Lettere (Andreini)/Lettera XCVII
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Della morte d’un figliuolo.
d’un suo figliuolo senza turbarsi punto disse. Io sò d’esser nato mortale, e d’haver generato figliuol mortale. Lessi una volta questi sententiosi versi.
Conviensi al nascer nostro angoscia, e pianto.
Al morir si convien la gioia, e ’l canto.
Perche veramente nascendo nasciamo alle calamità di questo Mondo, e ci liberiamo da quelle per mezo del bene non conosciuto della morte. Soleva dir uno, che non portava invidia se non à coloro, che morivano per tempo, affermando, che chi non muore, ogn’hora patisce morte, e la morte possiam dir, che sia l’ultima medicina de gli affanni, e de gli afflitti. Il morir à tempo è un dono dato dal Cielo. Mi scrivete, che più dell’altre cose vi tormenta, l’esser lui morto così giovene, e quasi innanzi tempo secondo il vostro dire; alche rispondo con vostra pace, che non v’ha alcuno, che muoia innanzi tempo, o dopò tempo, perche ogn’uno ha ’l suo tempo stabilito da Dio, innanzi, o dopò ’l quale altri non può morire. Ogn’uno quando muore, muor vecchio inquanto al suo fine, e giovene inquanto al viver nostro, ch’è sempre brevissimo, ma credete à me, che chi tosto muore si può chiamar felice, perche interviene à lui, come ad uno, che sia sbandito dalla Patria, ilquale con favori ottenendo gratia torna à repatriar tosto. Egli è molto meglio à mio giuditio pianger la morte del figliuol buono, e virtuoso, che sospirar la vita del cattivo, e vitioso. Raccogliete dunque gli spiriti oppressi da inutili, e quasi stolti travagli. Rasciugate le lagrime, e rasserenate la fronte, che ’l continuo affligervi è quasi un’irritarvi il Cielo contra. In vece di pianger pregate, che pregando alla bell’anima accrescerete pace. Ringratiate Iddio di quanto ei fà, che in tal modo potrete esser sicuro d’ottener quiete, e di rimaner consolatissimo nelle avversità di questo Mondo.