Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XLII - Convento dei Cappuccini

Capo XLII - Convento dei Cappuccini

../Capo XLI - Convento di S. Agostino. ../Capo XLIII - Monastero della Visitazione. IncludiIntestazione 1 aprile 2013 100% Storia

Capo XLI - Convento di S. Agostino. Capo XLIII - Monastero della Visitazione.
[p. 227 modifica]

CAPO XLII.


Convento dei Cappuccini



Dopo aver parlato di conventi di cui più non esistono che rovine e reminiscenze, e che erano pure un gran lustro per la città di Ceva, passiamo a parlar dell’unico ancor vivente, ma di vita precaria, perchè colpito dalla legge di soppressione testè emanata.

Egli è questo il convento dei cappuccini situato sulla sponda destra di Cevetta fuori delle mura e vicino al borgo detto di S. Croce, per un’antica chiesa che ivi si trovava sotto questo titolo.

Questo convento deve la sua fondazione alla generosità della nobil dama Eleonora della Rovere vedova di Alfonso Spinola marchese di Garessio e Farigliano, la quale con istromento 4 settembre 1577, fece acquisto di ducento cinquanta tavole di terra, e ne fece dono ai Padri cappuccini che vi fabbricarono la loro chiesa e l’annessovi convento.

Mercè l’opera e la generosità dei fedeli, col concorso dell’amministrazione comunale si portarono a compimento questi sacri edifizi l’anno 1582. Il che si ricava dalla visita pastorale di Monsignor Peruzzi, il quale visitò questa chiesa li 6 marzo 1582 che trovò provvista di tutto il necessario, e che era stata costrutta circa tre anni prima. «Ecclesia ipsa a triennio citra vel circa constructa fuit pia largitione fidelium, et præsertim magnificæ comunitatis, et ecclesia bene se habet in omnibus

[p. 228 modifica]Erasi poi esteso il recinto della clausura dalla porta d’Oriente pel dono fatto al convento d’una casa ed un sito attiguo da don Vitichindo di Savoia, il quale aveane fatto acquisto da Giovanni Camino con istromento 15 ottobre 1643, per mezzo del suo procuratore Carlo Derossi.

La stessa dama Eleonora della Rovere fece dono a questa chiesa d’un quadro molto apprezzato dagl’intelligenti. Rappresenta la deposizione di Gesù dalla croce, e dalla disposizione ben intesa delle persone, dall’espressione della loro fisonomia, dalla naturalezza delle pieghe e dal colorito, si può affermare che ne fu autore qualche celebre artista, e porta tutti i caratteri d’originalità.

Varie sono le opinioni sull’autore di questo quadro, chi dice essere di Gaudenzio Ferrari, e chi di qualche classico pittor Genovese, vi è anche chi lo crede del Molineri di Savigliano, comunque però gode tale riputazione, che nel tempo del governo francese si dice che fosse designato per essere trasportato a Parigi nella galleria del Louvre, e che ciò non ebbe luogo per l’anacronismo dei due frati che si vedono presenti alla deposizione. Dodici sono le figure che s’ammirano in questo dipinto tutte in dignitosi atteggiamenti ed esprimenti al vivo la desolazione che loro cagiona la vista dell’esangue e martoriato Gesù. Sopra questo gruppo si vede la croce con due scale, e che vi si appoggiano ai due lati due piccole figure appiè della medesima, e due angeli per l’aria che portano emblemi della passione. Questo però sembra un’aggiunta fatta al quadro per riempiere il medaglione dell’altar maggiore, ed opera d’altro pennello. Questo quadro è accompagnato dal detto medaglione in legno di noce nera, ammirabile anch’esso pel disegno, e per l’esecuzione, opera come si dice, di due scultori cappuccini.

La prima fabbrica della chiesa dopo un secolo di esistenza si vide minacciar rovina, e fu forza il dar mano a fabbricarne una nuova, il che avvenne l’anno 1709.

Si fece una fornace nel recinto della clausura, attorno [p. 229 modifica]a cui s’occuparono indefessamente i laici del convento non meno che gli stessi Padri.

Il popolo di Mombarcaro provvedette tutti i legnami necessari all’uopo trasportandoli sino alla Pedagera. Nel 1712 si portò la chiesa a coperto, e si dipinse la facciata.

