) Il problema fondamentale del calcolo integrale per le funzioni di una sola variabile consiste nel determinare una funzione, di cui è data la derivata o, ciò che è lo stesso, il differenziale .
Il problema analogo per le funzioni di due variabili consiste nel determinare una funzione di due variabili , di cui sono date le due derivate parziali del primo ordine, ossia di trovare una funzione soddiscafence alle:
, , (1) [p. 299modifica]o, ciò che è lo stesso, una funzione il cui differenziale è uguale a
, (2)
dove sono funzioni prefissate. Abbiamo visto che il problema citato per le funzioni di una sola variabile è sempre risolubile se è continua, p. es., nell'intervallo ; e che la è determinata a meno di una costante additiva . Si può, p. es., porre
,
dove è il valore (scelto ad arbitrio) di oer .
Nel caso delle funzioni di due variabili noi proveremo invece che non sempre esiste una funzione di due variabili noi proveremo invece che non sempre esiste una funzione soddisfacente alle (1) (anche supposto che le siano continue insieme alle loro derivate), ossia che non sempre (2) è il diffrenziale di una funzione , o, come si suol dire più brevemente, che non sempre (2) è un differenziale esatto.
Se infatti le derivate prime delle sono cintinue, dalle (1) si deduce, derivando la prima rispetto ad e la seconda rispetto ad , che:
, .
Essendo, per ipotesi, i secondi membri funzioni continue, per il teorema (§ 80, pag. 271) dell'invertibilità dell'ordine delle derivazioni, essi sono uguali, cioè è
. (3)
La (3) è dunque una condizione necessaria affinchè il sistema delle (1) sia risolubile, ossia affinchè (2) sia un differenziale esatto [sia il differenziale di una funzione ], (naturalmente se sono continue).
Dimostreremo vivecersa che in casi generalissimi tale condizione è anche sufficiente. Se la (3) è soddisfatta, anche nel caso attuale di funzioni di due variabili, la è determinata a meno di una costante additiva: p. es., il valore della in un punto prefissato.
) Cominceremo da un caso particolare: il caso cioè che le variabili sieno separate. Con questa frase si indica il caso che [p. 300modifica]nella (2) la sia funzione della sola , la funzione della sola ; in tal caso la (3) è evidentemente soddisfatta, perchè
.
Supponiamo continua per , ed continua per .
Sarà evidentemente:
.
Il primo addendo è una funzione della sola , la cui derivata rispetto ad vale e la cui derivata rispetto ad è nulla. Il secondo addendo similmente è una funzione della sola , la cui derivata rispetto ad è nulla, la cui derivata rispetto ad è . Il terzo addendo è una costante effettiva, le cui derivate sono entrambe nulle. Esso è il valore della nel punto di ascissa e di ordinata .
) Passiamo ora al caso generale. Vogliamo calcolare nel punto supponendo che siano finite e continue nei punti la cui ascissa è compresa tra ed , e la cui ordinata è compresa tra ed . Ciò naturalmente limita il campo ove facciamo variare il punto cioè il campo , ove dimostriamo il nostro teorema. Supporremo, p. es., senz'altro essere un rettangolo coi lati paralleli agli assi, e dento di esso supporremo cadere entrambi i punti ed .
Poichè , sarà
, (4)
dove nell'eseguire l'integrazione la si considera come costante, e la (la costante additiva) potrà quindi essere funzione della sola (com'è evidente, perchè deve essere la funzione a cui si riduce la per , cioè la ).
Dovremo poi determinare la in guisa che la derivata rispetto ad della definita da (4) valga ; che cioè
Il secondo membro è finito e continuo. Sarà dunque necessario e sufficiente che esso sia funzione della sola : in tal caso, con una integrazione si ricaverà il valore di . La condizione necessaria e sufficiente per la risolubilità del nostro problema è che la derivata del secondo membro di (5) rispetto ad sia nulla; cioè la condizione, già trovata necessaria, è anche sufficiente. In tal caso la (5) dà
dove è il valore di per , cioè il valore di per ed , cioè il valore prefissaro ad arbitrio. E la (4) dà pertanto:
.
Ricordando che nelle attuali ipotesi il secondo addendo, come già abbiamo osservato, è indipendente dalla , possiamo per calcolarlo, supporvi . Cosicchè tale formola diventa più semplicemente
(6)
la quale dimostra il nostro teorema che nelle nostre ipotesi esiste una funzione , il cui differenziale è , e ci insegna a calcolare tale funzione nel campo sopra definito.
La (6) si può ottenere direttamente nel seguente modo, se si ammette già provata la esistenza della ; basta osservare che:
,
che coincide appunto con (6).
Indichiamo con i punti ed . La somma dei primi due addendi del secondo membro di (6) si chiamerù l'integrale di esteso alla spezzata , [p. 302modifica]od anche la somma dell'integrale di esteso ad e dall'integrale analogo esteso a . Naturalmente bisogna definire il significato di quesste nuove frasi: integrale di esteso ad od a . Noi intendiamo con l'integrale di esteso, p. es., ad l'integrale dell'espressione che si deduce da ponendo al psto della e della i valori che si deducono dalla equazione di , cioè , ed estendendo l'integrazione dell'ascissa di dell'ascissa di - Cioè l'integrale di esteso ad vale il primo addendo del secondo membro di (6); mentre invece il secondo addendo si trova, con definizione analoga, uguale all'integrale di esteso a .
La (6) si può dunque interpretare così:
La differenza tra il valore nel punto ed il valore della nel punto vale l'integrale esteso ad una spezzata di due lati paralleli agli assi coordinati congiungente il punto al punto (se sono continue).
Questo teorema è la generalizzazione della formola
valida per le funzioni di una sola variabile (a derivata continua).