Naja Tripudians/XIV
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XIV.
«Signorina Myosotis,
«Arrivando non vi toglierete niente in anticamera. Vi sarà indicata la vostra camera da letto ed ivi farete la vostra toilette con tutta calma.
(Memento: In società non bisogna mai aver fretta).
«A pranzo porterete sempre il decolleté. Vostra sorella, se non ha che quindici anni, vestirà di bianco, accollato.
«Le signore sono sempre le prime a salutare un uomo; ciò che permette loro di non salutarlo se non ne hanno voglia.
«Il cappello non lo metterete al lunch, quando siete in casa, a meno che portiate la parrucca; ciò che dal tenore della vostra lettera non appare probabile.
La zia Marianna».
«P. S. — Se avete gli occhi celesti, come arguisco dal vostro nome, portate di preferenza il bleu Nattier, o ancora meglio il bleu Saxe».
⁂
Myosotis rispose a volta di corriere per ringraziare la gentile consigliera; e soggiunse:
«Ho potuto sapere che cos’è il bleu Saxe. È precisamente il colore degli occhi di Leslie. Forse anche dei miei....».
Indi, come casualmente, introdusse nella lettera qualche altra interrogazione.
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La zia Marianna attese cinque giorni e poi rispose a tutte le domande.
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E Myosotis le riscrisse:
«Poichè siete tanto buona, potreste forse suggerirmi anche qualche argomento di conversazione? So che in società si parla di teatri, di libri e della gente che si conosce; ma noi non conosciamo nessuno, non siamo mai state a teatro e non abbiamo letto che tre libri: «Jane Eyre»; le poesie di Mrs Hemans, e «Le Vipere dell’India e il loro Veleno».
«Miss Jones, la nostra maestra, dice che nessuno di questi argomenti è adatto alla conversazione mondana, e temo che in società ci troveranno molto sciocche e noiose. Pazienza Leslie, che è tanto bella che basta guardarla per essere felici! E poi non ha che quindici anni.... Ma io, che ne ho quasi diciannove!...
«Siamo tutt’e due così timide e silenziose che Miss Jones ci chiama «zucche villereccie»; d’altra parte una volta che per ubbidire a lei, a un thè dal Pastore, abbiamo voluto fare un poco le vivaci, papà ci ha detto che parevamo delle farfalle di legno.
«Secondo voi, zia Marianna, è meglio essere zucche villereccie o farfalle di legno?».
⁂
La zia Marianna rispose:
«Le persone che vi invitano avranno qualche ragione per invitarvi o non vi inviterebbero. Forse la vostra ignoranza è piacevole. O forse siete bella quanto Leslie? Potete dirlo alla vostra
vecchia zia Marianna».
«(Per la carnagione usate cipria Rachel e crema Freya)».
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«O cara zia Marianna! Dunque siete «vecchia»?... Non lo credevo.
«È strano, sapendovi vecchia, mi pare di amarvi di più. Ed ho anche più fiducia in ciò che mi dite. Se sapeste quanto mi piace scrivervi e ricevere le vostre lettere! Non abbiamo nessuno che ci scriva; e la sera, quando mio padre sonnecchia sulle sue riviste di medicina tropicale, e Leslie china la testa, bionda come il miele, sul suo lavoro, io vi scrivo e sono felice.
«Bella io? come Leslie? Ma nessuno al mondo è bello come Leslie. Talvolta a guardarla la trovo così bella, così bella, che a me viene da piangere senza sapere perchè.
«E poi, è così soave!... E ancora così bambina che, la sera, non si addormenta se io non le seggo vicino e le tengo la mano. E vuole sapere che anche papà è nella stanza vicina.
«Capirete, è venuta al mondo quando la mamma è morta; e noi le diamo tutti i vizi....
«Ma se comincio a parlarvi di lei, non smetto più.
«La cipria Rachel non la posso adoperare; ho la pelle tanto chiara che quella polveretta gialla non mi sta affatto bene. L’altro giorno quando l’ho provata, tutti hanno riso: e abbiamo finito col metterla a papà e alla nostra vecchia cuoca Jessie.
«Quanto alla crema Freya, per disgrazia l’ha trovata il nostro cane, Soda. E l’ha mangiata. (Se ne è anche pentito.... in salotto.... mezz’ora dopo)....
