Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XXVII

XXVII. Alla stessa - Ad Ancona

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XXVI XXVIII

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XXVII.

ALLA STESSA

ad Ancona

.... Ottobre (1831)

               Cara Marianna,

Si, è verissimo che io sopportavo con dolore ed impazienza il tuo silenzio, e ne avevo ragione, poichè tu mi hai avvezzata ad avere le tue nuove abbastanza sovente, sebbene non tanto, quanto io lo bramerei; ed ora era tanto tempo che non sapevo più nulla di te, e siamo due passi lontano.

Oh quando vai via! io non vedo l’ora che ti allontani, io non posso accostumarmi a sopportare con calma l’idea della tua vicinanza, della possibilità di vederti, di sentirti, di dirti a voce quanto mai mi sei cara, quanto immensamente io ti amo — oh no, non lo posso, non ho tanta forza per sopportarne il dolore senza urlare di rabbia, e dare in moti di disperazione. [p. 73 modifica]

Ma tutto è inutile; la mia sorte è pronunziata.

Io ti ringrazio della tua cara lettera: essa mi ha consolata, ma... Nina è malinconia, ciò mi fa molta pena. E come mai essa non si sfoga con te, non versa nel tuo cuore le sue pene? essa ne proverebbe sollievo, e tu ne saresti meno affitta — ma spero che quando si scioglierà la compagnia con cui siete, allora l'aria di Toscana le gioverà.

A proposito di Toscana, se vuoi niente da Giacomo, sappi ch' egli è a Roma e vi passerà l'inverno.

Sento sempre grandi elogi di te e dei tuoi, e non puoi credere quanto mi ecciti dei battimenti di cuore quando si muove il discorso di questa benedetta opera di Ancona.

Giacchè me lo dici io ti devo credere; ma è questa la prima volta che sento che cotesto teatro la ceda a quello di Fermo, il quale non ha costato certo quanto il primo.

Ma io me ne informerò bene, e se non è vero, guai a te.

Ti rimando la nota dei tuoi libri insieme con vivissimi ringraziamenti perchè non hai sdegnato di compiacermi. Appena io ti feci questa richiesta mi pentii di non avertela fatta a Fermo, da dove non con più facilità, ma con meno pericolo avrei potuto mandarli a prendere; poichè subito mi venne in mente che avrebbero forse potuto ricevere in Ancona qualche soverchieria per parte della inquisizione doganale. Ora però vedo che fra questi non ve ne è che uno che mi avrebbe solleticato un poco e che io non conosco; ma l'ora assai tarda, ed il timore di un' inquisizione più vicina [p. 74 modifica]fa che superi ogni tentazione e mi penta di averti dato inutilmente questa seccatura. Ma io ho veduto anche qui quanto mai sei buona, ed io ti amo e ti ammiro sempre più. Non posso indurre mio fratello a venire costi, ed egli ne avrebbe molto desiderio, ma fortis ut mors dilectio.

- Dimmi quando partirai da Ancona, e dove andrai poscia. Dimmi sempre se mi vuoi bene, e se sei buona; io te lo raccomando assai. Salutami i tuoi genitori, e abbracciami Nina: quella povera ragazza io vorrei vederla più allegra. Ma e non siamo tutte di un umore? Addio, dolcissima anima — io sono tutta tua, e non mi sazio di abbracciarti e di baciarti con la maggiore effusione del mio cuore. Tu sei l'unica mia consolazione. Dimmi che te ne pare di Camerata, e come lo trovi amabile. Me lo hanno descritto per un caro giovine; ma ciò non impedì che il generale tedesco gli desse il grazioso titolo di asino, quando egli si presentò a lui con un certo uniforme, che non mi ricordo quale fosse.

La vostra orchestra continua ancora a suonare prima della sinfonia l'aria sul tema — chi per la patria muor? — Ah quanto siamo valorosi! Cosa diresti se tu vedessi comparirti innanzi quello cui indirizzi le mie lettere? Mi ha detto che ha voglia di venire a sentire l'opera, ed allora ti farebbe una visita a nome mio, e tu conosceresti il maestro di tutti i giovani Leopardi. Ti bacio di nuovo affettuosissimamente.