Lettere (Andreini)/Lettera XXI
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Del nascimento della Donna.
istile molto più degno, e molto più alto, ch’io non saprei, non solo descriver con la penna: ma nè pur imaginarmi con l’idea m’ingegnerei, per levarvi così folle passione dal cuore d’accennare scrivendo, o pur qual inesperto Pittore ombreggiar alcuna feminil lode. Dunque se la vostra figlia è nata, non solo per accrescer questo perfettissimo sesso; ma (chi sà) per far voi col tempo felicissimo Padre, à che tanto attristarvi? à che contra ’l voler del Cielo, che sempre opera bene, desiderar un maschio? Oh quanti padri ci sono stati, e tuttavia ci sono, i quali, e sono stati, e sono infelicissimi, e miserissimi per li maschi. Oh quante case, oh quante famiglie, per essi impoverite, infamate, e dessolate. Le patienti donne si contentano di viver in quella soggettione, nellaqual nascono ad una vita regolata, e modesta, si contentano d’haver il breve confine della casa, per dolce prigione, godono della continua servitù, non è lor grave d’esser sottoposte all’altrui severo arbitrio, lor non dispiace lo star in continuo timore, e quando la conoscenza delle cose humane vien loro da gli anni permessa, come quelle, che portano dal nascimento la modestia, e la riverenza, non osano di volger pur uno sguardo in alcuna parte, se prima nol concede chi d’esse hà cura. Quante ci sono, che per far la volontà de’ parenti, senz’alcuna replica si rinchiudono, per sempre trà solitarie mura, e quante ve n’hà, che dovendo sopporre il collo al giogo maritale, per non dispiacer alle altrui voglie, senza dir parola in contrario, pigliano taluno, che meritava di morire prima che nascesse? e con quanta pacienza sopportano poi la maggior parte de i difetti insopportabili de i mariti? I Maschi non son così tosto usciti fuor della disciplina de’ Precettori, che vogliono esser compagni del Padre, poi fratelli, e poi assolutamente padroni. Oh quanti ci sono, che bramando maschi, & ottenendogli, bramano, & ottengono o la morte, o la ruina loro. Il nascimento d’Edippo fu cagion della morte violenta di Laio suo padre, poich’egli di sua mano l’uccise. Quando nacque Paride, nacque l’incendio di Troia, & Hecuba mentre di lui havea grave il seno, sognò di partorir (come sapete) una fiamma grandissima. Sono infiniti gli essempi, ch’io lascio, per non esser prolissa; basta, che le femine, o tutte, o per lo più, apportano contento, & honore alle famiglie. Non vi pare, che si potessero chiamar fortunati appieno que’ padri, da i quali nacquero le sempre famose Corinna, Saffo, Erinna, Aspasia, Diotima, Prasilla Amaltea, Manto, Areta, Carmenta, e tant’altre, che di sapere non sol’agguagliarono; ma superarono gli huomini? Non furono avventuratissimi quelli, del cui ceppo uscirono le valorose Camilla, Hippolita, Zenobia, Hipsicratea, Tomiri, Tiburna, & altre infinite? Non chiameremo noi felicissimi quelli, per cui vennero al Mondo le castissime Penelope, Lucretia, Artemisia, & altre, che sono innumerabili? certo sì. Hor che sapete voi, che non voglia farvi gratia il Cielo, che questa vostra figlia sia un’altra Saffo di sapere, overo una Tomiri di valore, o una Penelope di castità, e potrebbe anch’essere, che per farla più maravigliosa, in lei sola unisse tutte queste gratie singolari; onde la vostra patria havesse molto più da pregiarsi di lei, che Lesbo della sua Saffo, Scithia della sua Tomiri, & Itaca della sua Penelope, consolatevi dunque, e fate grandissima festa del nascimento di questa vostra figlia, laquale spero, che debbia apportarvi infinito contento, e spero ancora, che mi ricorderete nel colmo de’ vostri piaceri per indovina. Vi bacio le mani, e prego Iddio, che per sua bontà ci dia lunga vita, accioche possiam godere delle molte, e maravigliose attioni di vostra figlia.