Monete del Piemonte inedite o rare - supplemento/Savoia - Ramo di Vaud
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Ramo di VAUD.
Poche erano le monete di questo ramo dei principi di Savoia discendenti dal conte Tommaso, che io aveva pubblicate1, quando alcune nuove vennero inserte nella Rivista numismatica francese e nel tomo XIII delle Memorie della Società d’istoria della Svizzera Romanda; ed appunto nel volume XV pel 1850 dell’anzidetta Rivista il compianto mio amico signor Soret illustrava un inedito grosso come di Ludovico II di questi signori, e senza dubbio dovette appartenergli, essendo un’imitazione del grosso alla corona di Filippo di Valois salito sul trono di Francia nel 1327, quando Ludovico era già succeduto al padre nel 1302.
Contemporaneamente dal chiarissimo signor De Barthelemi essendo stata ceduta alla collezione di S. M. una pressoché uguale moneta, solamente variante nella leggenda, di essa do l’impronto, rettificando con quest’occasione quanto nel tempo manifestai circa l’interpretazione di una parte delle leggende.
Questo grosso, presso che simile nella legge a quello del Soret (T. III, N° 26), ha da una parte una croce con quattro anelletti alle estremità delle sue braccia, e che divide in quattro parli le parole LVD-DSA-BAV-DIA, ed attorno il tutto BNEDICTV . SIT . NOME . DNI . NRI . DEI .; e dall’altra in un circolo formato di gigli la figura d’un tempio solita nelle monete tornesi, ma sormontata da corona aperta e gigliata con attorno PETRCORṼ. M.
Avendo in seguito acquistato un altro grosso pure della stessa specie ed inserto nella Rivista numismatica del 1860 p. 150, (T. III, N° 27), il quale da un lato ha la croce e le leggende stesse del precedente, e dall’altro varia solamente nelle parole che sono in giro al tempio, leggendovisi M . CANIONIS, che dal conoscere come questo signore avesse aperto zecca a Nion sul lago di Ginevra, per il qual fatto aveva avuti dissapori con quel vescovo, il quale pretendeva nessuno poter batter monete nella sua diocesi, onde si venne nel 13082 ad un accomodamento pel quale Ludovico s’obbligava a mettervi tipi diversi dai suoi, mi convinsi non potersi in altro modo spiegare che Moneta CAstri NIONIS, epperciò riconobbi che nel primo degli altri due pezzi devesi leggere PETri Castri MONETa, e nel secondo PETRi CastrORVm Moneta, messovi quell’ORV . M . al plurale per meglio contraffare il grosso francese, sul quale è scritto FRANCORVM. Che poi i signori di Vaud abbiano potuto usare di questo diritto in Pierre-Châtel, lo provò il Mallet3 pubblicando una convenzione del 1286 di Ludovico I col conte Amedeo V, per la quale questi dichiarava spettar al signore di Vaud quel castello.
Dopo questi due grossi alla corona credo di dover dare l’impronto di un altro di quelli detti in Francia al fior del giglio per spiccare questo nel centro del pezzo, e contraffatto ad uno di Filippo di Valois4, e che quantunque già altrove pubblicato5, essendo per la poca sua conservazione stato mal letto c spiegato, credo utile venghi nuovamente descritte.
Questo pezzo (T. III, N° 28) ha da un lato accantonata da un giglio una croce fra due giri di leggende, delle quali l’esteriore dice LVDOVIC . D. SABAVDIA . DNS . VAVDI . e non VAVDE come fu Ietto, e nell’interno PHILI. S. DI. LEX, presa già per PHILIPVS, REX., ma che pare contraffacendo il francese siasi voluto metter secondo la legge, cioè alla legge dei grossi di re Filippo. Nel centro del rovescio evvi un grande giglio con attorno PETRC’ORV. M il tutto chiuso in una cornice formata di gigli. In questa leggenda si è dove il disegnatore e l’illustratore errarono mettendovi invece FRANCORVM., quando chiaramente tali lettere dicono come nel N° 26 PETRi CastrORVm. Moneta.
L’ultima moneta di Ludovico che rimane a descrivere è ugualmente una falsificazione di altra francese, cioè del doppio tornese di Filippo il Bello re di Francia, e simile a quello del conte Aimone col N“4 - Nel campo del diritto (T. III, N° 29) ha sovrapposti due gigli accostati il superiore da L-V, ma l’inferiore da due lettere inintelligibili per esser alquanto corroso il pezzo, ed attorno LVD.... VS DE SA. Nel rovescio attorno ad una croce colle tre aste superiori gigliate e l’inferiore che tocca l’orlo è quasi totalmente mancante la leggenda, ed appena discernesi DOM, forse Dominus Vaudi Tutoris, per indicare che era tutore di Amedeo VI, come su altra sua moneta leggesi6.
Note
- ↑ Idem. Tom. II. Tav. Vaud.
- ↑ Spon. Histoire de Genéve. Tomo II, pag 86.
- ↑ Mémoires et documents publiés par la Société d’histoire et d’archéologie de Genéve. T. VIII, p. 254.
- ↑ Le Blanc. Pag. 208, tav. N° 1.
- ↑ Revue numismatique 1842. Psg. 141 e Tav. XXIV, N° 4.
- ↑ Monete dei Reali di Savoia. T. II. Vaud. N° I.