Lettera a Filippo Tommaso Marinetti (22 febbraio 1909)
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22 febbraio 1909
Come! Un ribelle che vorrebbe mandare al diavolo i musei, le accademie, le cattedre, le biblioteche mi viene ora a parlare di scuole poetiche e crede sul serio di averne fondata una nuova, e ne dà perfino il programma e la falsariga?
Che cosa importa al poeta di classici e di romantici, di realisti, di idealisti, di simbolisti, di liberisti e di decadenti?
L'obbligo del poeta non è di fondar nuove scuole o di aggregarsi alle antiche: egli ha soltanto il dovere di esprimere sè stesso e di rappresentare la realtà come egli la vede e la sente, con tutta sincerità, col calore e il candore dell'anima sua; l'opera d'arte è individuale, non sociale: il capolavoro esce da un cuore e da un intelletto solo, non da una società in accomandita.
Il Poeta è la voce, la scuola è l' eco; il Poeta è il genio, il precursore, l'apostolo, e spesso anche il martire di una Idea di bellezza e di verità: la scuola è la setta, la chiesuola combriccola.
Il poeta, che si occupi di scuole futuriste, presentiste e passatiste che siano, rinnega sè stesso, indossa la guarnacca di critico e di maestro di poesia: la critica sta all'arte come la teologia alle religione, come la chimica alla natura.
La Poesia è di due specie sole: la buona e la cattiva.
Poesia buona e vera e universale è quella che dà vita a tutto ciò che tocchi, che trasforma ogni cosa in materia d'arte, in sensibile l'intelligibile, i pensieri in immagini: quella che commove, trascina, infiamma ed esalta i cuori e le menti.
Tale poesia è di tutti i tempi e di tutti i paesi: Omero, Dante, Shakespeare sono e saranno conterranei e contemporanei di tutte le generazioni.
Dia dunque il prezzemolo ai pappagalli, mio caro signore; si affermi solo con l'audacia, la forza, la fede selvatica del suo cuor di poeta.
Sogni, si ribelli, si avventi a tutte le bastiglie del pensiero e della volontà, con l'odio e l'amore di cui la sua giovinezza è capace; ma non isdegni, per carità, l'assistenza e la luce della Ragione.
Questo è l'augurio e la speranza del suo
M. Rapisardi, passatista.