Lettere (Andreini)/Lettera XIX

XIX. Preghiere Amorose.

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Preghiere Amorose.


E
T è pur vero principio, mezo, e fine di tutti gli amorosi miei tormenti, che voi sola di fredda neve composta, superba ve n’andate innanzi al carro di fuoco, sopra cui guerreggiando Amore ignudo trionfa delle schiere armate senz’esser punto offesa dalle sue fiamme, e da’ suoi strali? Non sono (padrona mia) così amare l’acque del Fonte Esampio, come amare sono le lagrime, che per voi mi cadono continuamente da gli

[p. 17v modifica]occhi; e pur non è sufficiente l’acqua del mio pianto ad intenerire quel durissimo smalto, in cui alteramente stassi quel vostro rigido cuore, contra me così fiero? Si legge, che l’acqua del Fonte Nettannio uccide, chi di lei imprudentemente ne beve, & io assomiglio, con ragione gli occhi vostri à questo Fonte, poiche ad alcuno giamai non fu dato di mirargli, che in un subito vinto, e morto non rimanesse. Deh Dio, poiche non volete con l’amarmi cambievolmente, tener in pace legata l’anima mia à questo petto, almeno con mano di pietade scioglietela da questi tenacissimi legami. Molti dicono, che le pene, & i martiri hanno per lor fine alcun picciol contento; ma pare à me, che i miei hanno per lor fine grande, anzi incredibil tormento. Sarà possibile (desideratissima Signora mia) che à miei giusti preghi sia sempre sorda pietate? siete voi nata, per darmi eterna passione? vi diede il Cielo tanta bellezza, perche la possedeste in mio tormento? scendeste trà noi, per non esser mai sottoposta ad Amore? certo nò. Ravvivate dunque le mie morte speranze, e non isdegnate di ricever in voi una sola favilla di quel fuoco, nelquale già tutto avampo, e mi consumo. Se la Natura, e ’l Cielo non formaron giamai bellezza, com’è la vostra, perche non aggiungete à così rara dote la pietà? non sapete, ch’ella accresce gratia, e virtù à tutte le cose? credete à me, che senza lei il mondo sarebbe un’oscura prigione. Siate hoggimai pietosa del mio male, siate cortese alle mie honeste dimande, e sovengavi, che sempre ad Amor [p. 18r modifica]dispiacque nel suo giustissimo Impero la superbia, e la crudeltà. Se impetrar posso alcuna gratia da voi, concedetemi, che domani io vi ritrovi à casa della Signora N. dove spero, che guardando il mio pallido volto, comprenderete à pieno quel dolore, che per voi patisco, apparendo ne i languidi occhi, e nel mesto sembiante, quello, che dimostrar non possono le mie parole; e forse la muta loro eloquenza havrà forza di mitigare la vostra fierezza. Vivete felice, e ricordatevi, che stà in vostra mano, il tener in aperta prigione l’anima mia, il legar senza catena la mia libertà, il ferir senza ferro il mio cuore, l’avampar senza fuoco il mio petto, e ’l darmi quando volete e vita, e morte.