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che nella sua satira, l’Educazione, ne fa sentire essere molto spesso il minore e meno penoso degli obblighi dell’educatore quello della lezione; non altrimenti mostrandosi lo sciagurato alle soglie opulenti, che come valletto o staffiere, a tacere del peggio. Certamente in mezzo a siffatte servilità sarebbe follia il ripromettersi eccellenti lavori d’ingegno, volendo le arti gentili, e la poesia in particolar modo, alte passioni, solitudine, e indipendenza. Fu cantata la divina Commedia tra le ansietà dell’esilio, e la Gerusalemme tra i sospetti di una corte fallace, e trovo frequenti storie di poeti a cui bastarono le carceri, le persecuzioni e la fame per riuscire eccellenti; non so di chi abbia dettato versi immortali tra gli ozii e le umiliazioni delle anticamere. Ma se il Pezzoli non prostituivasi punto in simili cure, attesa la condizione migliorata dei tempi, e il cortese riguardo che gli ebbero in generale i suoi alunni, vi faceva getto per certo di tutto il suo tempo; per cui a comporre i restanti sermoni, e le altre scritture di cui parlerò quindi a poco, gli conveniva affidarne interrotte memorie a dei polizzotti su cui andava scrivendo nella prima casa, e bene spesso nella prima bottega in cui s’imbatteva lungo il cammino.