Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LVIII
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LVIII
ALLA STESSA
a Novara
26 giugno (1835)
Cara Marianna mia,
Come ti dissi nell’ultima mia, appena ricevuta la tua scrissi immediatamente una lunghissima lettera al mio amico, e puoi credere se impiegai tutta l’arte e l’eloquenza di cui sono capace acciò egli s’impegnasse per me. Certo io m’immaginava ch’egli non esiterebbe punto ad usare tutta la sua attività, e mi pareva sicuro che dovesse esservi almeno qualche chance di ottenere l’intento bramato, perchè mi ha fatto vedere realmente che qualche cosa ha potuto. Ora però egli mi scrive che con tutto il cuore s’impiegherebbe e per me e pel Brighenti di cui ha molta stima, se non fosse affatto sicuro di non poter ottenere cosa alcuna.
Varie circostanze hanno cangiato la sua posizione da quella ch’era due anni fa quando ottenne per mio fratello la sopravvivenza al direttore della posta di Ancona, gli hanno fatto perdere il favore di molti, e l’amicizia strettissima che aveva col sotto aiutante di camera del papa, il quale lo ha per il passato favorito in molti e molti casi. Perciò egli mi dice essere impossibile in questo momento di fare quello che il suo cuore e la sua amicizia vorrebbero. Ed io ho letto oggi la sua lettera, e ho scritto questa col cuore pieno di amarezza e di dolore. Oh Marianna mia, io spero che il Cielo e i tuoi amici ti consoleranno una volta, e che tutti voi, o miei cari, riceverete il premio delle vostre virtù.
Mio padre crede che il posto di console pontificio a Milano verrà soppresso; e siccome fu creato per Alborghetti, così ora ch’è morto non venga più rimpiazzato da alcun altro, ma il papà tuo sarà meglio informato del mio. Sai che adesso il nome di Brighenti mi fa provare una certa sensazione (quasi di timore) ch’io non avea mai provata, chè questo nome mi è stato sempre dolcissimo; ma ora mi pare che voi altri siate inquieti con me, e che non dobbiate più amarmi come fino ad ora? Oh sarebbe questo per me il colmo della sciagura, nè io vi ho detto nè vi dico quanto peno a sopportar questa idea, nè qual effetto mi abbia cagionato la lettera ricevuta questa mattina.
Eppure sono avvezza ad avere cattive nuove, a provare i rigori della fortuna, a non vedere mai un raggio di sole; ma vorrei vederti consolata, o mia cara, vorrei vedere compiuti i vostri voti, o anime mie, e allora dimenticherei l’infelicità mia.
Spero che non respingerai il tenerissimo abbraccio ch’io ti do, o mia diletta, e mi rallegro delle nuove tue vittorie. Gli occhi miei non mi permettono di dire altro.