Leonardo prosatore/Scritti sull'arte/III/H

H. — Il paesaggio.

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III - G Schizzi d'architettura civile e militare
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CHE COSA DEVE CONOSCERE IL PITTORE.

H - IL PAESAGGIO.
Quello no fia universale cho non ama equalmente tutte le cose che si contengono nella Pittura, come se uno no li piace li paesi, esso stima quelli esser cosa di brieve e semplice investigazione...

Tratt. d. Pittura, Ludwig, 60.





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IL PAESAGGIO




Del specchiamento e colore dell’acqua del mare
veduto da diversi aspetti.

Il mare ondeggiante non ha colore universale, ma chi lo vede da terra ferma, el vede di colore oscuro; e tanto più oscuro, quant’egli è più vicino all’orizzonte, e védevi alcun chiarore over lustri, che si movano con tardità a uso di pecore bianche nelli armenti; e chi vede il mare stando in alto mare lo vede azzurro. E questo nasce (perchè da terra il mare pare oscuro), perchè tu vedi in lui l’onde, che specchiano la oscurità della terra, e d’alto mare paiono azzurre perchè tu vedi nell’onde l’aria azzurra de tale onde specchiate.

Effetti di nebbia alla mattina.

La mattina, la nebbia è più folta in verso l’altezza che nella sua bassezza, perchè il sole l’attrae in alto, onde li edifizi grandi, ancora che ti sia lontana la cima quanto il fondamento, essa cima ti fia [p. 224 modifica] ignota. E per questo il cielo si dimostra più oscuro in verso l’altezza e inver l’orizzonte e non azzurreggia, anzi è tra fumo e polvere.

L’aria infusa colle nebbie è interamente privata d’azzurro, ma solo par di quel colore de nugoli che biancheggiano quando ’l tempo è sereno, e quanto più riguardi, verso occidente tu la troverai più oscura, e più lucida e chiara verso l’oriente. E le verdure de le campagnie in mezzana nebbia azzurreggiano alquanto, ma negreggiano nella più grossa...

Quando il sol s’innalza e caccia le nebbie, e si comincia a rischiarare i colli da quella parte donde esse si partano, e’ fansi azzurri e fumano in verso le nebbie fuggenti, e li edifizi mostrano lumi e ombre, e nelle nebbie men folte mostran solo i lumi e nelle più folte niente; e questo è quando il moto della nebbia si parte traversalmente, e allora i termini d’essa nebbia saranno poco evidenti coll’azzurro dell’aria, e in verso la terra parrà quasi polvere che s’innalzi. Quanto l’aria sarà più grossa, li edifizi delle città e li alberi delle campagnie parranno più rari; perchè sol si mostreranno i più eminenti e grossi.


Nessun corpo opaco è sanza ombra o lumi, se non è nella nebbia, sopra terra coperta di neve, e el simile fa quando fiocca in campagnia: essa fia sanza lume e sarà circundata dalle tenebre. [p. 225 modifica]

Della polvere.

La polvere che si leva pel corso d’alcuno animale, quanto più si leva più è chiara, e così più scura quanto men s’innalza, stante essa infra ’l sole e l’occhio.

Del fumo.

Il fumo è più trasparente e scuro inverso li stremi delle sue globulenzie che inverso i loro mezzi.

Il fumo si move con tanta maggiore obliquità quanto il vento suo motore è più potente. Sono li fumi di tanti varii colori quante sono le varietà delle cose che lo generano.

Li fumi non fanno ombre terminate, e li suoi confini sono tanto men noti quanto essi son più distanti dalle loro cause, e le cose poste dopo loro sono tanto meno evidenti quanto li gruppi del fumo sono più densi, e tanto sono più bianchi quanto sono più vicini al principio, e più azzurri inverso il fine.

Il fuoco parrà tanto più scuro quanto maggior somma di fumo s’interpone in fra l’occhio e esso fuoco. Dove il fumo è più remoto, le cose son da lui men occupate.

Fa il paese con fumo a uso di spessa nebbia, nella quale si vegga fumi in diversi lochi colle lor fiamme, ne’ principii, alluminatrici delle più dense globulenzie [p. 226 modifica] d’essi fumi; e li monti più alti più sieno evidenti che le loro radici, come far si vede alle nebbie.

