Lettere (Andreini)/Lettera CXXVI
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Della volubiltà.
ingiurie delle vostre mutationi infelicemente si seccarono senza pur mostrar un segno, che verdeggiassero. Poco al parer mio dee gradir il Cielo coloro, che s’astengono dal male, per timor della punitione, e molto quelli, che operano bene, non con altra intentione che di far bene. Così hanno da esser poco accetti ad Amore coloro, che s’astengono d’amare, per non sentir passione: ma infinitamente dee stimar quelli, che senza speranza di bene sopportano quant’hà di lagrimoso nel suo Regno. E molto meglio ardendo esser abbandonato da una ragione, non ragionevole, ch’estinguer senza ragione una fiamma, ch’altrui illustra; onde per punitione di così grave fallo è poco un tardo pentimento, bisognerebbe, che per mano dell’offesa donna riceveste una presta morte, e voi, che ben ciò conoscete, vorreste ravvivar quel fuoco, che sol per vostra colpa si spense: ma d’un’amor morto per difetto d’affetto la cenere è troppo fredda, e l’istesso Amore sdegna, e sprezza quelle anime leggiere, e volanti, ch’or si chiamano vinte, & hor vincenti, e che avvolte nell’incostanza de’ lor martiri hor vivono, & hor muoiono. Amore ama quelli, che son sempre à lor medesimi somiglianti; ma certo amerà voi, poiche sempre siete simile à voi stesso, nel variar pensiero. Bisogna haver sempre, un cuore, un’affetto, & una fede, poiche per altro modo non si possono meritare le infinite dolcezze del suo giusto Imperio. Amante più d’ogn’altro ingrato, pensate voi d’iscusarvi per accusar la donna, che sì malamente sapeste amar, e servire? Voi vi lamentate, che le vostre passate miserie non hebbero giamai ricompensa. O querele ingiuste, ò lamenti rei d’eterna punitione. S’haveste giuditio non vi lamentareste di non esser stato guiderdonato, ma v’increscerebbe d’haver chiesto molto più di quello, che la vostra non fida servitù meritava; ma godete dell’immortalità, che vi siete acquistata per mezo della vostra volubiltà. Ben havete mostrato d’esser meno che huomo, poiche non havete saputo sopportar quello, che tutti gli altri sopportano. Vedete quai mali nascono dall’inconsiderata incostanza, poiche per sua colpa siete ridotto à tale, che da voi stesso discorde non vi contentate di qual cosa si sia, non sapete ciò, che vi piaccia, e quello, che più v’aggrada, più abborrite. Sforzate voi stesso per l’avvenire, e se (che potrebb’esser) succederà, ch’altra donna da voi sia amata, procurate d’armarvi di fermezza, e di fede. Non vi sian discari i martiri, servite assiduamente, siate amico d’un modesto silentio, che allhora non vi sarà spiacevole il languire, e con gloria vostra vincerete l’amata donna, Amore, e voi stesso.