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del chiabrera 43

Poichè il soave fin de’ miei desiri
     In tutto si dispera,
     E con un cuor di fera
     10Perdono suo valor pene e martíri;
     Veggane almen vendetta, alma Cibelle,
     Se mai per Ati ardesti
     I tuoi furor sian presti,
     Per me fedele infra tue note ancelle;
     15Flagella tu lo smisurato orgoglio,
     E verrà men acerbo il mio cordoglio.
Così diss’ella, e giù dal viso adorno
     Caldi pianti disciolse,
     E Cibelle raccolse
     20L’afflitte voci, e vendicolla. Un giorno
     Acero in selva dava caccia ad orso
     Terribile e feroce,
     Ed ecco il piè veloce
     Piantasi in terra, e gli vien meno il corso;
     25E verdi rami gli si fer le braccia;
     E rozza scorza gli adombrò la faccia.
Or di tal pianta, e che tra voi già nacque
     D’uom forte e si robusto
     Par che fregiar sia giusto
     30I vostri Atleti, e qui sorrise, e tacque;
     Ond’io trascorrerò con le man pronte
     Per la selvaggia sponda,
     E della bella fronda,
     Giovani altier, v’adornerò la fronte;
     35Poichè del tronco stesso anco guernite
     Il nudo braccio, ove a contesa uscite.
Con picciol premio lusingando onora
     La mortale fatica
     Clio, che di cetre amica,
     40Sulie piagge Febee fa sua dimora;Ma
     Cosmo, la cui luce alma rischiara
     D’Italia i bei sembianti,
     I eui fulgidi vanti
     Anco l’invidia a riverire impara,
     45Di cui poggiano al ciel pensieri e voglie,
     Largo dell’oro arricchirà le foglie.

LXIII


PER CINZIO VENANZIO DA CAGLI

Vincitore ne’ giuochi del pallone celebrati in
Firenze l’estate dell’anno 1619.

Io per soverchia età piedi ho mal pronti
     Sull’Alpe a far cammino:
     Tu muovi, Euterpe, e d’Apennin su’monti
     Ritrova il vago Urbino,
     5Ed ivi narra, come
     Un bramoso d’onor germe di Cagli
     In bel teatro di gentil travagli
     S’inghirlandò le chiome;
     E fe’ sull’Arno rimaner pentita
     10Ogni possanza a contrastarlo ardita.
Altri usci di Venezia, altero albergo
     Dell’aurea libertade;
     Altri per qui venir lasciossi a tergo
     Milan dall’ampie strade.
     15Ebbe il desire istesso
     Nobile gioventù d’Osmo e d’Ancona.
     E ne mandasti tu cara Verona,
     Di Marte e di Permesso,
     E con sembiante a rimirar sereno
     20Firenze mia ben gli raccolse in seno.
Gente quadrata, e che nervoso il braccio,
     I piè quasi ha di piume,
     E se corre Aquilon, padre del ghiaccio,
     Sprezzarlo ha per costume:
     25Ma se dall’alto rugge
     11 Leon di Nemea ne’ caldi mesi
     Va per le piagge aperte, e i lampi accesi
     Fra selve ella non fugge;
     E pure di valor Cintio la vinse,
     30E dell’Acero illustre il crin si cinse,
Deh che fa rimirarlo arso la pelle,
     E dimagrato il busto
     Portar sul campo le vestigia snelle, Vir
     Indomito, robusto?
     35E nel fervor del giorno
     Dar legge al volo delle grosse palle,
     E tutto rimbombar l’aereo calle
     Alle percosse intorno;
     Qual se Giove talor fulmini avventa,
     40E squarcia i nembi, e i peccator sgomenta.
Qual uomo i vezzi di Ciprigna ha cari,
     Tratti dadi malvagi;
     Ma chi diletto ha ne’ guerrieri affanni
     Non paventi i disagi:
     45Costui con aspro legno
     Rivesta il braccio, e di sudor trabocchi,
     E del popolo folto a’ cupid’occhi
     Divenga altero segno,
     Se rinforzando negli assalti duri,
     50E minaccia di febbre egli non curi.
Cintio, sentier di desiata gloria
     Ha passi gravi e forti:
     Ma pena di virtù, siati in memoria,
     Non è senza conforti;
     55E tu se ’l corpo lasso
     Lavar desii, e rinfrescar le vene,
     Non ricercar quaggiù fonti terrene,
     Figlie d’alpestre sasso;
     Che a ristorar delle fatiche oneste
     60Altrui versi di Pindo acqua celeste.
Deh che promisi? In sal formar gli accenti
     Quasi cangiò sembianti,
     Che darli alla bilancia delle genti,
     È risco a’ nuovi canti;
     65Ma sia vano il sospetto,
     In sulla cetra vo’seguir mio stile,
     Esser cosa non può, salvo gentile,
     Ove Cosmo ha diletto:
     Invidia taci, e le rie labbra serra:
     70Il re dell’Arno in suo piacer non erra.

LXIV

Per lo balletto a cavallo, fatto dal gran Duca COSMO nelle sue nozze.

Poichè gli abissi di pregar fu lasso
     Della bella Euridice
     Il consorte infelice,
     Ver le Strimonie rive ei volse il passo;
     5Qui sotto l’ombra dell’aereo sasso
     Ei lagrimò doglioso