Le Piramidi, meraviglie matematiche

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Le Piramidi, meraviglie matematiche
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Il mondo di oggi infatuato com’è delle sue realizzazioni tecniche, crede che più in là non si possa andare, e ritiene a torto di aver costruito cose che rivelano una formidabile capacità di tecnici e di lavoratori, nonché una altezza eccezionale di concezione.

Intendiamoci bene: sarebbe sciocco e non giusto negare tali pregi ai realizzatori di opere quali il taglio dei Canali di Suez e di Panama, i trafori delle grandi montagne, le grandiose ferrovie metropolitane, e via dicendo. Ma errore altrettanto grave sarebbe il ritenere che ciò sia prodotto da una superiorità intellettuale mai raggiunta finora. È fuori discussione che - salvo i rischi - un grosso aeroplano Dakota o Constellation rappresenti qualcosa di più rapido (e su questo siamo d’accordo) di più comodo (e qui si potrebbe forse discutere sul concetto di comodità) di un cocchio o di una carriola o di un cammello o di un cavallo o di un elefante, per trasferirsi da un punto all’altro della terra. Ma, ad esempio, la rapidità - che è l’unica qualità indiscutibilmente superiore dei mezzi moderni - non è detto che giovi allo spirito del viaggiatore.

I popoli orientali o nord africani che viaggiavano lentamente sui cammelli e sugli elefanti avevano certo più tempo per pensare, per riflettere sulle cose del mondo, per indagare sui misteri della vita e della scienza di quello che abbiamo noi, poveri uomini cacciati nella pancia di un mostro aereo, e trasportati lontano a velocità tali che non ci permettono, non solo di pensare, ma nemmeno di vedere quello che si trova sotto di noi. Chiusi a Parigi nella botte ferrata, ritroviamo la libertà a Nuova York, dopo aver fatto le uniche due cose delle quali ci è permessa la scelta: dormire o vomitare. Oh sì, ci è permesso di fare un sorrisetto ebete alla gentile hostess, che ci ripete ogni tanto le venti frasi d’obbligo del suo dizionario internazionale.