Vostra Myosotis».
«P. S. — Oh Dio! In tutte queste lettere ho sempre dimenticato di accludere i francobolli.
«E voi mi avete scritto lo stesso! Quanto siete buona!...
«Sarei molto felice di avere una vostra fotografia».
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«Grazie, grazie! Che cara fotografia! Siete proprio come io vi pensavo. Che bei capelli bianchi, che bella fronte aperta, e che cari dolci occhi!... Vi guardo, e vi amo molto.
«Mi pare strano, guardandovi, che voi vi occupiate dei vestiti e delle maniere di gente che non conoscete, e di creme e di cosmetici. Mi sembrate lontana e al disopra di tutte quelle cose un po’ vane.
«Se un giorno papà dovrà andare a Leeds andrò con lui e vi verrò a trovare. Me lo permettete, zia Marianna? Entrerò nel vostro piccolo ufficio che mi descrivete così buio e triste colla finestra che guarda sulla muraglia alta e nera, e col rumore costante della rotativa che vi assorda e stordisce....
«Metterò, per venirvi a trovare, tutto ciò che mi avete consigliato voi: la veste grigio-argento, e la sciarpa «bleu Nattier».
«E con voi non sarò nè «zucca villereccia» nè «farfalla di legno»; ma così quale sono — la vostra Myosotis, che senza conoscervi vi ama.
«Se permettete vi mando un bacio».
⁂
«Grazie, zia Marianna, del bacio che mi rendete.
«Capisco perfettamente ciò che voi mi dite riguardo alla necessità di guadagnarvi la vita; e non è un male che lo facciate dando i migliori consigli che potete, e aiutando tante povere piccole anime frivole che vi chiedono consiglio.
«A me certo avete fatto un gran bene. Mi pare di potervi dire e chiedere tutto. E la visita a Londra, che mi faceva tanta paura, adesso me ne fa assai meno.
«Vorrei seguire in tutto i vostri consigli, ma non posso pettinarmi come dite voi, a sbuffi e a polpette; ho i capelli troppo lunghi. Faccio due grosse treccie, e quando esco o quando viene qualcuno me li avvolgo intorno alla testa. No; non me li arriccio col ferro; si arricciano da sè. Quando li sciolgo, mi ondeggiano tutt’intorno come incandescenti, perchè sono quasi rossi. Non come quelli di Leslie che hanno un colore.... un colore che non vi so descrivere!... come raggi di sole e di luna misti insieme. È bionda, Leslie, come il sole quando filtra traverso un bosco d’abeti; è bionda come le primule, bionda d’un biondo tenue che manda chiarore....
«Per oggi vi lascio. Papà mi chiama per aiutarlo nel suo laboratorio. Mi fanno tanta tristezza i suoi poveri porcellini d’India!... Ma se salveranno la vita a quei poveri indigeni laggiù, nei terribili tropici, non bisogna rammaricarsene. Papà dice che è forse una di queste bestiole che porterà la luce e salverà migliaia di vite umane.
«Se penso a ciò, quasi quasi avrei il coraggio anch’io di farmi inchiodare su quel terribile asse dove ho veduto spasimare tante piccole creature....».
⁂
«Cara zia Marianna,
«Leslie ha un po’ di febbre; e noi siamo inquieti e angosciati.
«Ho passato tutta la giornata seduta accanto al suo letto nella penombra della camera silenziosa, guardando quella testolina bionda sul guanciale; finchè papà mi ha ordinato di andar fuori un poco.
«Per obbedirgli sono uscita nel pallido sole autunnale.
«Come è triste il mondo quando si esce dalla camera d’un malato! Come tutto sembra inutile e desolato e desolante!
«L’aria era dolce e tiepida quasi fosse di Aprile.... ma io provavo un senso di spavento e di solitudine, come se il buon Dio fosse lontano, e il cielo vuoto.
«Come mai, come mai quando tutti quelli che amiamo stanno bene, non siamo più felici? molto più felici?...»
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«Non posso scrivervi oggi.
«Oh, zia Marianna, pregate per noi!»
⁂
«No; non sta meglio ancora. Ha la febbre sempre alta.
«Papà sembra pazzo; è invecchiato di dieci anni. Pregate, pregate, zia Marianna!... Andate in una chiesa in cui non siete mai stata (vi sarà pure a Leeds una chiesa che non conoscete?) ed entrando, pregate subito per Leslie.
