Melmoth o l'uomo errante/Volume III/Capitolo III
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CAPITOLO III.
«La mendicità sembrava omai, che esser dovesse la sola risorsa di questa famiglia, e si decisero di farne la prova in quella sera medesima. Giulia si rammemorò ciò che le era poche sere antecedenti occorso; pensò all’oro, ai discorsi lusinghevoli, ai teneri accenti del cavaliere: ella vedeva la sua famiglia perire di stento, sentivasi divorar dalla fame le viscere, e gettando lo sguardo intorno alle pareti della sua casa spogliata, l’oro si offriva ancor più brillante agli occhi di lei. Una debole speranza, mista con un sentimento di un poco di orgoglio le turbò il cuore; forse disse seco stessa, egli mi ama e non mi crede indegna della sua mano. Quindi la disperazione riassumendo la sua forza mi converrà dunque, pensava fra sè, morire di fame, se ritorno con le mani vuote; e perchè non vorrò render servigio alla mia famiglia morendo? Io non sopravviverò al mio disonore, ma essa lo può, perchè non ne saprà nulla. Sortì dunque e prese una direzione diversa da quella del rimanente della famiglia.
«La notte aveva già disteso il suo velo; ciascuno rientrò e Giulia fu la ultima. Suo fratello e sua sorella avevano riportato qualche cosa. Il vecchio sorrise al vedere le provvisioni, che erano appena sufficienti pel bisogno del più piccolo de’ figli. E voi, Giulia, non avete portato nulla? le dissero i genitori. Ella si teneva in disparte silenziosa.... Il padre rinnovò l’interrogazione con una voce forte e corrucciata. Dessa trasalì, ed avanzandosi precipitosamente andò a nascondere il viso della sua genitrice. Nulla, nulla affatto, rispose con voce soffocata; io ho provato..... Il mio debole e perfido cuore avrebbe ceduto un istante, ed al pensiero... ma, no... no; anco per salvarvi dalla morte non avrei potuto risolvermi... Sono ritornata per morire prima che... I suoi genitori compresero ciò, che ella voleva dire e fremettero. In mezzo alle loro angoscie la benedissero piangendo. Il pasto fu distribuito; Giulia da principio ricusava di parteciparne, perchè non vi aveva in nulla contribuito; ma finalmente le istanze del rimanente della famiglia vinsero la di lei ripugnanza.
«In quella occasione Walberg diede un altro esempio di quegli eccessi di umore, ai quali da qualche tempo erasi abituato, e che si avvicinavano alla mania. Gli pareva di vedere, e con suo grande malcontento, che la sua moglie riservasse le porzioni più grasse pel vecchio genitore di lui. Sulle prime si limitò a guardarlo con rabbia e mormorando fra’ denti. In seguito cominciò a parlare con un tuono più alto, ma non tanto che il vecchio, il quale divorava la meschina sua porzione potesse udire ciò, che egli diceva. Ad un tratto vedendo, che i figli avevano tanto poco cibo da nutrirsi, fu ispirato da una specie di selvaggio risentimento ed alzandosi cominciò a dire ad alta voce: mio figlio vende il suo sangue ad un chirurgo per salvare a noi la vita! mia figlia trema al momento di cedere alla prostituzione per procurarci un tozzo di pane; e tu, che fai in questo tempo, tu, vecchio inutile! Alzati, alzati, e corri a dimandar la limosina per te stesso o ti converrà perire di fame. A queste parole la sua collera essendo giunta al più alto grado, alzò la mano contro il vecchio, che non aveva alcuna difesa. A quella orribil vista Ines gettò delle alte grida, ed i figli accorrendo si collocarono tra il padre e l’avo. La di lui rabbia aumentò allora, e cominciò a dare dei colpi da tutte le parti, e che furono sopportati senza mormorare. Quando la tempesta fu calmata egli si mise a piangere dirottamente.
