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LETTERE

perch’io voglio così volere, poiche di fuoco sì bello sarà anche il cener bello. Così meco discorrendo ò dolc’esca, e caro focile del mio quasi ravvivato incendio, parea che di nuovo Amore fosse vincitore della mia volontà, io facea guerra à me stesso, e con tal piacere debellava i già guerrieri spiriti, che servendo à voi sola mi parea di comandar ad ogn’uno: ma non così tosto, feci passar davanti à gli occhi dell’animo l’ingiusta tirannide de gli aspri antichi tormenti ingiustamete sofferti da quest’anima amante, ch’io ritrovai ottimo dittamo contra le nuove ferite. Lasciai che la memoria si ricordasse, che quel vostro cuore senza pietà d’altro non godeva, che delle mie lagrime de’ miei sospiri, delle mie pene, e di veder la mia fede à suoi piedi prostrata dimandar invano giusto guiderdone. Hor non sia vero, che per un lieve diletto io voglia di nuovo sostener il grave giogo di non gradita servitù. Non sia vero, ch’i’ torni sotto l’ingiusto impero delle vostre oblique leggi. S’io havessi di nuovo cuor per amarvi, certo non havrei cuore, e se la mia ragione à ciò mi consigliasse, ella sarebbe veramente senza consiglio. Se voi uccideste l’amor mio, à me par impossibiile, che possiate più dargli vita, nè a me par convenevole di rannodar i già disciolti lacci, & arruotar l’armi rintuzzate, perche possiate più fiera che mai e legarmi, & uccidermi: L’amara rimembranza delle andate miserie sarà dolce cagione, ond’io conservi la mia cara libertà. Così quando pensai d’esser vinto da Amore feci risolutione di vincer me stesso.


Della