Nel dì che più dolente apparir fuore
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IV
PER LA MEDESIMA.
Nel dì che più dolente apparir fuore
Le ciglia de’ viventi il Sol miraro,
Quando tanto innondaro
I gran diluvj del superno Amore
5Sul fier Calvario, infra la turba Ebrea
Maria lo scempio del Figliuol scorgea.
Scorse languirlo, e dalle membra appese
Del sangue i rivi traboccar correnti;
E le voci dolenti
10Dall’arse labbra ed assetate intese;
E posto a’ duri strazj il vide segno,
E dato in preda all’inimico sdegno.
E pur del petto suo l’aspra agonía,
E pur le pene, e pur le doglie intense,
15E pur l’angoscie immense,
Ond’Ella tormentando a men venía,
Ed onde Ella moria, franca sofferse,
E per lo scampo uman pronta l’offerse.
Dunque d’ingrato obblio tanto cospersi
20Non vegga Ella dal ciel nostri pensieri,
Che de’ suoi pregi alteri
Un momento per noi sappia tacersi;
Ma con alma devota in varj modi
Cantiam sue glorie, e rinnoviam sue lodi.
25Ed io ben so, che a non provarsi invano
Converria l’arco di marmorea pietra,
E di selce la cetra,
D’acciar le corde, e di metal la mano:
Ma so non men, che per le prove estreme
30Colpa di vero amor biasmo non teme.
Quindi dirò, che memorabil fonte
Al nome femminil di gloria asperge,
Sicchè le macchie terge,
Onde elle già tenean grave la fronte;
35E che all’iniqua serpe ad Eva infesta
Franse e calcò l’abbominevol testa:
Che fine impose al nostro orribil bando;
Che a’ nostri gran dolor porge conforto;
De’ naufraganti porto,
40E scorta di color che vanno errando;
E giogo e frea dell’infernal possanza,
E fermo segno alla mortal speranza.
Ella d’aita i lassi cor provvede,
Di lei proprio è costume esser clemente;
45A lei corre il dolente;
Per lei discende al peccator mercede.
Or per le nostre lingue in varj modi
Sempre quaggiù si benedica e lodi.