Giuseppe Gioachino Belli

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Er peccato d'Adamo Er Papa (1831)
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831

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LI GGIOCHI.

     Famo a bbuscetta?1 — No. — Sssedia papale?2
Sartalaquajja?3 — No. — Ppiseppisello?4
Gattasceca?5 Er dottore a lo spedale?6
A la bberlina?7 — No. — A nnisconnarello?8

     Potémo fà li sbirri e ’r bariscello,9
La ggiostra,10 li sordati e ’r caporale,11
A scaricabbarili,12 a acchiapparello,13
A llippa,14 a bbattimuro,15 a zzompà scale.16

     Ggiucàmo a bboccia,17 ar piccolo,18 a ppiastrella,19
A mmorè,20 a mmóra,21 a ppalla,21 a mmarroncino,22
A ccavascéscio,23 a ttuzzi,24 a gghiringhella,25

     A attaccaferro,26 a ffilo,27 a ccastelletto,28
A curre,29 a pparessèparo30... — No, Nino,31
Dàmo du’ bbottarelle a zzecchinetto.32

Roma, 26 novembre 1831.

Note

  1. [Corrisponde all’a buchetta e alle buchette de’ Fiorentini. Per altri riscontri, così di questo come della maggior parte degli altri giochi qui nominati, può vedersi il bel libro, già citato, del mio carissimo Pitrè, Giuochi Fanciulleschi; Palermo, 1883.]
  2. [A predellucce, in Firenze; a san Piero in caregheta, in Venezia; ecc.]
  3. [I giocatori, disposti in fila uno dietro l’altro a una certa distanza, s’incurvano alquanto, appoggiando le mani sulle ginocchia, meno quello che sta dietro a tutti, il quale, rimasto diritto, salta un per uno i compagni, incurvandosi poi anche lui dopo l’ultimo saltato, mentre il primo alla sua volta si drizza per far egli i salti, e così di seguito. — A Firenze, fare a saltarsi, o fare la bella insalatina, dalla canzonetta che accompagna il salto: A la bella insalatina, L’è fresca e ricciolina, La signora la vuol comprà?]
  4. [V. vol. VI, pag. 80, nota 1.]
  5. [Mosca cieca. V. la nota 8 del sonetto: Er Ziggnore, 3 ott. 31.]
  6. [Uno de’ ragazzi fa da medico, e gli altri si fingono ammalati.]
  7. [È un gioco più di adulti, che di ragazzi, e si fa così. I giocatori si dispongono in circolo, e in mezzo a loro si motte a sedere quello che dalla sorte fu condannato a star per primo in berlina. Il capogioco va attorno al circolo, e, ad uno ad uno, domanda a tutti perchè quel tale sta in berlina. Ciascuno gli dice la sua, ma a bassa voce. Uno, per esempio, gli dirà che sta in berlina perchè tartaglia; un altro, perchè fa all’amore, ecc. Raccolte le risposte, il capogioco, che deve avere una buona memoria, le ripete tutte di seguito a voce alta; e poi domanda al condannato: “Chi volete che venga in berlina?„ E quello, per esempio, risponde: “Venga chi ha detto che io sto in berlina perchè tartaglio.„ Questo allora è obbligato a rivelarsi, e ad andar lui in berlina; e così continua il gioco, il quale è anche una penitenza, che si dà ne’ giochi di pegno.]
  8. [Nasconderello o nasconderella a Firenze; rimpiattìno a Pistoia. V. la nota 4 del sonetto: Er passetto ecc., 17 dic. 45.]
  9. [E il bargello. Imitandoli, cioè, quando camminavano guardinghi di notte con la lanterna cieca ecc.]
  10. [Uno fa da toro, gli altri da giostratori.]
  11. [Quando manovrano, s’intende.
  12. [Si fa precisamente come a Firenze.]
  13. [Più comune, almeno ora, a acchiapparella. E non corrisponde già al chiapparello, ma bensì al ripiglìno, de’ Fiorentini; anzi, per dir meglio, a quello de’ duo diversi ripiglini, che si fa avvolgendosi sulle mani del filo ecc., e che gl’Inglesi chiamano culla del gatto.]
  14. [V. vol. VI, pag. 272, nota 11.]
  15. [Si chiama così anche nelle Marche, nell’Umbria e altrove. In Toscana, secondo il Pitrè, pag. 101-102, far meglio al muro.]
  16. [A zombare, saltare, scale. Cioè, a chi ne salta di più in una volta.]
  17. [Alle bocce.]
  18. [Alla trottola.]
  19. [Alle piastrelle, alle murielle.]