[Era sotto di questo capitulo un rompimento di montagna, per dentro delle quali rotture scherzava fiamme di fuoco, disegnate di penna e ombrate d'acquarella, da vedere cosa mirabile e viva]1.

Tramonti.

Quando il sole è in occidente, le nebbie che ricascano ingrossano l’aria, e le cose che non son vedute dal sole restano oscure e confuse, e quelle che dal sole fieno alluminate rosseggiano e gialleggiano, secondo ch’el sole si dimostra all’orizzonte. Ancora le case, che da questo sono alluminate, sono forte evidenti, e massime li edifìci e case della città e ville, perchè le loro ombre sono oscure, e pare che tale lor certa dimostrazione nasca di confusi e incerti fondamenti2 ; perchè ogni cosa è d’un colore se non è veduta da esso sole.


Bello spectacolo fa il sole quando è in ponente, il quale allumina tutti li alti edifici delle città e castella, e gli alti alberi delle campagne, e li tinge del suo colore, e tutt’il resto da lì in giù rimane di poco rilevo, perch’essendo solamente alluminato dall’aria, essi [p. 227 modifica] hanno poca differenzia dalle loro ombre ai loro lumi, e per questo non spiccano troppo; e le cose ch’infra queste più s’innalzano sono tocche dai razzi solari, e, com’è detto, si tingono nel loro colore. Onde tu hai a torre del colore di che tu fai il sole, e hanne a mettere in qualunche colore chiaro co’ li quali tu allumini essi corpi.


Quando il sole fa rosseggiare i nuvoli dell’orizzonte, le cose che per la distanzia si vestivano d’azzurro, fieno partecepanti di tale rossore, onde si farà una mistione infra azzurro e rosso, la quale renderà la campagna molto allegra e gioconda; e tutte le cose fieno alluminate da tale rossore, che sieno dense, saranno molto evidenti e rosseggiaranno3. E l’aria per essere trasparente arè in sè per tutto infuso tal rosseggiamento, onde si dimostrerà del colore de fiore de lili.

Vento.

Nella figurazione del vento, oltre al piegare de’ rami e il roversciare le sue foglie inverso lo avvenimento del vento, si debbe figurare li rannugolamenti della sottil polvere mista colla intorbidata aria.


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Molto più chiari paiono li alberi e prati riguardando quelli di dietro alla fuga del vento, che inverso il suo avvenimento. E questo nasce che ciascuna foglia è più pallida da riverscio che dal suo diritto, e chi le guarda dirietro alla fuga del vento, le vede da riverscio; e chi le risguarda in contro all’avvenimento del vento, le vede ombrose, perchè li sua stremi si piegano e adombrano inverso il suo mezzo e oltra questo si veggano per lo verso del suo diritto.

La somma dell’albero fia più piegata dalla percussione del vento la quale ha li rami più sottili e lunghi, come salici e simili.

Se l’occhio fia infra l’avvenimento e la fuga del vento, li alberi li mostraranno più spessi li loro rami di ver l’avvenimento d’esso vento che di ver la fuga, e questo nasce ch’el vento che percote le cime d’essi alberi a lui volte, s’appoggia alli altri rami più potenti, onde quivi si fanno spessi e di poca trasparenzia; ma li rami oppositi, percossi dal vento che penetra per la trasforazione dell’albero, si remuovono dal centro della pianta e si rarificano.

Quelli alberi sono più piegati dal corso del vento li qual sono più alti.

Le piante che fien più spesse di foglie più fieno piegate dalla percussione del vento.

Nelle gran selve e nella biade e prati fien vedute l’onde fatte dal vento non altrimenti che si vegghino nel mare o pelaghi. [p. 229 modifica]

Del principio d’una pioggia.

La pioggia cade infra l’aria, quella oscurando con livida tintura, pigliando da l’un de’ lati il lume del sole, e l’ombre dalla parte opposita, come far si vede alle nebbie, e scúrasi la terra, che da tal pioggia l’è tolto lo splendore del sole; e le cose vedute di là da essa sono di confusi e inintelligibili termini, e le cose che saranno più vicine all’occhio fieno più note; e più note saranno le cose vedute nella pioggia ombrosa che quelle della pioggia alluminata, e questo accade perchè le cose vedute nelle ombrose piogge solo pèrdeno li lumi principali, ma le cose che si veggono nelle luminose perdono il lume e l’ombre, perchè le parti luminose si mischiano co’ la luminosità della alluminata aria, e le parti ombrose sono rischiarate dalla medesima chiarezza della detta aria alluminata.