«Dicono che la prima preghiera che si fa in una chiesa in cui si entra per la prima volta, è sempre esaudita.
«Vi bacio le mani, le mani congiunte nella preghiera per la piccola Leslie....»⁂
«Grazie! grazie! grazie!... Leslie sta meglio.
«Chissà, chissà che non siate stata voi, zia Marianna, che colle vostre preghiere avete salvato la vita a Leslie?... E anche a papà — perchè se le accadeva qualche cosa, egli certo moriva! E anche a me, poichè senza di loro due io non vorrei nè potrei esistere.
«Sapete che cos’è Leslie per noi? È tutta la nostra vita. Noi tre esistiamo — papà, Jessie ed io — per la piccola Leslie soltanto. Quando parliamo di lei non diciamo neppure il suo nome. Diciamo: «Dov’è?... Cosa fa?...» È sottinteso che si parla sempre di lei.
«Ella cresce e fiorisce così pura, così radiosa e traslucente, così lattea e luminosa, da parer quasi evanescente.... E noi pensiamo: Non è possibile che sia nostra, proprio nostra, una creatura così eterea, così vaporosa!... E non si osa mai dirle il bene che le si vuole. Non so perchè.... come per una specie di timidezza.
«D’altronde, come dirglielo? Come andare da lei a dirle: — Leslie! Io ti amo tanto che vorrei morire per te? — Che impressione le farebbe? Rimarrebbe spaurita, sbigottita.... non comprenderebbe....
«Già, queste cose non si dicono mai alla gente colla quale si vive. Una specie di pudore vi trattiene, vi disperde sulle labbra le parole troppo dolci, le espressioni troppo appassionate.... E così si vive insieme, e l’uno non sa che cosa l’altro abbia nel cuore.
«La piccola Leslie non saprà mai che noi tre — noi tre così diversi: il papà, la vecchia Jessie ed io — l’abbiamo amata con questo indicibile, questo struggente e doloroso amore.
«Io penso che un giorno, quando saremo più vecchie, troverò il coraggio di dirglielo; ma so che mai, mai, troverò le parole che glielo potranno esprimere, che le potranno far comprendere quest’atmosfera di tremante, trepida adorazione che ha circondato la sua puerizia.
«.... Zia Marianna, essa è qui, accanto a me, mentre vi scrivo queste cose. È sdraiata nella poltroncina a dondolo, cogli occhi chiusi; è ancora debole dalla recente malattia; sulle sue guancie pallide come un petalo d’eglantina le sue ciglie lunghe e bionde mettono una lieve ombra semilunare, e una delle sue mani — così piccoletta e infantile! — pende dal bracciolo, a pochi centimetri da me.
«Che voglia ho io di chinare la faccia e di baciargliela, quella piccola mano inerte! Potrei farlo; ne ho il diritto; è la mia sorellina.... che ci sarebbe di strano? Ma non oso; no; sono timida davanti a quel visetto soave, a quei chiusi occhi.... E il bacio ch’è già suo, non glielo dò.
«Dove vanno, zia Marianna, i baci non dati? I baci creati nel pensiero, fioriti sulle labbra e non giunti al loro destino?...
«Dove vanno, zia Marianna, i baci non dati?»
⁂
«Ma come? Voi partite? Quanto me ne addoloro.
«E credete che in quella fredda e nordica Edimburgo starete meglio di qui? La Scozia è lontana; e ci piove ancora più spesso che a Leeds.
«E alla vostra età un viaggio così lungo non vi fa paura? Chi vi accompagna? Chi ha cura di voi? E il vostro giornale come farà senza la vostra rubrica così interessante?
«Io mi sentirò sola e sperduta, sapendovi lontana. Mi era dolce sapervi a Leeds, non tanto lontana da noi; pensarvi, coi vostri bei capelli bianchi divisi sulla fronte calma, seduta nel vostro piccolo ufficio nero e malinconico, a scrivere di profumi, di fronzoli e di frivolezze che, in fondo, io credo siano lontane da voi e dal vostro pensiero....
«È strano che abbiate permesso a me, piccola sconosciuta, di diventare la vostra amica.
«Zia Marianna, cara zia Marianna, mi addolora la vostra partenza.»