Conclusioni

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13.

Riassumendo il senso complesso di queste mie subordinate osservazioni, ne concludo:

1° Che dobbiamo cercare in noi stessi ogni elemento di forza. Non tenere a vile i nemici, nè figurarci lievi i pericoli, per perderci in vanità, e trascurare le discipline rigorose. Un popolo non si redime davvero che colle virtù sue proprie, in difetto delle quali tornano vane ed umilianti anche le più generose cooperazioni. Creare o sviluppare in noi, mercè i forti studi ed i costumi austeri, quella potenza di volontà che fa superare gli ostacoli più gravi nei cimenti supremi. Non insuperbire nella buona fortuna, nè avvilirsi in nessun caso nell’avversa. Avvisare all’unità nazionale [p. 39 modifica]per mezzo delle annessioni, e non rifuggire nella politica unitaria italiana per inconsulte suscettibilità dagli espedienti temporanei, che ragion di stato potessero suggerire; armeggiando però sempre con destra ma leale politica al conseguimento dello intento nostro. Tener per certo ora e sempre che l’Austria non ismetterà mai dal fermo pensiero di riprendere il perduto, sino a che almeno non abbia rivalicate le Alpi per opera di trattati o di spada. Un lontano e non fondato timore d’invasione, indusse testè l’Inghilterra a fare preparativi di difesa che onorano un gran popolo che si rispetta; pensi ognuno quale debba essere il nostro contegno a fronte dei pericoli più gravi e più reali di quelli a cui si credeva e si crede tuttavia minacciata l’Inghilterra.

2° Che, per ragioni d’interessi morali della più alta sfera, per ragioni di politica internazionale, e di futuro equilibrio europeo, per affinità di razza di costumi e di aspirazioni, e per motivi supremi, infine che non ammettono oramai altra alternativa se non quella della gloria o della umiliazione, del primato o dell’avvilimento, dell’emergere o del sommergere, la Francia e la Francia Imperiale specialmente, non può ristarsi dall’intrapreso cammino a nostro favore sino ad opera compiuta. Noi dobbiamo però avere il più grande rispetto per gli interessi e per le suscettibilità di quel gran popolo, certi di essere ricambiati di eguali riguardi per tutto ciò che ha tratto alla dignità nostra, ed ai nostri principii d’indipendenza e unità nazionale, (ora relativa) cose sopra le quali non evvi transazione possibile. Dobbiamo pure in pari tempo atteggiarci in guisa da rendere manifesto non solo alla [p. 40 modifica]Francia ma all’intera Europa, che precipua intenzione nostra ella è quella di porci in misura di far a meno il più presto possibile di ogni generoso aiuto (materiale) straniero, per lo sviluppo della nostra vita nazionale, una volta che siasi conseguita la completa indipendenza dal dominio straniero.

3° Che dall’Inghilterra non evvi prudente e fondata ragione di attendersi nulla più se non che un appoggio morale di cui io sono ben lungi dal contestarne la alta importanza nelle gravi emergenze politiche in cui versiamo. Le nostre libere istituzioni sono argomento notevole di simpatia per l’Inghilterra. Uno Stato forte italiano entra nelle combinazioni di alta politica che si maturano ora da quella Nazione: se a tutto questo aggiungeremo un atteggiamento economico che lusinghi gl’interessi materiali dell’Inghilterra, anche in via di eliminazione, concilievolmente agli interessi nostri — cosa facile col sistema della libertà dei scambi — cementeremo viemmaggiormente le intime relazioni fra i due popoli, chè anche grandi Nazioni hanno di tratto in tratto bisogno di reciproci appoggi, e di morali conforti.

4° Che nulla abbiamo a sperare, nè direttamente a temere dalla Russia, perchè la sua politica orientale ed il Panslavismo non le permettono di veder chiaro nella quistione italiana.

5° Che tutto abbiamo a temere dall’Austria per la secolare sua tenacità di proposito di non cedere mai che alla forza, e di cedere con deliberato animo di riprendere il perduto, quando che sia.

6° Che possiamo ragionevolmente aver fiducia, che le aspirazioni della nazionalità tedesca e l’antagonismo [p. 41 modifica]che ha radice nei costumi e nelle istituzioni fra gli Austriaci ed i Prussiani, i quali fanno causa comune con tutti i liberali tedeschi, facciano piegare decisamente la politica della Prussia in nostro favore, come richiede l’interesse proprio e quello della Germania.

Questo è uno dei pochi casi nei quali la morale cooperazione equivale ad un potentissimo materiale ausilio, e le ragioni ne sono sì patenti che mi dispenso dall’accennarle. L’opinione pubblica tedesca sarà sempre avversa alle velleità che si ridestassero nei Brandeburghesi di seguire la politica russa e tanto meno l’austriaca, a meno che non venisse sollevata dalla Francia fuor di tempo e luogo la spinosa questione dei confini al Reno.

7° Che infine nella politica nazionale gl’Italiani devono studiare e meditare il passato, per rendersi ragione del presente, e cogliere utili ammaestramenti pel futuro. Ma se amano potersi governare nell’oceano della politica europea, con retto criterio e non colle passioni e le simpatie ed antipatie del momento, tengano costantemente di mira l’indole ed i veri interessi delle principali stirpi che popolano l’Europa, ed il principio delle nazionalità che va (in generale) svolgendosi imperturbato per formare base, in un più o meno vicino avvenire del diritto pubblico europeo.

In tal guisa avranno una politica sensata colla guida di norme non fuggevoli, e potranno valutare con sagacia le probabilità dell’avvenire per ciò che ha tratto alle alleanze, ai reciproci interessi economico-sociali, ai diritti internazionali, ed all’equilibrio europeo.