«In quel momento il vecchio con grande maraviglia di tutti, fuori di Walberg, il vecchio, dico, che dopo l’interramento di sua moglie, non aveva fatto altro cammino, che dal suo letto alla poltrona e dalla poltrona al letto, e ciò sempre sorretto da alcuno della famiglia, si alzò ad un tratto, come per obbedire a suo figlio con un passo fermo e sicuro prese la direzione verso la porta. Quando vi fu arrivato, si arrestò, riguardò indietro con un inutile sforzo di memoria, e sortì lentamente. Lo spavento che tutta la famiglia provò a quello sguardo fu tale, che nessuno osò arrestarne il passo, e passarono alcuni momenti prima che Everardo raccogliesse le sue idee per seguirlo. Intanto Ines che aveva detto ai suoi figli di uscire dal luogo ove erano tutti radunati, erasi assisa al fianco dell’infelice sposo e si sforzava di calmarlo. La sua voce che era di una dolcezza particolare sembrò produrre un effetto fisico sopra di lui. Egli dapprima rivolse il capo verso di lei, quindi appoggiandosele sulla spalla verso alquante lagrime. Ines profittò di quel momento per fargli sentire l’orrore che provava della colpa che egli testè aveva commessa, e lo supplicò a volere implorare la Misericordia Divina per un delitto, che poteva quasi esser considerato pari ad un parricidio. Walberg le dimandò con un’aria stupidita ciò che volesse ella dire. Ella rispose fremendo: il vostro padre... il vostro povero vecchio padre!... Ma Walberg sorridendo con una espressione di confidenza misteriosa, che fece gelare il sangue della sua sposa, se le avvicinò all’orecchio e le disse sotto voce: io non ho più padre! egli è morto, è molto tempo che egli è morto! lo interrai il giorno, che scavai la fossa della mia genitrice! Povero vecchio!... è stato meglio per lui... avrebbe vissuto per piangere e forse per morir di fame! Ma vi voglio dire qualche cosa su questo particolare, Ines: guardatevi di confidarlo a chicehessia. Io mi maravigliava di ciò, che faceva diminuire le nostre provvisioni; sono stato molto tempo in guardia e finalmente ho scoperto... ma è un gran segreto... ho scoto che per uno spettro visitava ogni giorno la nostra casa; esso prendeva la forma del mio vecchio padre, si poneva a tavola, e divorava tutto, in tanto che i nostri figli morivano di fame; ma io l’ho percosso, l’ho maledetto, l’ho discacciato in nome dell’Onnipotente, ed esso è partito. Oh! come era avido ed ingordo codesto spettro! ma non ci perseguiterà più.
«Dopo aver detto così Walberg osservò attentamente gli sguardi di sua moglie, e con la pronta diffidenza propria delle menti mezzo smarrite, aggiunse: se voi non credete a quanto vi ho detto, presterete ancora minor fede alla orribile apparizione, che mi perseguita da molto tempo. O amico mio! disse Ines, riconoscendo in quelle parole la sorgente di uno spavento, che le avevano cagionato certe circostanze della condotta del suo marito; io posso soffrire le ultime estremità della miseria e della fame, ma le parole orribili, che vi sono sfuggite di bocca durante i vostri sonni! Quando ripenso a coteste parole quando cerco d’indovinare.... — Voi non avete bisogno di nulla indovinare, la interruppe Walberg, vi dirò tutto.
«Mentre favellava in tal guisa la fisonomia di lui non dava più segni di stupidezza, ma divenne tutt’affatto tranquilla e proseguì. Tutte le notti, dopo le ultime nostre disgrazie, sono andato errando per ottenere qualche soccorso e ne ho dimandato a tutti quelli che passavano; ma nel corso di quest’ultime notti non ho mai mancato d’incontrare il nemico del genere umano, il quale... Cessate, amico mio, d’internarvi in questi orribili pensieri; dessi sono il resultato dello stato infelice del vostro spirito. Ines, ascoltatemi. Io veggo cotesta figura così distintamente, quanto la vostra; ascolto la sua voce, come voi presentemente ascoltate la mia. Il bisogno e la seria ordinariamente non fanno che riscaldare l’immaginazione. No, no, Ines, il maligno spirito o alcuno dei suoi principali agenti, nascosto sotto le forme umane mi assedia tutte le notti, ed io non so più come fare per resistere alle imboscate, che mi tende. — E sotto qual forma vi comparisce esso? — Sotto la forma di un uomo di mezz’età, di un esterior grave e serio, ed il cui aspetto non ha nulla di rimarchevole, meno lo splendore di due occhi ardenti, il quale è pressochè insopportabile. Li fissa talvolta sopra di me, e sento come affascinarmi. Tutte le notti egli mi assedia, e poche persone avrebbero, come me, potuto resistere alle di lui seduzioni. Mi ha offerto, e mi ha provato, che dipendeva da lui di darmi tutto ciò che la cupidigia umana può desiderare, sotto la condizione di.... Non oso dirlo; questa condizione è sì orribile, sì empia, che quasi è un delitto così grande l’ascoltarla, quanto cedere ad essa.
