Meditazioni sulla economia politica con annotazioni/XXIX
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§. XXIX.
Origine del Tributo.
Da ciò nasce la necessità di avere un numero di uomini unicamente destinati a mantenere la sicurezza della proprietà a ciascun membro dello Stato, uomini di professione obbligati in parte ad agire per respingere con impeto le usurpazioni della forza, e in parte a verificare tranquillamente i diritti d’ognuno e ordinarne la difesa, a invigilare sulla pubblica felicità da ogni suo lato, e promuoverla. Ecco l’origine dei Sovrani, della Milizia, dei Magistrati, e dei Ministri. Questa classe separata di uomini nè produttori, nè mediatori, unicamente occupata dalla sicurezza e felicità pubblica, classe d’uomini che io chiamo direttrice, ragion vuole che sia mantenuta da quella società medesima, a cui conserva e procura ogni bene. La necessità di avere questa classe di uomini forma la giustizia del tributo; e l’alimento proporzionato all’officio di ciascuno di questi uomini sino a quel limite, a cui giunge l’utilità pubblica, forma la somma totale del tributo. Il tributo adunque si è una porzione della proprietà che ciascuno depone nell’erario pubblico, affine di conservare con sicurezza la proprietà che gli rimane.
Egli è dunque interesse di ogni uomo che sieno pagati i tributi, e che sieno convertiti per il bene che gli ha fatti nascere. Donde avviene dunque, che laddove ogni altra legge realmente coincidente coll’interesse della maggior parte degli uomini viene facilmente ubbidita, ed è punito colla disapprovazione pubblica il violatore; le leggi del tributo per lo contrario, sebbene del pari interessanti la maggior parte, trovano un niso continuo nella nazione ad opporvisi, e non incontri mai la disapprovazione pubblica il fraudatore? Ciò forse accade, perchè l’intelletto dell’uomo è fatto come l’occhio, a cui un piccolo oggetto, ma assai vicino, cuopre vastissimi oggetti rimoti, e così l’immediato male di privarsi di parte della propria ricchezza si sente assai più che non il lontano bene di venire assicurati da una eventuale violenza. Secondariamente l’idea della privata proprietà è assai più radicata nell’animo dell’uomo, di quel che non lo sia l’idea generale dell’organizzazione politica d’uno Stato; e siccome il tributo è una diminuzione delle proprietà, ed è una relazione fra l’uomo e lo Stato, ogni individuo sente più la parte che è diminuita, di quello che senta il legame dei rapporti che la bilanciano. Ciò non ostante io credo, che se in ogni tempo fosse stato il tributo sempre un fondo giudiziosamente impiegato, l’opinione pubblica lo risguarderebbe come un debito sacro; e forse il costume avrebbe radicata negli animi tanta vergogna al sottrarvisi, quanta ne prova ogni uomo spontaneamente unito in una privata società, se non possa pagare la sua porzione avendo risentita la sua parte nel bene. Se i costumi hanno associata una macchia e una vergogna a chi non paga i debiti del giuoco; perchè non se ne inflige altrettanta a chi non paga i debiti al mercante, o all’erario? Sarebbe mai per la ragione, che agli ultimi provvede la legge, e ai primi nò? Forse è da osservarsi che l’abuso fatto in altri tempi del potere legislativo, e il più grande abuso moltiplicatosi di rendere incerta e dubbiosa ogni legge colla interpretazione, hanno impressa nel cuore degli uomini un’idea poco favorevole alla legge, e perciò l’opinione pubblica assolve sin dove si può quello, che la legge condanna. Nelle nazioni che hanno una felice legislazione scorgesi maggiore coincidenza fra le leggi e i costumi; le condanne sono uniformi e nel tribunale e nella opinione pubblica. Forse la divergenza di questi due principj è la vera misura della corruzione d’un popolo. Ma queste idee, secondate che fossero, troppo mi porterebbero lontano dal mio argomento.
Sarebbe pure cosa disparata dal mio soggetto, s’io volessi considerare il tributo come una legittima porzione depositata nell’erario. Altri vi sono che hanno portato la luce su di questa materia. L’instituto di quest’opera mi richiama a contemplare il tributo unicamente come un oggetto che ha relazione ed influenza sulla circolazione, sulla riproduzione annua, sull’industria, e sulla proprietà dello Stato.
Annotazioni.
La proprietà che gli rimane. La somma totale del tributo è formata non solo dall’alimento dovuto a tutta la Classe direttrice, Sovrani, Milizia, Magistrati, Ministri, a cui aggiungerei anche gl’Istruttori sia per l’educazione data alla gioventù, come per quella più grande e più insensibile, che si dà alla Nazione colle opere; ma anche dalle opere Pubbliche, come Strade, Canali, stabilimenti inservienti alla comune utilità d’ogni genere. Dunque il Tributo non è solamente la porzione di proprietà, che si depone nell’erario come necessaria alla conservazione del restante, ma ancora quella porzione, che si considera come utile ad aumentare e migliorare il restante della medesima, e l’uso di quella.
I debiti al Mercante, o all’erario. È più vergogna a non pagare debiti di giuoco, che non a ritardare il pagamento delle merci nella pubblica opinione, particolarmente secondo il mio avviso per questa ragione, perchè le merci si comprano o per bisogno, o per ostentazione di potenza; ma in vece si giuoca o per fare un grosso guadagno eventuale, o per ostentazione di potenza: non si soddisfa il bisogno, nè si ostenta la potenza comprando le merci, ma usandole; non si trova il mezzo di fare il grosso guadagno, nè si può ostentare la propria potenza, se non col denaro, che si esibisce al rischio del giuoco medesimo.