Memorie sulla dimora del sig. Cagliostro in Roveredo/XIII

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XII XIV
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XIII.


Eravi poi un certo uomo tra i primati, spirante livore contro Cagliostro, il quale in ogni gruppo di strade, e in piazza lo malediceva; e desso tentò il giovane, che scriveva queste [p. 32 modifica]cose, dicendo: cosa ti sembra di Cagliostro? Rispose il giovane: non conviene a me giudicare di un uomo, di cui vi sono stati tanti giudici, quanti uomini, e due non ve sono dell’istessa opinione. Disse egli: e tu ancora vacilli, o tardo d’ingegno? Gli stolti, e i ciechi credono, che questo faccia del bene al suo prossimo; io poi dissi, e dico, che fa male ad ognuno dalla nascita alla morte. Imperocchè, per i discorsi di lui, da ogni paese del mondo vengono molti con grandi spese e grande disagio viaggiando, per ricevere la salute da lui, e delusi ritornano alle loro case, in peggior stato doppiamente di prima. Egli mangiando e bevendo li deride in cuor suo, ed è contento di essere in qualsivoglia maniera nominato dagli uomini. Avendo egli dette queste cose salutò il giovane, e partì. E quel giovane venne in un luogo, ove eravi uno Speziale dotto e prudente e pieno d’equità, e da lui ricercò cosa dicesse di quest’uomo. Il quale senza collera e senza villania di parole narrò come avealo tentato cautamente nella sua arte; e come egli, quasi un pesce, si sottraesse al pescatore, e fuggisse l’amo. E di nuovo diceva, che potendo guadagnar gran denaro preparando i [p. 33 modifica]medicamenti, che da lui si prescrivevano, non volli, e rimandai quelli, che li cercavano, spinto da carità verso di loro. Avea poi compassione d’alcuni, che lodavanlo come un Botanico, e Chimico molto valente. Imperocchè così altri pure pensavano, i quali anche confutavano con forza ciò, che si diceva nel volgo intorno ai misteri dei Confratelli Muratori celebrati da lui in quella notte assieme con i suoi seguaci. Imperocchè dicevano: questi a loro fa conoscere certe cose più astruse di Fisica e Chimica, e il popolo crede, che siano iniziati da lui nelle cerimonie della libertà. Egli è un buon uomo, ed istrutto certamente in ogni scienza degli Asiatici, e degli Europei, poichè odia i ciarlatani. E molti si ridevano di questo parlare, ripetendo il vecchio proverbio: Figulus Figulum. Non è forse vero, che in principio voleva scommettere con grandi pegni, che i deboli, i zoppi, e quelli, che avevano rotte l’ossa, a un prefisso giorno, s’alzerebbero, e camminerebbero senza fallo? E chi fu mai quel ciarlatano così imprudente? certamente è il padre di tutti. E mentre si passavano questi discorsi, stava egli in casa, e Battista fratello di Nicola e Luigi personaggio nobile della città [p. 34 modifica]di Vicenza eran con lui, e per essere essi saggi si dilettavano unicamente del suo ingegno. Imperocchè molte cose pomposamente ostentava, a se stesso rendendo testimonio; e un giorno cominciò a dire: in Pietroburgo uno dei ministri della Regina delle Russie avea il fratello pazzo, il quale si credeva superiore all’Altissimo, e nessuno poteva resistere al furore della sua pazzia; e stava gridando ad alta voce e minacciando il mondo, e bestemmiando il nome dell’Altissimo. Era poi diligentemente custodito. E quel ministro molto pregommi, perchè il volessi io curare, Essendo dunque da lui entrato, tosto s’inviperì, e torvo guatando, e contorcendo le braccia, (poichè era cinto di catene) sembrava volesse contro di me scagliarsi. Gridava poi fortemente: sia gettato nel più profondo degli abissi colui, che così ardisce di venire alla presenza del grande Iddio, che vinse tutti gli Dei, e li disperse dal suo cospetto. Ma io confortando me stesso rimasi confidentemente, e dissi a lui: non taci spirito bugiardo? forse non mi conosci, che io sono un Dio sopra tutti i Dei, che son chiamato Marte: ed ecco il mio fortissimo braccio steso dal più alto del Cielo fino agli abissi della terra. Ora io era venuto da [p. 35 modifica]te per soccorrerti, e farti del bene, e così tu mi ricevi, nè consideri, che ho la facoltà di ristabilirti, e di ridurti al nulla? E incontinenti gli diedi un forte schiaffo, e cadde all’indietro sul suolo. Il quale essendo stato rilevato dai custodi, e cominciando ad acquietarsi, comandava loro di portare il pranzo, ed io solo sedetti vietandogli di mangiar meco. E quando conobbi, che si era umiliato, dissi a lui: la tua salute sta nell’umiltà, o uomo privo di ogni potenza avanti a me: accostati e mangia. E dopo che ebbe parcamente mangiato montammo ambedue in un cocchio, ed andammo fuori della porta della Città al fiume Neva, ove i custodi avevano preparata una barca, e diposti sedevano lungo il fiume. Ed entrati, che fummo nella barca, andavamo a forza di remi. Allora cercando di gettarlo nel fiume, acciocchè lo spavento gli tornasse in bene, (imperocchè erano già pronti quelli, che dovevano ritrarlo dall’onde) all’improvviso il presi, ed egli pure strettissimo mi tenne, e si abbracciò al mio collo, e cademmo ambedue nell’acqua. Ma egli si sforzava di cacciarmi al di sotto, io poi essendo di sopra l’opprimeva; e dopo non picciola lotta io per verità sciolto [p. 36 modifica]uscii fuori dall’acqua; egli poi fu da’ custodi raccolto, e posto in una sedia a due ruote. E ritornati, che fummo a casa, mutati gli abiti, egli mi disse: in verità conobbi, che tu sei Marte, e non evvi altra forza superiore alla tua, ed io sarò in tutto a te soggetto. Risposi io, e gli dissi: nè tu sei emulo dell’eterno Iddio, nè io sono Marte, ma uomo sono come tu. Hai lo spirito maligno di superbia, e perciò impazzisci: io poi venni a sottrariti dallo spirito perverso, e se a me in tutto sarai soggetto, diverrai come tutti gli altri uomini. E d’allora in poi cominciò a voler essere curato, e colui, che si perdeva in vani delirj, ritornò in se stesso.