Lettere (Andreini)/Lettera CXXV

CXXV. De i pensieri strani de gli amanti.

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CXXV. De i pensieri strani de gli amanti.
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De i pensieri strani de gli amanti.


Q
Uando io vi rividi (ò bellissima Donna) poco mancò, che ’l riscaldato sangue non facesse di nuovo nascer amore nell’anima mia, perche non sì tosto gli occhi mirarono il caro obbietto del vostro gratiosissimo volto, che d’insolito modo sentij agitarmisi il cuore, & era ’l moto così frequente, ch’appena potea capir nel seno; e lusingato, e dolcemente allettato lo spirito mio dalla gratia vostra, parea che non volesse rimaner più meco, è ch’egli amaramente si pentisse d’essersi pentito d’amarvi; e fuor d’ogni misura dispiaceva al mio pensiero, d’essersi disingannato de’ suoi amorosi inganni: nè potrei dirvi quanto dispiacque alla mia ragione d’esser divenuta ragionevole, e quanto dolse alla mia mente d’essersi

[p. 124r modifica]fatta savia; onde meco stesso dolendomi, io dicea. ò bella mano il cui candido avorio fa, che mille anime si pregiano d’esser tue prigioniere, quanto, quanto mi spiace d’haver disciolti quei cari nodi, co’ quali mi legasti, colpa della mia insofferenza, che tolerar non seppe quei soavi martiri, ch’amando i’ sostenni. O mal accorto accorgimento mio, poiche per dubbio delle spine lasciai le rose. Ah ben è vero, che ’l rigor della nemica mia stella ha voluto sempre senza pietà perseguitarmi, perche ogn’hor i miei giorni lagrimosi, & oscuri. Io, io privo di giuditio, per desiderio di farmi savio divenni pazzo, poiche pazzo è colui, che fugge il ben presente, per dubbio del mal, c’ha da venire. Doveva io per desiderio di viver di non lodevol vita, lasciar di morire di così degna morte? che maladetti siano gli insensati miei sensi, che malamente consigliando gli offesi spiriti estinsero il nobil fuoco dell’infiammata anima mia. Io, che ardendo era fatto chiaro lume d’amore ammorzando la mia bella fiamma non fu proprio un levarmi il giorno, ponendomi in oscurissima notte? dunqu’era meglio l’uccidermi, che ’l pormi in così caliginose tenebre: ma se ’l voler nostro può ciò, ch’ei vuole, io voglio di nuovo raccender nel mio petto quest’honorato fuoco quand’anch’i’ fossi certo, che ’l corpo ardendo in cenere dovesse convertirsi. Rimangasi pure il mio consiglio di consigliarmi in contrario, se non vuole, che sconsigliato ’l chiami, che troppo è soave il languir per così bella, e gratiosa donna. Fermisi la mia ragione di querelarsi, e di dolersi, [p. 124v modifica]perch’io voglio così volere, poiche di fuoco sì bello sarà anche il cener bello. Così meco discorrendo ò dolc’esca, e caro focile del mio quasi ravvivato incendio, parea che di nuovo Amore fosse vincitore della mia volontà, io facea guerra à me stesso, e con tal piacere debellava i già guerrieri spiriti, che servendo à voi sola mi parea di comandar ad ogn’uno: ma non così tosto, feci passar davanti à gli occhi dell’animo l’ingiusta tirannide de gli aspri antichi tormenti ingiustamete sofferti da quest’anima amante, ch’io ritrovai ottimo dittamo contra le nuove ferite. Lasciai che la memoria si ricordasse, che quel vostro cuore senza pietà d’altro non godeva, che delle mie lagrime de’ miei sospiri, delle mie pene, e di veder la mia fede à suoi piedi prostrata dimandar invano giusto guiderdone. Hor non sia vero, che per un lieve diletto io voglia di nuovo sostener il grave giogo di non gradita servitù. Non sia vero, ch’i’ torni sotto l’ingiusto impero delle vostre oblique leggi. S’io havessi di nuovo cuor per amarvi, certo non havrei cuore, e se la mia ragione à ciò mi consigliasse, ella sarebbe veramente senza consiglio. Se voi uccideste l’amor mio, à me par impossibiile, che possiate più dargli vita, nè a me par convenevole di rannodar i già disciolti lacci, & arruotar l’armi rintuzzate, perche possiate più fiera che mai e legarmi, & uccidermi: L’amara rimembranza delle andate miserie sarà dolce cagione, ond’io conservi la mia cara libertà. Così quando pensai d’esser vinto da Amore feci risolutione di vincer me stesso.