«Ines insisteva a voler sapere dal marito qual’era questa condizione. Quantunque essi fossero soli, Walberg non gliene volle confidare, che all’orecchio, ed Ines, la cui ragione era fortificata da un carattere freddo e grave, si ricordò di aver sentito dir da giovanetta, che un ente di cotesto genere percorreva le Spagne, e godeva del potere di tentare gli uomini ridotti alle calamità estreme con delle simili offerte, che erano sempre state rigettate. Ella fremette al pensare, che suo marito potesse essere esposto a simili tentazioni, e si sforzò di fortificarne lo spirito e la coscienza con degli argomenti convenevoli alla posizione di lui, sia che fosse la vittima di una immaginazione turbata o l’oggetto reale di una terribile persecuzione. Ad un tratto però Walberg spingendo innanzi la mano s’incontrò con quella d’Ines e stringendola disse: cosa è questo corpo che io tocco? — È la mia mano, amico mio, gli rispose tutta tremando la consorte. — La vostra mano, no... è impossibile! Le vostre dita erano grasse e fresche... queste sono ardenti e disseccate... — È la mia mano, riprese Ines piangendo. — Voi dunque siete affamata? gli disse Walberg come se si risvegliasse da un sonno. — Noi lo siamo tutti da gran tempo, gli rispose Ines troppo felice di ricondurre la ragione in suo marito. Lo siamo tutti.... — Zitto, disse Walberg interrompendola, che rumore è questo che io sento? non vi pare che siano gemiti di moribondi? — No, non sono altro che i lamenti, che fanno i nostri figli dormendo. — E di che si lamentano? — Per cagione della fame, che soffrono i meschini, disse Ines cedendo involontariamente all’orribile sentimento della sua miseria abituale. — Ed io rimango qui per ascoltare, gridò Walberg alzandosi precipitosamente, rimango qui per esser testimone del loro sonno interrotto dalla naturale esigenza di cibarsi di un tozzo di pane, mentre potrebbe bastare una mia parola per vedere questa camera piena di monti d’oro, i quali non mi costerebbero che.... — Che, gli disse Ines stringendolo per le ginocchia; pensate a quello che ve ne costerebbe. Cosa mai può ricevere un uomo in cambio dell’anima sua? Ah! si perisca piuttosto di fame, di stento, prima che voi sottoscriviate la vostra perdizione con questo orribile... Non potè proseguire più oltre; era caduta tramortita.
«Indicatemi il mezzo di ottenere un qualche sollievo, continuava a dire Walberg, non essendosi accorto del di lei svenimento, ed io sputerò addosso al tentatore e lo rigetterò. Ma a chi rivolgersi? Lasciatemi dunque correre presso di lui. Voi pregherete per me; non è vero Ines?... Ines!... Ines!... E che io parlo ad un cadavere? Dopo un momento di silenzio concentrato proseguiva: loda to sia Iddio! una sola parola l’ha uccisa. Codesta morte è stata più dolce che quella della fame. Io avrei agito con compassione se strangolata l’avessi con le proprie mani. Ora però tocca ai figli, aggiunse, intanto che i più terribili pensieri si succedevano con rapidità nella di lui mente. Gli pareva di sentire il fragore del mare in tempesta, e di nuotare in un Oceano di sangue. Ora tocca ai miei figli! Ed andò in traccia di uno strumento di morte. La sua mano destra afferrò con impeto la sinistra; gli pareva di tenere un brando, e disse: questo è sufficiente: essi si dibatteranno, mi supplicheranno, ma io loro dirò, che la lor madre è morta ai miei piedi; e che potranno rispondermi a ciò?... Sì, dirò loro, che la loro madre più non esiste, ripetè di nuovo avanzandosi brancolando verso la camera de’ figli; questa sarà la mia risposta e la loro sentenza.
«Mentre voleva avanzare urtò col piede il corpo inanime della consorte, e la sua anima essendo pervenuta all’ultimo grado della sofferenza, gridò ad alta voce: Uomini!... uomini! che sono dunque i vostri desiderii e le vostre passioni, le vostre speranze e i vostri timori, le vostre pugne e le vostre vittorie? Guardate me! specchiatevi sul mio esempio!... Dette queste parole l’infelice entrò nella camera de’ figli. Mio padre! mio padre! gridò Giulia, sono queste le vostre mani? Lasciatemi vivere, e farò tutto ciò, che vorrete, eccetto.... Mio padre caro padre! esclamava Ines, risparmiateci la vita! Dimani forse avremo di che nudrirci! Maurizio, il più giovine dei figli, balzò giù del letto ed avviticchiandosi alle ginocchie del genitore: o mio caro padre! gli disse, perdonatemi! stava appunto sognandomi, che nella camera vi era un lupo che ci strangolava tutti. Vi ho chiamato ripetute volte in soccorso, ed incominciava credere che non verreste, ed intanto... Oh Dio! oh Dio!.. Siete voi, che vi siete convertito in lupo!
