Lettere (Andreini)/Lettera XCIV
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Preghiere affettuose.
donna, che vegga il Sole. Se voi non vi date ad intendere, che l’uccider un cuore sia somma lode, non sò vedere, che per altro possiate affliggermi in così fiera guisa. Deh muovavi se non la pietà delle mie pene, almen quella del vostro nome, il quale rimarrà per sempre macchiato, se consentirete, ch’io muoia, colpa delle fiere percosse della vostra alterezza. Non aspettate di pianger morto colui, che vivo uccideste, che allhora non potrete far altro col vostro pentimento, che offender voi stessa, senza punto giovare à chi per vostra colpa sarà fatto nud’ombra, e poca polve. Se voi per contradir alle mie giuste dimande poteste trovare, e mostrarmi alcuna non dirò ragione; ma scusa, certo eleggerei prima (potendo) di non servirvi (ilche à me sarebbe molto più difficile, che tor la luce al Sole) che servendovi farvi offesa: ma che potrete dirmi? direte forse, ch’io non v’ami con quella maggior lealtà, che possa huomo amar donna? direte forse, ch’i’ non sia per perseverar in tal amore sin’all’ultimo di mia vita? direte forse, ch’io bramo troppo, e particolarmente quel che non debbo? Sapete pure, ch’io non desidero se non che ’l mio amarvi, e ’l mio servirvi non vi dispiaccia, e che non vi sia discaro quel cuore, che pieno di fuoco amoroso, acceso da’ bei vostri occhi, prontissimamente vi si donò. Sapete ben voi Signora, che premio del Donatore è il vedere il suo dono gradito, e ch’egli non può, non vuole, e non dee chieder maggior ricompensa di questa. Ahi cruda perche promettete pace con gli occhi, se fate guerra col cuore? perche promettete vita con le parole, se date morte con gli effetti? pensate, ch’ad Amor sia caro, che la bellezza, sola sua possanza, e sola sua forza sia mendace, e piena di mortiferi dardi? non lo credete; perche s’ogni amato facesse professione d’uccider l’amante, in breve tempo ò non havrebbe Regno, o se pur Regno gli rimanesse, egli sarebbe voto di servi, e Signor senza servi, non è punto differente da essi servi. Vi spiri dunque nel cuore bella pietate, e contentatevi di partir meco il raggio divino della gratia vostra, accioche le altre donne, mosse da così degno, e da così nobil’essempio, si dispongano à ricompensar chi le ama. Ma perche forse la lunghezza di questa lettera potrebbe noiarvi, mi risolvo di non passar più oltre; Sol pregherovi, che perdoniate alla mano, & alla penna, se hanno per disaventura conturbato l’animo vostro, e siate certa, che più ’l riguardo della vostra lode, che la pietà delle mie pene, m’ha indotto di questa maniera à scrivervi, parendomi ingiusto, che tanta bellezza, e tanta virtù sia oppressa, & abbattuta da una inconsiderata crudeltà. Viva V. S. felice, e leggendo questa lettera mi mandi un pietoso pensiero.