  20. [Per consenso spontaneo de’ giocatori, ovvero facendo a la conta, cioè al tocco, si elegge la mamma o mammaccia, che deve dirigere il gioco, e che lo comincia col fare un nodo a un fazzoletto, e col gettarlo in aria. Gli altri tutti, a gara per riacchiapparlo; e poi, quello a cui è riuscito, mossosi co’ compagni in circolo intorno alla mamma, dà a tenere a lei la cocca (er pizzo) col nodo, tenendo lui quella opposta. Allora la mamma gli propone un indovinello; e so egli non riesco a spiegarlo, dove passare la cocca al vicino di destra, a cui la mamma ripropone il medesimo o altro indovinello; e così di seguito. Ma se lo spiega lui o un altro, la mamma lascia subito la cocca annodata, gridando: Mena, mena!, e il fortunato spiegatore ha il diritto di rincorrere i compagni o di picchiarli con quella, finchè la mamma non gridi: Morè, morè!, il qual grido io credo derivi dal latino mora est. Raccogliendosi salvi dai colpi intorno alla mamma, i dispersi giocatori le vanno chiedendo con una specie di cantilena: Pane, cacio e vino dorce! E se la mamma grida: Nun so’ più fijji miaaa!, il gioco ricomincia.]
  21. 21,0 21,1 [Alla mora e alla palla, come in Toscana, e, credo, in tutta Italia.]
  22. [V. il sonetto: Er gioco ecc., 22 ag. 30.]
  23. [A cavallaccio in Toscana, a cingicollo nell’Umbria.]
  24. [È più una penitenza, che un gioco. V. la nota 7 del sonetto: La commare ecc., 1 mar. 47.]
  25. [Il padre Daniele Olckers, che nel Programma del R. Ginnasio Massimiliano pell’anno scolastico 1877-78 (Monaco, 1878), illustrò alcuni sonetti del Belli, dice che a ghiringhella “si fa andando in giravolte.„ Ma il suo lavoretto, quantunque degno di ammirazione perchè fatto da uno straniero, contiene così grossi errori, specialmente nella spiegazione di questi giochi, che io sto in sospetto anche di questa del ghiringhella. Per conto mio, devo confessare che, per quante ricerche io abbia fatte, non m’è riuscito di saperne nulla; e credo che oggi il gioco sia caduto in disuso. So però che in bolognese ghirigaia significa “gaiezza;„ e dal Cherubini vedo che a Milano Pader Ghiringhèll equivale al “Fra Fazio„ de’ Toscani, e che a Gallarate danno il nome di ghiringhèll “a una specie di tabella (tricch e tracch), colla quale que’ ragazzi sogliono romoreggiando festeggiare in quella terra la loro Giubbietta o Giubbiana che sia.„]
  26. [Tutti i giocatori, meno uno che resta in mezzo, toccano qualcosa di ferro, come il martello d’un uscio, un chiodo sul muro, una ferrata, ecc., e poi scappano per mutar posto. Chi non ci riesce perchè è acchiappato da quello di mezzo, va nel suo luogo. Chi tocca il ferro, si dice che sta al sagro, perchè non può esser preso, come non poteva esser preso dalla forza pubblica chi si ricoverava in luogo sacro. In mancanza però di cose di ferro, il sagro può essere un albero, una cantonata ecc., come nel bomba, toccapanca e toccapoma de’ Toscani, secondo la descrizione che ne dà il Rigutinl-Fanfani. Nell’Umbria e altrove, questo gioco si chiama toccaferro. “Varietà messinesi,„ dice il Pitrè, pag. 269-70, “sono il tocca-fìmmini, in cui i giocatori, per non esser presi..., devono toccare le donne che passano o nelle braccia, o nel petto, o nel seggiu, secondo è stato prestabilito; il tocca-criati, in cui s’hanno a toccar cameriere; il tocca-purticati, in cui correndosi un lungo tratto si ha a toccar dappertutto le porte (purticatì) che s’incontrano; il rumpi-pignati, che porta con sè la bella condizione di andar rompendo lampioni di bettole o pignatte di terra cotta messe fuori a bollire.„]
  27. [A filetto.]
  28. [A nocino.]
  29. [A correre, alla corsa.]
  30. [A pari e caffo. Dicono anche: a ppar’ e ddisparo.]
  31. [V. la nota 4 del sonetto: Er conto ecc., 24 nov. 31.]
  32. [A toppa. Spagnolo: socanete.]