Memorie autobiografiche/Primo Periodo/XXIX

Primo Periodo - XXIX. Montevideo

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Capitolo XXIX.

Montevideo.


Eccomi dunque truppiere, cioè conduttore di bovi. In una estancia chiamata Corral de Pedras, coll’autorizzazione del ministro delle finanze, mi riuscì di riunire in una ventina di giorni circa novecento animali con indicibile fatica, che con maggior fatica ancora dovevo condurre a Montevideo, ove però non giunsi colla truppa di bovi, ma bensì con circa trecento cuoia degli stessi. Ostacoli insuperabili mi si presentarono nella via, e più di tutti il traboccante Rio Negro, ove mancai di perdere il mio capitale quasi intiero. Il fiume, la mia imperizia in quella sorta di mestiere, e la furfanteria di certi mercenari, che avevo assoldati per la conduzione del bestiame, fecero sì che appena potei far passare il Rio Negro a circa cinquecento animali, che per la lunga strada, il poco cibo e gli strapazzi nei passaggi dei fiumi furono giudicati incapaci di giungere a Montevideo. Fu deciso in conseguenza di cuerear (ammazzare per toglier le cuoia e lasciare la carne ai corvi), e così si fece non essendovi altro modo per poter salvare qualche cosa.

[p. 96 modifica]Si osservi che quando qualcheduno di quei poveri animali si stancava, io ero obbligato di venderlo, e per grazia ne ricavavo uno scudo. Infine, dopo di aver passato indescrivibili incomodi, freddi e dispiaceri, per lo spazio di una cinquantina di giorni, giunsi a Montevideo con poche cuoia risultanti dai miei novecento bovi, dalle quali ritrassi poche centinaia di scudi, che appena servironmi per scarsamente vestire la famiglia e due miei compagni.

Riparai in Montevideo in casa dell’amico mio Napoleone Castellini, alle cui gentilezze e della moglie io devo molti riguardi; e passai qualche tempo nella di lui casa.

Avevo famiglia, i mezzi esausti: era quindi necessario procacciar l’esistenza di tre individui in un modo indipendente. Il pane altrui mi è sempre sembrato amaro, e pur troppo nella mia vita piena di peripezie sovente ho avuto bisogno d’un amico, e per mia fortuna non mi è mai mancato.

Io assunsi frattanto due occupazioni, di poco prodotto veramente, ma che servirono all’alimento, e furono quella di sensale mercantile, ed alcune lezioni di matematiche date nell’Istituto dello stimabile istitutore signor Paolo Semidei.1 Tal genere di vita durò sino al mio impiego nella squadra orientale (cioè di Montevideo).

La questione riograndense incamminavasi verso un accomodamento, ed Anzani, che io avevo lasciato al comando delle poche forze da me comandate in quella Repubblica, ritiravasi, e mi scriveva che nulla più v’era da fare in quel paese.

La Repubblica di Montevideo mi offrì ben presto occupazioni. Mi fu offerto, e lo accettai, il comando della corvetta da guerra Costituzione di diciotto pezzi. La squadra orientale era comandata dal colonnello Cohe, [p. 97 modifica]americano, e quella di Buenos-Ayres dal generale Brown, inglese.

Alcuni combattimenti di mare avevano avuto luogo ma con risultati di poco momento. Contemporaneamente era stato incaricato del Ministero della guerra della Kepubblica un certo Vidal, d’infausta e dispregevole memoria. Uno dei primi e sciagurati pensieri di quell’uomo fu di togliersi il fastidio della squadra, che diceva molto onerosa allo Stato, ed inutile, di quella squadra che immense somme avea costato alla Ptepubblica e che, fomentata siccome potevasi allora e ben diretta, avrebbe potuto costituire una preminenza marcata nel fiume della Plata, senza dì cui Montevideo non sarebbe mai uscita dallo stato di mancipia di Buenos-Ayres e peggio ancora dell’allora suo tiranno. All’incontro la squadra di Montevideo fu intieramente annientata dall’imbecille perversità del ministro suddetto, vendendosene i legni a vergognosi prezzi e dilapidandosene i materiali. Per completare l’opera di distruzione, io fui destinato ad una spedizione il cui risultato altro non poteva essere che la perdizione dei legni da me comandati.



Note

  1. Io ricordo con affetto e gratitudine la generosa amicizia di Giovanni Battista Cuneo, invariabile amico di tutta la vita, dei fratalli Antonini e di Giovanni Risso.