Melpomene, di fior sparsa le gote (1834)
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LXII
PER LI GIUOCATORI DEL PALLONE IN FIRENZE
L’estate dell’anno 1619
Melpomene, di fior sparsa le gote,
E di neve il bel seno,
Sull’Argivo terreno
Già si fe’ giuoco di volubil rote,
5E per lo campo Eleo forti cursori
Già travagliaro il piede,
E corona si diede
Allo studio gentil de’lor sudori:
Certo a ragion; perchè virtù s’avanza,
10Ov’ella di mercè prende speranza.
Ora sull’Arno a gioventù, che spande
Sudore in giuochi egregi,
Melpomene quai fregi,
Deh dimmi, e quali si daran ghirlande?
15Io così dissi, ed ella indi rispose:
Porgi gli orecchi attenti;
Io con giocondi accenti
Cose dirotti al vulgo vil nascose:
Poi sulla cetra d’ôr la bella Diva
20Rosate labbra a queste note apriva:
Tempo già fu, che per li monti errante,
E per le Frigie selve
Guerreggiator di belve,
Un rapido garzon movea le piante,
25Ben largo il petto ed allenato il fianco,
Bruni gli sguardi e vivi,
E per li campi estivi
Tinti alquanto gli avorj, ond’era bianco
Il nobil volto, ed avea d’ôr le chiome,
30Acero per ciascun chiamato a nome.
Per sua beltà nelle foreste d’Ida
Cento Ninfe penaro,
Ma d’incendio più chiaro
Arse le vene e si distrusse Elvida;
35Nè fu scarsa di pianti e di lamenti;
Anzi preghiere offerse:
Ma pur tutte disperse
Quell’indurato cor lasciolle a i venti:
Ond’ella al fin del cacciator crudele
40Fece con Berecintia aspre querele:
Poichè il soave fin de’ miei desiri
In tutto si dispera,
E con un cuor di fera
10Perdono suo valor pene e martíri;
Veggane almen vendetta, alma Cibelle,
Se mai per Ati ardesti
I tuoi furor sian presti,
Per me fedele infra tue note ancelle;
15Flagella tu lo smisurato orgoglio,
E verrà men acerbo il mio cordoglio.
Così diss’ella, e giù dal viso adorno
Caldi pianti disciolse,
E Cibelle raccolse
20L’afflitte voci, e vendicolla. Un giorno
Acero in selva dava caccia ad orso
Terribile e feroce,
Ed ecco il piè veloce
Piantasi in terra, e gli vien meno il corso;
25E verdi rami gli si fer le braccia;
E rozza scorza gli adombrò la faccia.
Or di tal pianta, e che tra voi già nacque
D’uom forte e si robusto
Par che fregiar sia giusto
30I vostri Atleti, e qui sorrise, e tacque;
Ond’io trascorrerò con le man pronte
Per la selvaggia sponda,
E della bella fronda,
Giovani altier, v’adornerò la fronte;
35Poichè del tronco stesso anco guernite
Il nudo braccio, ove a contesa uscite.
Con picciol premio lusingando onora
La mortale fatica
Clio, che di cetre amica,
40Sulie piagge Febee fa sua dimora;Ma
Cosmo, la cui luce alma rischiara
D’Italia i bei sembianti,
I eui fulgidi vanti
Anco l’invidia a riverire impara,
45Di cui poggiano al ciel pensieri e voglie,
Largo dell’oro arricchirà le foglie.