Nello stesso anno il signor conte Cotta di Lucerame regalò a questa chiesa dieci grandi quadri, otto dei quali rappresentano la passione di G. C., e due servono d’ancona alle due cappelle laterali, rappresentanti l’uno la Concezione di Maria Vergine con S. Giuseppe e S. Antonio di Padova, l’altro S. Felice cappuccino. I medaglioni in noce che accompagnano queste ancone, furono fatti lavorare nel 1724 dal guardiano padre Giuseppe da Marsaglia.

Non avea questo convento alcun mezzo per irrigar i suoi giardini ed il prato che trovasi nella clausura. S’accinsero i Padri all’ardua impresa d’innalzar un acquedotto che dalla ripa detta dell’Ostero alla sinistra di Cevetta, venisse a portar l’acqua nel convento pel tratto di venti e più trabucchi. Vi si diede principio li 22 luglio, e si terminò li 30 successivo agosto 1724.

I cittadini Cevesi, Bombelli, Roggero e Bellone, cedettero gratis il passaggio e la proprietà della quantità d’acqua necessaria per quest’irrigazione proveniente dal torrente Recurezzo.

Nel 1744, per una forte escrescenza di Cevetta rovinò un pilastro di quest’acquedotto con due arcate del medesimo. Quest’innondazione strascinò seco il ponte di S. Giovanni, alcune case del borgo della Luna, non poco bestiame, e dodici persone.

Nel 1746, si riedificò il pilastro rovinato, ma assai più massiccio del primo, e l’arco che sovrasta a Cevetta fu allargato in modo d’aver sei trabucchi ed un piede di luce.

Queste spese troppo gravi per una casa di religiosi mendicanti, si fece mercè grandi economie per parte dei frati, e limosine di persone pie. [p. 230 modifica]Dopo la soppressione dei corpi regolari per parte del governo francese nel 1802, fu convertito questo convento in orfanotrofio per le figlie, che vi abitarono sino nel 1816, epoca in cui la religione dei cittadini Cevesi cercò di riaprire questo sacro asilo ai figli di S. Francesco il Serafico, ed a bene spirituale di Ceva e dei circostanti paesi.

La civica amministrazione presieduta dal sindaco signor Giacomo Sito, prese i necessarii concerti coll’autorità civile ed ecclesiastica, e si fissò il dì 18 agosto 1816 per la solenne riapertura di questo convento.

L’intiero Capitolo della Collegiata, il signor comandante di piazza cav. Ceva di S. Michele, il signor giudice Bertolini, e i principali cittadini di Ceva assistettero alla nuova vestizione che si fece con gran solennità e gran concorso di popolo in questa chiesa di diversi antichi sacerdoti e laici cappuccini, alla testa dei quali figuravano i padri Carazzi e Demichelis Monregalesi. Tutte le succitate autorità, sì ecclesiastiche, che civili e militari, coi più illustri cittadini, s’assisero alla mensa dei nuovi cappuccini convenientemente imbandita, e tutti i commensali lasciarono sulla tavola la salvietta e la posata che erasi ciascheduno portata per far dono al convento.

Questa religiosa famiglia fece sempre del gran bene, e tenne mai sempre una condotta edificante ed esemplare, è d’un gran sollievo ai parroci circonvicini, di cui questi frati fanno soventi le veci; la loro chiesa è molto frequentata massime per le confessioni. Nelle due invasioni del colera-morbus del 1835 e del 1855 si assunsero la direzione del lazzaretto e gareggiarono di zelo e di coraggio nell’assistere i poveri colerosi.

Ad onta di tanto bene dovrà cessare per Ceva questa benemerita corporazione, e come si mostrano i resti d’altre case religiose, s’indicheranno fra non molto quei di questo convento, dicendo, qui una volta fioriva una sacra serafica famiglia, ed or più non è. E Dio voglia che fra questo [p. 231 modifica]sacro recinto dove ora si cantano e di giorno e di notte le lodi del Signore, non s’abbiano una volta a sentire bestemmie orrende ed oscene canzoni e scandalose1.

Note

  1. In questa chiesa dei cappuccini furono sepolti i seguenti illustri personaggi:
    Li 13 aprile 1729, il canonico Raimondi già vicario Generale d’Alba.
    Li 8 ottobre 1774, D. Michele Marazzani arciprete della Collegiata.
    Li 21 aprile 1779, il cav. Derossi fondator dell’Orfanatrofio di Ceva, e fratello del vescovo d’Alessandria.
    Un marchese Incisa di Camerana, un marchese Pallavicini ecc.