Lettere di Winckelmann/Articolo XIII
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A r t i c o l o XIII.
Nella mostra, che l’emo Alessandro Albani fece poco fa de’ suoi magazzeni di rottami antichi marmorei, che noi chiamiamo cimiterj, si trovò una figura sedente sopra una sedia, e nella base rotta si fcoprirono le lettere ΕΥΡΙ.... Sopra l’appoggio della sedia s’inalzava una lastra con dieci nomi di tragedie d’Euripide, gettato in un cantone dai Gesuiti nel Collegio Romano. Vi corsi subito, e la misura, ed il giro di rottura segnato prima da me in carta confrontava appuntino; e si fece un cambio di questo pezzo con alcune medaglie imperiali in argento. I monumenti d’antichità hanno spesse volte la sorte di quel ladro, che lasciò un orecchio a Madrid, e un altro a Napoli. Vi saranno notate in tutto non più di trentasette tragedie, le quali faranno le più stimate dagli antichi; e ne ho ricavati i nomi di cinque da verun autore mentovate. Vi è qualche altra particolarità, di cui farò uso a tempo suo1. La testa, che manca, verrà copiata da un butto antico. Considerate ora, come una cosa dà mano all’altra, e che per ispacciarsi antiquario bisogna aver veduto tutto. Senza la cognizione d’una delle quattro ultime pitture d’Ercolano2 non si farebbe potuto risarcire questa figura. Vi si scuoprono puntelli, che danno manifesto indizio di asta pura, o di scettro, la quale non pareva competere ad un poeta non deificato come Omero3. Io sostenni allora il contrario allegando il poeta tragico a Portici, ed appoggiando l’asta di questo con un epigramma greco, dove al medesimo Euripide vien dato, non già l’asta, ma il tirso. Si cambi l’asta col tirso, il quale era un’asta coperta con un mazzo di foglie d’ellera, purché sia un bastone, o scettro lungo. Da quella cava medesima, dove l’anno scorso (1761.) in una vigna vicino a Frascati, ma verso Monte Porzio, fu trovata una statua d’insigne scultura di Sardanapalo re d’Assiria barbato, ma il primo di questo nome, mentovato da Castore presso Eusebio nella sua Cronica, non il secondo diffamato, e descritto da Erodoto4, da Ctesia5, e da Diodoro6, coll’iscrizione in un orlo del suo panno СΑΡΔΑΝΑΠΑΛΛΟС, insieme con quattro statue donnesche, che sembrano Cariatidi7, ed altre in pezzi, è scappata fuori una bellissima statua donnesca, panneggiata, e grande al vero. Non le manca altro che un braccio, il resto è sano, e sicuro. Questa vigna, ove fassi lo scavo, sembra essere stata una villa della gente Porzia, secondo alcune iscrizioni ivi ritrovate. Quanto pagherei, se vi potessi far ridere con tutta la moneta cattiva, cioè con un’antichità, che ora vi porto. Questo è un soldato di bronzo scavato in Sardegna, mandato al cardinale mio padrone da Cagliari, e fatto in quel tempo, quando credo, che facesse mestieri mettere alle volte sotto le figure: questo è un cavallo: quello è un somarello. In quel tempo non si usava di far magazzeni di munizione, e di viveri per le armate; onde il povero soldato strascinava tutto dietro di sè, o lo spingeva avanti di sè con un carretto a due rote, come usano i facchini in Germania. Sopra questo carretto stava un cestone, in cui si metteva la robba. Arrivata che era la truppa al luogo della sua destinazione, o finiti che erano i viveri, che portava seco, cosa faceva cialcun soldato del suo carretto? Se lo piantava dietro alle spalle in un anello fermato alla corazza della schiena in maniera, che le due rote con la sala gli arrivavano sopra la testa. E il cestone? Se lo poneva in testa, appoggiato, e fissato su due corna, colle quali è guernito l’elmo, onde pare un berrettone piatto, e le corna spuntano in fuori, e in su, come denti d’elefanti. Così appunto armato, e caricato andava il soldato sardo in battaglia, veggendosene nella sinistra io scudo, e l’arco, e le frecce nella destra. La spada curta gli pende al collo, e attraverso sopra il petto. I piedi sono senza calzari, e le gambe con gambali aperti davanti, e che coprono la polpa. Le spalle sono riparate con certi rivoltini, come appunto li portano i tamburini nostri. La figura è di due palmi, e due once d’altezza, ec.8.
Note
- ↑ Si veda qui avanti Tom. iI. pcg. 63. Il ch. sig. abate Amaduzzi contemporaneamente al nostro Autore pubblicò l’elenco di quelle tragedie con una sua lettera inferita nel Tomo VII. de’ Miscellanei di Lucca stampati da Giuseppe Rocchi.
- ↑ Descritta al luogo citata, e qui avanti pag. 222.
- ↑ Vedi qui avanti pag. 231.
- ↑ lib. 2. cap. 150. pag. 177.
- ↑ Presso Ateneo lib. 12. cap. 7. pag. 528.
- ↑ lib. 2. §. 23. pag. 126., Dione Grisostomo Orat. 62. pag. 588., Orat. 78. p. 658. Clemente Alessandrino Pædag. lib. 2. cap. 11. oper. Tom. I. pag. 292., Strom. lib. 1. n. 24. pag. 416., lib. 2. n. 20. pag 491., ed altri autori ivi citati nella nota, e Aristotele presso Cicerone De fin. lib. 2. cap. 32., Tuscul. quæst. lib. 5. cap. 35. De Guignes Explication de l’incript. du tombeau de Sardanap. Acad. des Inscript. Tom. XXXIV. Mém. pag. 416. segg. ha cercato di difendere quel sovrano, sostenendo, che i Greci tutti abbiano detto tanto a suo discredito, principalmente perchè non riflettevano, che la condotta di lui avea da interpretarsi secondo gli usi, e lo spirito degli Orientali. Certo si è, che i Greci hanno tenuti i re d Assiria generalmente per molli, ed effeminati, forse perchè menavano una vita ritirata, e amavano la pace, come bene osserva Goguet Della orig. delle leggi, et. Par. I. Tom. I. lib. I. cap. 1. art. iiI., Par. iI. Tom. iI. lib. I. cap. I. Per li varj Sardanapali può vedersi anche Freret Essai sur l’hist. des Assyr. Academ. des Inscr. Tom. V. Mem. pag. 350. segg., il presidente Bouhier Dissertation sur Sardanapale, e il P. Niccolai Il Tobia, diss. 2. pag. 22. segg.
- ↑ Vedi Tom. iI. pag. 102. Queste statue feminili a parlare propriamente non sono Cariatidi, ma Canefore, come osserva contro il nostro Autore, che così le chiama, anche al luogo citato della Storia, e in un altro, e nei Monum. ant. Par. iiI. cap. 1. pag. 219., l’annotatore al Nardini Roma antica, lib. 6. cap. 4. pag. 297. del che per altro non era da menarne tanto rumore. Winkelmann al luogo citato dei Monumenti nomina due Ermi somigliantissimi alla testa di questo Sardanapalo, uno nel palazzo della Farnesina, e l’altro passato da Roma in Sicilia, ove stava già presso i Gesuiti in Palermo, come nota il signor barone Riedesel Voyage en Sicile, ec. let. 1. pag. 19. Si veda la Tav. XXI,, e la spiegazione di essa.
- ↑ Si veda qui appresso Tav. XXII., e ciò che noi diremo nella spiegazione di essa nell’indice delle Tav. in rame allo stesso numero.