Lettere (Andreini)/Lettera CXXXI
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Della deliberatione di non più amare.
uscite hoggimai, uscite dello spirito mio pensieri amorosi, contrari troppo alla mia bramata felicità. Io vi chiudo le porte del seno, & vi dò una giusta, e perpetua licenza. Non sarà più, ch’io ami quella beltà infedele, che faceva publicar nel mio petto le amorose leggi, sotto ’l suo nome. Ahi, che perdendo la mia crudelissima Donna, la rimembranza del mio fedel servire, m’insegna l’arte malgrado mio d’obliarla affatto. Questa mia lettera servirà dunque (ingrata) per dirvi l’ultimo addio. Addio ingannevoli giuramenti. Gli essempi del mal passato, mi sono ammaestramenti al ben c’ha da venire: Addio mal concetti piaceri, Addio speranze fallaci, che ’n vece di cari frutti mi deste inutil frondi. Quell’amore, quella costanza, e quella fede, che voi mi prometteste, sono per me state Deità senza potere. Menzognera quand’ogni fiamma è spenta nel vostro cuore voi giurate d’incenerirvi ardendo? chiamarmi vostro spirito, vostra vita, vostr’anima, & aggiunger à queste mill’altre parole dolci sì: ma bugiarde, tolte di bocca alla fraude istessa, per ingannarmi? come non consideraste, che parole sì care non dovevano uscir d’una bocca mentitrice, e d’un cuor infedele? A me, che vivea per servirvi, à me, che non per altro amava il mio cuore, se non perche i’ sapeva, ch’egli ammirava la bellezza vostra, si conveniva un tal inganno? volgete, volgete altrove quei begli occhi coronati di raggi, quegli occhi rilucenti, superbi trionfatori delle anime, che non sarà più, ch’io m’affisi al lor nocivo splendore. Occhi crudi voi non vedrete più i miei bagnati di pianto, colpa dell’haver bevuto ne’ vostri sguardi di fuoco. Io spero, anzi tengo per fermo, che ’l Tempo mi darà fortissime armi contra i vostri fieri colpi, e spero che l’assenza, e l’oblio rintuzzeranno i vostri dardi, e spegneranno le vostre fiamme. Io sciolgo i lacci di quelle bionde chiome, l’onde artificiose delle quali hanno tenuta, per così lunghe stagioni l’anima mia ne gli inquieti flutti d’amarissime doglie, nè fu mai, che ’n così lunghe, e perigliose procelle mi fosse dato di conoscer i giorni de gli Alcioni, poiche non seppi mai che cosa fosse bonaccia, non solo per quindici giorni, come si dice, che impetrano questi fortunati uccelli, quando vogliono depor i lor parti: ma per un’hora sola. Pensai che fosse altra volta legata ne’ vostri nodi la mia felice fortuna: ma hora conosco esservi ritenuta ogni mia infelicità. Addio bella destra, i cui candidi gigli non altra pareggia che la tua sinistra, laquale per esser teco nata ad un parto è stata con te parimente dotata delle stesse gratie. Addio bella mano, che tante volte, con desiderate lettere mostrasti di scriver privilegi di vita, e scrivesti sentenze di morte. Addio bocca di rose, intorno à cui volano quasi Api gli Amoretti leggieri, per cibarsi di quel mele, che per gli amanti infelici si muta in amarissimo assentio. Addio lusinghiere parole, che con arte sì mirabile sapeste incantar i miei sensi, io non trovo altro rimedio con contr’al vostro dolce veleno, che ’l non credervi; ma che dico? che parlo? che vaneggio? qual fosca nube l’intelletto m’ingombra? e qual insano pensiero mi fa così muover la penna? io tratto di scior i nodi pur troppo stretti, e pur troppo cari di quelle chiome? io credo d’estinguer le sempre vive fiamme, e di fuggir le giuste, e possenti leggi di quegli occhi vincitori, come se ’l mio volere fosse ancor mio? nò, nò. L’amor ch’io vi porto non può esser vinto nè dal Tempo, nè dalla Ragione, quando però i’ potessi per alcuna occorrenza, o vera, o finta haver ragion di non amarvi. La Morte sola à cui cedono tutti i desiri, porta in mano le chiavi della mia grata prigione. Dirò dunque Addio à te solo Addio pieno di troppo ardire, e d’inconsiderata audacia. Addio ingiusti, e leggieri disegni, Addio parole insensate, à cui per giusta punitione si dovrebbe una lunga avversità, se l’eccesso d’amore non havesse cagionato il difetto del vostro dire.