Poesie della contessa Paolina Secco-Suardo Grismondi/Lesbia Cidonia a Palide Lidio

Lesbia Cidonia a Palide Lidio

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Lesbia Cidonia a Palide Lidio
Di sua eccellenza don Baldassare Odescalchi Al signor Anton Maria Le Mierre

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LESBIA CIDONIA

A


D’alto incendio di guerra arde gran parte
     D’Europa, e intorno a lei scorre fremente
     3Colla orribil quadriga il fiero Marte;

L’Istro e la Neva il sanno, il sa la gente
     Che la Vistola beve, e sì vicine
     6Del crudo Nume le minacce or sente,

Che a lei si avventa, qual per nevi alpine
     Torrente altier che giù tra balzi scende,
     9E mugghiando terror sparge e ruine.

E d’intorno alla Senna oh quai più orrende
     Desta empie faci la discordia, oh quale
     12Onda immensa di fumo al Ciel ne ascende!

Cresce il rio foco, incontro a cui non vale
     Di leggi schermo, e va di tetto in tetto
     15Sin che la Reggia furibondo assale.

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Oh Reggia, oh mura di piacer ricetto
     Di gloria un dì, come di lutto or siete
     18E di spavento ahi lagrimoso obbietto!

Ma dove o carmi miei che amar dovete
     D’umili canne il suon, dove sì audace
     21Per sentiero non vostro il vol stendete?

Ah che in queste ov’io seggio, e dove tace
     Ogni strepito d’armi, apriche rive
     24Miti accenti sol chiede amica pace;

E in dolce ozio tranquillo imbelli e schive
     Sempre abborriro il marzïal furore
     27Di pace amanti le Castalie Dive.

Poichè d’ira fremendo e di dolore
     Coll’Egizia Regina il Nil raccolse
     30Nel ceruleo suo sen le frante prore,

E poichè Augusto vincitor si sciolse
     Dall’aspro usbergo, e il non più dubbio Impero
     33Con soavi a bear leggi si volse,

Nè più Bellona il sanguinoso e fiero
     Suo flagello agitò, nè più le genti
     36Impallidìr di trombe al suon guerriero,

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Delle Muse all’invito impazïenti
     Corsero i Vati al Tebro, e non pria uditi
     39Gl’insegnaro a ridir febei concenti.

Maro gli affanni allora, e gl’infiniti
     Cantò dal Teucro Eroe varcati orrori
     42Seguendo il fato, i venti, i Lazii liti.

Narrò Tibullo i suoi teneri ardori
     Dolci note accordando a flebil cetra,
     45Che Amor di propria man spargea di fiori:

E mentre ei Delia e la vezzosa all’etra
     Nemesi alzava, i forti inni sciogliea
     48Il Venosin dalla Dircea faretra,

Ond’or bei nomi al tardo obblìo togliea,
     Ed or di rose intatte, e mirtee fronde
     51Serti a Glicera e a Lalage tessea.

Chiare in quegl’inni di Brandusia l’onde
     Splendono ancor dopo tant’anni, ancora
     54Il Lucretile amene ombre diffonde.

Oh come a tanti eletti Cigni allora
     Eco fean lieta i colli e le beate
     57Rive cui lambe il biondo Tebro e infiora!

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Nè lungo a quelle rive avventurate
     Or men vivace la sua fiamma spira
     60De’ carmi il Genio a cent’alme bennate.

Roma, superba Roma, abbatter l’ira
     Te non poteo del tempo, ancor nudrice
     63Te dell’arti d’Apollo il mondo ammira.

Vedi qual Figlio oggi additar ti lice,
     Di Mecenate a un tempo, e degli Ascrei
     66Cultor più esperti emulator felice.

Palide egli è. Con piena man gli Dei
     Ricchezze in lui versaro e onori e quanti
     69Pregi ornar ponno un’alma eccelsi e bei.

Chi di cetre le fila auree sonanti
     Più dotto a ricercar, chi più gradite
     72Rime elette a temprar fia che si vanti?

Voi che sovente la sua voce udite
     Campagne amene, e voi d’Arcadia al Dio
     75Diletto albergo, ombrose selve il dite.

Ed oh potessi, o selve, un giorno anch’io
     A Lui d’appresso offrirgli in seno a voi
     78Di grat’animo in segno il canto mio!

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Egli il mio nome co’ begl’inni suoi
     Volle fregiar, e a eternità il commise
     81Che i nomi ha in guardia de più chiari Eroi;

Ei sin dai sette colli amico arrise
     Agl’incolti miei carmi, e là talvolta
     84Intorno intorno a verdi allor gl’incise.

E quando il fato estremo avrammi tolta
     La dolce aura di vita, e fia da questo
     87Infermo vel l’ignuda alma disciolta,

Nè più forse sarà chi sul funesto
     Sasso ove l’ossa mie chiuse staranno
     90Un guardo sol volga pietoso e mesto,

E immemori di me forse ahi! saranno
     Que’ che amici sperai, pur sempre chiara
     93Vita i miei versi glorïosi avranno
Poichè, Palide, a Te Lesbia fu cara.