Lettere (Andreini)/Lettera XC

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Lettera LXXXIX Lettera XCI
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Simili.


D
Ebb’io mia dolce nemica chiamarvi anima mia? certo nò; perch’è proprio dell’anima il dar vita, e voi mi date morte; ma se per voi respiro, come non vi chiamerò io datrice della mia vita? Orsù diciam pure, che per voi vivo, e muoio à guisa della Torcia, laquale s’è volta con la fiamma in giù, vien dalla cera morta, benche dalla cera ella habbia vita. Quallhora ver

[p. 84r modifica]me ridenti volgete quelle serene ciglia, mi date dolcemente la vita: ma quallhora contra me le volgete turbate, mi date amaramente la morte: e voi ben mio havete più caro di darmi morte con la crudeltà, che vita con la pietà, cosa in vero, ch’io non posso pensar senza dolore, nè scriver senza sospiri. Misero me egli è pur vero, che per colpa vostra, questo mio seno è fatto nuova Lerna Palude, dove continuamente vive un’Hidra d’amarissimi tormenti: ma non sia vero, che voi più lungamente godiate del mio fiero martire. Poich’altro far non posso, io voglio (crudel rimedio) estinguer la cocente mia fiamma, col mio continuo pianto. Certo è forza, s’io voglio trarmi dal cuore le spine della vostra crudeltà, ch’io mi tragga dalla mente le rose della vostra bellezza. Uscite de gli infiammati miei spiriti ò pensieri, ch’ad altro non siete intenti, ch’alla divina bellezza di questa micidiale. Ecco, ch’io v’apro le porte del mio seno, e come nemici del mio bene da me vi discaccio. Amore, Speranza, e Fede, sono per me Deità bugiarde, e senza possanza. Io che non vivea per altro, che per servirvi, io che non amai altro in me, che quel pensiero, che di voi mi ragionava, io, che vicino à voi non haveva occhi, se non per mirarvi, e da voi lontano non haveva occhi, se non per lagrimare, son da voi così ingiustamente disprezzato? e vorrò perire in così sciocca perseveranza? nò nò: Gli occhi vostri non saran più chiamati da me dolce, e soave fuoco de’ miei desiri, nè sarà più, ch’io dica, che i raggi loro maravigliosamente creano una segreta gioia [p. 84v modifica]nell’anima mia. Dirò bene (e con verità) che sono la vera cagione d’ogni mio male. Addio dunque begli occhi, coronati di lucidissimi raggi, armatevi pur per altro cuore è di fiamme, e di strali, ch’io inquanto à me spero, che la lontananza spegnerà il vostro cocente ardore, e l’oblio rintuzzerà l’acutezza de’ vostri avelenati dardi.