduto solitamente. I quali conforti, per vero dire, nell’arte d’insegnatore, che da indi continuò a esercitare tutta la vita, mai non gli vennero meno, avendo sempre, secondo diceva egli stesso, per questa parte veduto il sorriso della fortuna nell’indole degli alunni che venivangli confidati. Troppo penoso sarebbe stato, senza questo, l’incarico d’imbizzarrire dal primo sole, com’egli faceva, a notte ben ferma, tra gerondii e participii, rappicciolendosi fino a’ fanciulli per essere inteso. Bene conobbe la prostrazione di ogni alto sentimento, onde simili ufficii debbono essere per lo più accompagnati, Vittorio Alfieri, che nella sua satira, l’Educazione, ne fa sentire essere molto spesso il minore e meno penoso degli obblighi dell’educatore quello della lezione; non altrimenti mostrandosi lo sciagurato alle soglie opulenti, che come valletto o staffiere, a tacere del peggio. Certamente in mezzo a siffatte servilità sarebbe follia il ripromettersi eccellenti lavori d’ingegno, volendo le arti gentili, e la poesia in particolar modo, alte passioni, solitudine, e indipendenza. Fu cantata la divina Commedia tra le ansietà dell’esilio, e la Gerusalemme tra i sospetti di una corte fallace, e trovo frequenti storie di poeti a cui bastarono le carceri, le persecuzioni e la fame per riuscire eccellenti; non so di chi abbia dettato versi immortali tra gli ozii e le umiliazioni delle anticamere. Ma se il Pezzoli non prostituivasi punto in simili cure, attesa la condizione migliorata dei tempi, e il cortese riguardo che gli ebbero in generale i suoi alunni, vi faceva getto per certo di tutto il suo tempo; per cui a comporre i restanti sermoni, e le altre scritture di cui parlerò quindi a poco, gli conveniva affidarne interrotte memorie a dei polizzotti su cui andava scrivendo nella prima casa, e bene spesso nella prima bottega in cui s’imbatteva lungo il cammino.