«Per buona sorte le mani dello sfortunato padre erano divenute impotenti per la convulsione medesima, che le aveva portate a quell’atto di disperazione. Le due figlie erano cadute tramortite per l’orrore, e sembravano morte. Il giovanetto fu assai astuto per fingersi morto ancor esso. Ritornò dunque sul letto, ed in esso si distese ritenendo il respiro.....
«Quando l’infelice Walberg credette di aver compiuto il suo orribile disegno, sorti della camera, e nel ritirarsi traboccò sul corpo freddo di sua consorte; un gemito annunzio, che dessa non era passata di vita. Cosa significa ciò? disse Walberg nel suo delirio. Cotesto cadavere mi rimprovera forse il mio delitto, o una voce che sopravvive mi maladice per non aver compiuta l’opera mia? In quell’istante un colpo fortissimo picchiò alla porta della casa. Eccoli, gridò egli, perciocchè il suo vaneggiamento gli offriva già le procedure criminali, conseguenza inevitabile della immaginaria carnificina, che aveva commessa. Ebbene entrate.... siete padroni... eccomi attorniato dai cadaveri della mia amata compagna, de’ figli miei... io gli ho assassinati... lo confesso... Voi venite a trascinarmi alla tortura... lo so... ma giammai... no, giammai tutte coteste torture non mi faranno tanto soffrire, quanto se li avessi veduti morirmeli di fame avanti agli occhi. Entrate... entrate il delitto è consumato.... il cadavere della mia consorte è a’ miei piedi, ed il sangue dei miei figli arrossa le mie mani... Che ho io a temere?
«Intanto che il misero parlava in tal guisa, cadde sopra una seggiola, e si mise a nettare le dita, come per tergerne le macchie del sangue. In tanto incominciarono ad udirsi dei colpi all’usciale della camera, e poco dopo furono vedute entrare tre persone, che si avanzarono lentamente. Due fra loro sembravano oppressi dalla età ed il terzo da una viva emozione. Walberg non fece alcuna attenzione verso di loro; egli teneva fissi gli sguardi, giunte le mani. Non ci riconoscete voi? gli disse il primo sollevando una lanterna, che teneva in mano, e che era il confessore dell’estinto Saldang. Dietro l’ecclesiastico veniva il vecchio padre di Walberg, il cui aspetto offriva una completa apatia interrotta solamente da qualche piccolo movimento di capo, con cui sembrava dimandare a sè medesimo la cagione, perchè quivi si trovasse, e perchè non potesse esprimere neppure un accento. Desso era sostenuto da Everardo, i cui occhi erano brillanti di un fuoco, che non si potevano sostenere. Egli trema, si avanza, quindi si ritira, e si ravvicina a suo nonno, come se egli medesimo avesse avuto bisogno dell’appoggio che finora aveva a lui prestato. Walberg fu il primo a rompere il silenzio con dire: già so chi voi siete; voi venite per impossessarvi di me... mi avete sentito confessare la mia colpa; che aspettate?.. trascinatemi con voi... se potessi mi alzerei per seguirvi; ma mi sento come inchiodato su questa seggiola; vi converrà affaticarvi per potermi smuovere, e seco voi trasportare.
«Nel mentre che Walberg andava così fantasticando, sua moglie, che gli stava sempre distesa ai piedi, cominciò a levarsi lentamente, ma con risolutezza; di tutto ciò però che vedeva o ascoltava pareva che non avesse intese se non le ultime parole del marito, onde se lo strinse fra le braccia quasi per impedire che altri nol trasportasse, e gettò sul gruppo delle altre persone un’occhiata sdegnosa. Walberg vedendosi così stretto esclamò: Ecco un testimone, che sorge dal numero de’ trapassati per depositare contro di me! Ah! è così; è tempo di partire! E si sforzò di alzarsi, ma Everardo slanciandosi verso di lui lo ritenne dicendo: padre mio; fermate; noi vi apportiamo delle nuove consolanti; il buon ecclesiastico è venuto ad annunziarvele. Ascoltate lui, padre mio, io non saprei nulla dirvi in questo momento. Voi, gli disse Walberg, come! voi ancora Everardo fate testimonianza contro di me! Io non ho mai alzata la mano contro di voi. Quando tacciano quelli, che io ho assassinati, vorrete voi divenire il mio accusatore?
