Lettere (Andreini)/Lettera XCVIII
Questo testo è completo. |
◄ | Lettera XCVII | Lettera XCIX | ► |
Contraposti amorosi honestissimi.
poteste vedere le mie calde lagrime, udir i miei profondi sospiri, saper le mie lunghe vigilie, e comprender in somma le amorose mie pene, lequali sono così possenti, che potrebbono destar pietà ne i freddi, & insensati marmi. Dicono molti, che tutti gli effetti, ritengono in loro della natura delle lor cagioni, & à me par falso, perche, se la cagione è bella, belli ancora (secondo questa opinione) dovrebbon’esser gli effetti: ma non è così, perche dalla vostra bellezza derivano i miei martiri, e pur la cagione è bella, e gli effetti son brutti; ma folle dove mi trasporta il mio tormento? e che falsi argomenti sono i miei? dalla bellezza vostra, nasce l’amor mio, e non i tormenti, dalla vostra crudeltà nascono le mie pene, dunque sarà vero, che gli effetti, riterranno della natura delle lor cagioni; ma voi ben mio contentar vi dovreste, di rimediar con la pietà à quel male, che dalla crudeltà vostra mi viene, considerando, che, se più mi lasciate senza ’l guiderdone della vostra gratia, mi converrà miseramente finir la vita. Forse direte, ch’io non merito così alta ricompensa, io il vi confesso: ma, se non merito io, merita almen la mia fede essend’ella senza pari in terra, come voi sola siete senza paragone al mondo: ma dubbito io, che voi non curiate nè la mia fede, nè l’amor mio. Ah discortese (siami lecito di dir tant’oltre) goderete voi sempre di farmi usar amaro pianto, senza speranza di dolce riso? vi sarà caro di vedermi eternamente cinto d’infelice timore senza mai porgermi occasione di modesto ardire? gioirete della mia mestitia, nè mai mi donerete una breve hora di contento? non può l’humiltà mia vincer l’orgoglio vostro? chiedo pace, e voi mi fate guerra? bramo sperare, e voi mi disperate? vi dimando la vita, e voi mi date la morte? ò fierezza incredibile, ò crudeltà inaudita; ma, se voi siete tanto vaga della mia morte, come mi par di vedere, voi non tenete buon modo, per farmi morire. Voi con gli occhi m’accendete nel cuore un grandissimo fuoco, credendo ch’egli debba incenerirmi, e con la fierezza vostra, mi fate distillar continue lagrime da questi occhi dolenti, pur credendo, ch’elle debban sommergermi, e non v’accorgete, che questi duo effetti (benche ogn’uno per se stesso mortale) m’aiutano à conservarmi in vita; perche allhora, che ’l fuoco procura di farmi rimaner fredda, & arida polve, sopragiunto dall’impeto del pianto perde le sue forze, e non può conseguire nè ’l vostro, nè ’l suo fine. Così mentre le lagrime, vogliono sommergermi, il gran fuoco con esse contende, e leva loro l’impetuosa possanza, onde schernite rimangono. Così mentre l’una, e l’altra di queste morti insieme contrastano volendo ogn’una d’esse di me assoluta vittoria (contrario à quanto per aventura vorreste) mi mantengono in vita. Dunque, se pur volete, ch’i’ muoia, o levate da questo petto il fuoco, che v’accendeste, lasciando, che le lagrime possano far il lor estremo, overo levate da questi occhi le due fonti di pianto, accioche ’l fuoco possa quanto prima incenerirmi, e far voi contenta, e lieta della mia morte, laqual desidererò anch’io quando i’ sappia di gradirvi; e se non fosse, ch’i’ non voglio morir di doppia morte, credendo di contentarvi m’ucciderei di propria mano, ma che? s’io morissi havereste un contento solo, dove che, s’io viverò in tanti affanni n’haverete mille, e mille; con che fine vi prego da chi può darla quella maggior felicità, che per voi desiderar si possa, e che per me (colpa della crudeltà vostra) sperar non debbo.