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dell’infausta novella, ma la temuta sventura valse a togliere più che mai i dissidi ed i dissapori che ancora potessero esservi fra torre e torre dei comuni italiani.
La storia contemporanea narrerà a grandi tratti i pronunciamenti delle varie provincie dell’Italia centrale che si volevano infeudare di bel nuovo a Sovrani protervi, ed inetti mancipii dell’Austria; narrerà l’unità di proponimento foriera dell’unità di azione delle popolazioni italiane sino ad ora state le meno docili e le più riottose pel mal governo che se ne faceva: narrerà le stupende e dolorose proteste con cui la Venezia, l’Umbria e le Marche, mediante imponenti emigrazioni volontarie, che rammentano quelle forzate dei popoli vinti dalla prepotenza di Roma antica, e quelle del pari violenti delle fazioni guelfe e ghibelline dei tempi di mezzo, dichiararono per sempre impossibile la dominazione straniera ed il potere temporale del papato; narrerà sopra tutto come un intero popolo siasi spontaneamente legato con un tesoro di affetti e di speranze ad un Re valoroso, che ad altro non intese sì nell’avversa che nella dubbia e buona fortuna, se non alla redenzione completa dallo straniero della patria comune.
Nell’unione sta la forza, e la mistica pace di Villafranca ribadiva nelle menti degli Italiani l’incontestato assioma. Le popolazioni dell’Italia centrale con ammirabile contegno lo tradussero in atto mediante l’unanime e solenne voto di annessione, che emisero i par-