«Tutti intanto si erano radunati intorno a lui, gli uni per consolarlo, gli altri per calmare il loro proprio spavento; tutti ardevano di desiderio di comunicargli il fausto annunzio, ma temevano che la scossa non fosse troppo forte per la smarritamente di lui. Finalmente l’ecclesiastico se lo fece uscire di bocca dicendogli: Si è trovato il vero testamento di Saldang; l’altro non era, che l’opera di un falsario, che ne riceverà la meritata pena; il vero testamento è venuto alla luce; voi e la vostra famiglia siete gli eredi di tutte le ricchezze di lui. Io veniva ad annunziarvi ciò, malgrado l’ora avanzata, quando per via incontrai cotesto vecchio accompagnato da vostro figlio. E perchè egli è uscito ad ora si tarda? A queste parole Walberg fremette. L’ecclesiastico veggendo il poco effetto, che le sue parole avevano fatto sopra di lui, alzando più che gli fu possibile la voce, ripetè: il testamento è stato ritrovato. È stato ritrovato il testamento di mio zio, aggiunse Everardo. Trovato! trovato! trovato! ripetè il vecchio padre di Walberg, senza sapere cosa dicesse. Il testamento è stato ritrovato, amico mio, gridò Ines, che a questa notizia aveva riacquistato la ragione ed i sensi. Non senti, amico mio? Noi siamo divenuti ricchi e felici di nuovo! Parlate dunque, nè ci vogliate guardare con quell’occhio sì istupidito. Alla fine Walberg accennando col dito le persone, che lo attorniavano, disse: e chi sono cotestoro? — Il figlio vostro, il vostro genitore, ed il buon ecclesiastico nostro amico. — E che sono eglino venuti a far qui? — Per darvi la nuova, che abbiamo ricuperate le perdute ricchezze. — Le ricchezze! esse vengono troppo tardi. Guardate... guardate! sclamò accennando con la mano la camera dei figli.
«Ines col cuore agitato da un terribile presentimento vi si precipitò, e vide le figlie giacenti sul pavimento e morte, secondo tutte le apparenze. Le grida che mandò traborcando sopra di loro fecero là accorrere il figlio e l’ecclesiastico. Walberg ed il vecchio restarono soli riguardandosi con occhi affatto insensibili. Cotesta apatia dell’età e della stupefazione formavano un molto sensibile contrapposto con le sensazioni violenti che agitavano il rimanente della famiglia. Corse del tempo prima che le giovinette risorgessero dal loro tramortimento, ed un tempo ancora più lungo prima che il loro genitore potesse restar persuaso, che egli realmente stringeva fra le sue braccia le figlie viventi. Per tutto il corso di quella notte sua moglie ed i figli dovettero lottare contro la disperazione di lui. Alla fine la memoria gli ritornò ad un tratto, e correndo a gettarsi alle ginocchia del vecchio suo padre, le prime parole, che proferì furono: O padre mio! perdonatemi; e nascose la sua testa fra le ginocchia del vecchio.
La contentezza è un possente conforto. Dopo pochi giorni tutti furono calmati e tranquilli; dessi piangevano ancora ma quelle lagrime non erano più prodotte dal dolore. La infermità del padre di Walberg fecero decidere, che non partirebbero dalla Spagna, se non dopo averlo perduto; lo che seguì pochi mesi dopo. Egli morì in pace, e ricevendo delle benedizioni. Dopo che gli furono renduti gli estremi uffizii la famiglia si pose in viaggio per la Germania, ove essa presentemente risiede e gode la sorte la più felice; ma Walberg freme ancora quando si rammemora delle terribili tentazioni, che ebbe a sostenere per parte dello straniero, che rincontrò nelle sue corse notturne, e questa rimembranza gli sembra più penosa ancora di quella della sua famiglia ridotta a perire dallo stento e dalla miseria.
Don Francesco d’Aliaga aveva ascoltato la lettura colla più viva attenzione. Quando l’incognito l’ebbe finita aggiunse: Io posseggo delle altre relazioni concernenti cotesto ente prodigioso. Se mai ci rincontrassimo un’altra volta, signore, potrei raccontarvene alcun’altra, e vi assicuro, che non le troverete meno straordinarie di questa, che avete ascoltata; ma questa sera è troppo tardi, e voi avete bisogno di riposarvi della fatica del vostro viaggio. Dopo aver parlato così l’incognito si ritirò.