I grandi matematici greci
Geometria euclidea e non-euclidea

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La geometria che voi studiate, ragazzi miei, quella che tutti abbiamo studiato, almeno nei primi otto o dieci anni di scuola, si chiama appunto geometria euclidèa. E dopo quanto vi ho detto in precedenza, ciò non vi deve meravigliare.

Ognuno di voi ricorda i famosi postulati di Euclide: «1°) Per un punto preso fuori di una retta passa una e una sola retta parallela a quella data.» «2°) Se due rette sono tagliate da una trasversale, esse s’incontrano dalla parte in cui la somma dei due angoli coniugati interni è minore di 2 angoli retti». (Postulato, voi sapete, è una verità che si ammette vera, senza discuterla e senza dimostrarla: ma su questo vi dirò qualcosa fra poco).

Questa è materia per la 1a media; si studiano invece nella 2a media i due teoremi sull’equivalenza; il primo, che serve di base al famosissimo teorema di Pitagora, dice: «In un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sopra un cateto è equivalente al rettangolo che ha per lati l’ipotenusa e la proiezione del cateto stesso sull’ipotenusa». (Primo teorema di Euclide). L’altro (secondo teorema di Euclide) dice: «In un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull’altezza è equivalente al rettangolo che ha per lati le proiezioni dei due cateti sull’ipotenusa». Questi due teoremi come tante altre precisazioni di Euclide rimangono fissi e indiscussi anche oggi; e fino a un secolo e mezzo fa erano rimasti indiscussi anche i due postulati che ho citato prima. Moltissimi matematici, in varie epoche tentarono di dimostrarli (o meglio di dimostrarne uno, perché, in realtà essi si equivalgono, in quanto ciò che vien detto dal primo è confermato da quanto vien detto nel secondo: e cioè, per un punto passa una retta data, ed è quella che, tagliata in quel punto, da una trasversale, non forma, con la retta data e con la trasversale, né da una parte né dall’altra angoli coniugati interni la cui somma sia minore di due angoli retti). Poiché nessuno riuscì con sicurezza nell’intento, nacque l’idea che - trattandosi di affermazioni non dimostrabili - si potesse non tenerne conto, o tutt’al più considerarle come casi particolari di affermazioni più vaste. (Es.: «per un punto passa una retta, ma non una sola, parallela a una retta data»).

Ed ecco alcuni grandi matematici dell’epoca moderna creare nuove teorie che prescindono dai postulati di Euclide: il matematico tedesco Carlo Federico Gàus per il primo, agli inizi del 1800; e poco dopo il russo Nicola Lobatchewsky, che crea la Pangeometria, successivamente chiamata Geometria iperbolica; il tedesco Riemann, che dà vita in seguito alla Geometria ellittica, e altri ancora.

Tutte queste geometrie non tengono conto dei due famosi postulati, eppure le loro teorie sono valide e ben costrutte, ciò che dimostra la non provabilità, o meglio la non dimostrabilità di cui già ho detto, dei due postulati.

Mentre la geometria che si studia nelle scuole è la geometria euclidèa, queste nuove teorie formano le «geometrie non-euclidèe».

Ma voi, giovani lettori miei alle prese con la geometria tradizionale, ossia con quella che da Euclide a oggi ha fatto testo, non preoccupatevi delle altre teorie, delle quali vi ho fatto cenno solo perché sappiate che esistono. La validità di esse sta a dimostrare un grande principio che non è solo scientifico, ma che è anche pratico, principio che vale per la geometria e per tutte le altre discipline: ed è logico che così sia, se è valido per una materia così precisa e così poco opinabile come questo ramo della matematica. (Così poco opinabile a priori, perché come si vede...).

Il principio è questo:

L’ingegno di certi uomini grandi riesce a fare tutto quello che vuole: riesce a far una casa dopo aver dimostrato che i muri non esistono: e riesce anche a creare una teoria valida dopo aver affermato che la sua base più valida non dev’essere ritenuta tale.

Del resto anche questo è un omaggio del genio moderno al grande genio antico del sommo Euclide: non pare anche a voi, amici miei?

Omaggio, senza dubbio: e, data la bontà e la modestia dell’uomo, i moderni creatori delle «non-euclidee» arrivando al Paradiso degli scienziati dopo morte, non avranno certo trovato un Euclide giustiziere col bastone in mano... anzi, avranno trovato un buon barbone sorridente che, pieno di gentilezza, li avrà portati nella nuvola assegnatagli per residenza, e quivi, dopo aver versato agli ospiti un bicchierino di nettare paradisiaco, avrà preso il gesso in mano, e ritto dinanzi a una vasta lavagna avrà loro dimostrato la indiscutibile verità dei suoi postulati. Al che gli scienziati moderni non avranno saputo che cosa rispondere.

- Scusi tanto - avranno mormorato: - abbiamo preso una cantonata.

E se ne saranno andati, mogi mogi, verso le nuvolette che il gran portinaio San Pietro avrá loro assegnato.

Il buon vecchio sarà stato un po’ a guardarli con quei suoi buoni occhi, poi, crollando la testa, sarà tornato alla sua residenza per riprendere uno studio interrotto; ma prima avrà rivolto in alto gli occhi e avrà detto:

- Perdonali, o Signore: essi si sono un po’ divertiti. Ma in realtà non sapevano quello che facevano.

Ma intendiamoci bene, miei lettori: questo avrebbe detto Euclide nel fantasioso incontro celeste con gli studiosi non-euclidei reduci dal loro viaggio terrestre. E avrebbe avuto tutte le ragioni di difendere l’opera sua sanzionata del resto dal collaudo di due millenni. Noi, voi ed io, che siamo studiosi della scienza euclidea, e che il genio dell’uomo ammiriamo non meno della grandezza dell’opera sua, non entriamo nella polemica. E ciò per un motivo solo: che riteniamo sempre libero l’uomo superiore - e uomini superiori furono certo i creatori delle teorie non-euclidee – di tutto discutere, per quella libertà dello spirito che è appunto la base della superiorità. Liberi dunque Gàus e Lobatchewsky e Riemann e gli altri di dare il volo al proprio ingegno, e di creare - con la saldezza delle loro teorie – la riprova indiscutibile, nello stesso tempo, della saldezza della teoria euclidea e dell’altezza del loro ingegno: tanto più notevole in quanto, partendo da un presupposto puramente teorico e non confermato dalla dimostrazione pratica, seppero creare un castello scientifico sicuro, come abbiamo detto, almeno in apparenza.