Non più illusioni (Carpi)/1
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L’idea dell’indipendenza nazionale ha preso colossali proporzioni in ogni classe della società; si invoca e si vuole da ogni lato d’Italia, e i monti e le valli ne ripetono l’eco. Non è più il delirio, come fu per tanti secoli di poche menti elette, ma è l’ardente desiderio di tutta una nazione che si ridesta, risoluta a tentare le estreme prove per renderla un fatto compiuto. Pochi i dissenzienti per basso sentire o per ignoranza spregevoli.
I retrivi stessi se ne fanno mendace usbergo, per trarre in inganno e fuorviare gl’incauti e gl’ignoranti che per secolare ignavia non sentono rettamente l’intuito, che non può disdirsi in nessun popolo, di quel grandioso concetto.
Con tali elementi nell’ordine morale non è a maravigliarsi se le strepitose vittorie delle valorose armate franco-sarde produssero una salve quasi universale di Osanna per parte degli Italiani, e se dove più presto il poterono scossero l’odiato dominio delle male signorie: Non è a maravigliarsi se quando, per un complesso d’imperscrutabili fatalità il Sire di Francia, troncò i sanguinosi ludi, là dove appunto si doveva propiziare a Marte, per salire indomiti a piantare i nostri vessilli, ed il tempio dell’Italico termine irto di fortilizi sulle creste delle Alpi carniche e giulie, sembrava che le sorti dell’Italia dovessero offuscarsi, brillò invece di maggior luce la stella d’Italia: Non è a maravigliarsi infine se il senno degli Italiani in tale inaspettato frangente, rese vani e scongiurò i pericoli degli inconsulti patti di Villafranca.
Ahi sventura sventura sventura si gridò a prima giunta col Manzoni, in molte parti d’Italia, all’udirsi dell’infausta novella, ma la temuta sventura valse a togliere più che mai i dissidi ed i dissapori che ancora potessero esservi fra torre e torre dei comuni italiani.
La storia contemporanea narrerà a grandi tratti i pronunciamenti delle varie provincie dell’Italia centrale che si volevano infeudare di bel nuovo a Sovrani protervi, ed inetti mancipii dell’Austria; narrerà l’unità di proponimento foriera dell’unità di azione delle popolazioni italiane sino ad ora state le meno docili e le più riottose pel mal governo che se ne faceva: narrerà le stupende e dolorose proteste con cui la Venezia, l’Umbria e le Marche, mediante imponenti emigrazioni volontarie, che rammentano quelle forzate dei popoli vinti dalla prepotenza di Roma antica, e quelle del pari violenti delle fazioni guelfe e ghibelline dei tempi di mezzo, dichiararono per sempre impossibile la dominazione straniera ed il potere temporale del papato; narrerà sopra tutto come un intero popolo siasi spontaneamente legato con un tesoro di affetti e di speranze ad un Re valoroso, che ad altro non intese sì nell’avversa che nella dubbia e buona fortuna, se non alla redenzione completa dallo straniero della patria comune.