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D’ISABELLA ANDREINI. 18

spiacque nel suo giustissimo Impero la superbia, e la crudeltà. Se impetrar posso alcuna gratia da voi, concedetemi, che domani io vi ritrovi à casa della Signora N. dove spero, che guardando il mio pallido volto, comprenderete à pieno quel dolore, che per voi patisco, apparendo ne i languidi occhi, e nel mesto sembiante, quello, che dimostrar non possono le mie parole; e forse la muta loro eloquenza havrà forza di mitigare la vostra fierezza. Vivete felice, e ricordatevi, che stà in vostra mano, il tener in aperta prigione l’anima mia, il legar senza catena la mia libertà, il ferir senza ferro il mio cuore, l’avampar senza fuoco il mio petto, e ’l darmi quando volete e vita, e morte.


Preghi d’honesto Amante.


M

ENTRE, ch’io nel profondo delle miserie estreme vissi, trahendo in pianti, in gemiti, e ’n querele i giorni infelici, e le notti angosciose, facendo voi beata, delle miserie mie, vi contentaste, ch’io vivessi; ma hora, che vi mancano i modi, onde possiate, con nuovi tormenti affliggermi, voi volete ch’io muoia, parendovi, che sia grave, & eterno biasmo della vostra, crudeltà il vedermi vivo, e non poter ritrovar inventione di nuova ferità, per tormentarmi. Orsù io morrò, poiche così volete; ma sappiate, che non havrete vittoria allegra della mia morte, perch’io bramo tanto di morire, che morendo mi parerà di cominciar à vivere.


E     2          Del