De’ nuvoli sotto la luna.

Il nuvolo che si trova sotto la luna è più scuro che nessuno degli altri, e li più remoti sono più chiari; e la parte del nuvolo ch’è trasparente, dentro e infra li stremi d’esso nuvolo, par più chiaro ch’alcun’altra simile parte ch’è nelle trasparenzie delli nuvoli più remoti, perchè in ogni grado di distanzia il mezzo de’ nuvoli si fa più chiaro, e le lor parti chiare si fanno più opache, rosseggianti di [p. 230 modifica] mortificato rossore4; e li stremi delle loro oscurità entraviste nella trasparente loro chiarezza sono di termini fumosi e confusi, e ’l simile fanno li stremi delle loro chiarezze che terminano co’ l’aria.

E li nuvoli di piccola grossezza son tutti trasparenti, e più inverso il mezzo che nelli stremi, ch’è colore smorto rosseggiante in colore rozzo e confuso. E quanto li nuvoli sono più discosti dalla luna, il loro lume è più albo, che avanza intorno all’ombrosità nel nuvolo, e massime di verso la luna5, e quel ch’è sottile non ha negredine, e poco albore, perchè in lui penetra la oscurità della notte che si mostra nell’aria.

Una fortuna di venti e di pioggia.

I.

Vedesi l’aria tinta d’oscura nuvolosità nelli apparecchi delle procelle overo fortune del mare (le quali sono mischie di pioggia e di venti), con serpeggiamenti delli tortuosi corsi delle minaccianti [p. 231 modifica] folgori celesti, e le piante piegate a terra co’ le aroversiate foglie sopra li declinanti rami, le quali pare voler fuggire dalli loro siti, come spaventate dalle percussioni delli orribili e spaventosi voli de’ venti, fra li quali s’infonde li revertiginosi corsi della turbulenta polvere e arena delli liti marini; l’oscuro del cielo si fa campo di fumolenti nuvoli, li quali percossi dalli solari razzi, penetrati per le opposite rotture de’ nuvoli, percotano la terra, quella alluminando sotto le loro percussioni; li venti, persecutori della polvere, quella con grupolenti globosità levano a balzo infra l’aria, con colore cineruleo, mista con li rosseggianti razzi solari di quella penetratori. Li animali, sanza guida, spaventati discorrano a rote per diversi siti. Li tuoni, creati nelle glubuolose nuvole, scacciano da sè le infuriate saette, la luce delle quali allumina l’ombrose campagne in diversi luochi.

II.

Se voi figurare bene una fortuna, considera e poni bene i sua effetti, quando il vento, soffiando sopra la superfizie del mare e della terra, rimove e porta con seco quelle cose che non sono ferme co’ la universal massa.

E per ben figurare questa fortuna, farai in prima li nuvoli spezzati e rotti dirizzarsi per lo corso del vento, accompagniati da l’arenosa polvere, levata da’ liti marini, e rami e foglie levati per la potenzia [p. 232 modifica] del furore del vento, isparsi per l’aria, e, in compagnia di quelle, molte altre leggere cose. Li arbori e l’erbe piegate a terra quasi mostrarsi voler seguire il corso de’ venti, co’ rami storti fori del naturale corso e con le scompigliate e rovesciate foglie. E li omini che lì si trovano, parte caduti e rivolti, per li panni e per la polvere, quasi sieno sconosciuti; e quelli che restano ritti sieno dopo qualche albero abbracciati a quelli, perchè il vento non li strascini; altri, con le mani a li occhi per la polvere, chinati a terra, e i panni e capegli dritti al corso del vento. Il mare turbato e tempestoso sia pieno di retrosi e schiuma infra le elevate onde, e il vento levare, infra la combattuta aria, della schiuma più sottile a uso di spessa e avviluppata nebbia. I navili che dentro vi sono, alcuni se ne facci co’ la vela rotta e i brani d’essa ventilando infra l’aria in compagnia d’alcuna corda rotta, alcuni alberi rotti, caduti, col navilio intraversato e rotto infra le tempestose onde; certi omini gridanti abbracciare il rimanente del navilio. Farai li nuvoli cacciati dagl’impetuosi venti, battuti nell’alte cime delle montagnie, fare [contro] a quelle avviluppati retrosi a similitudine de l’onde percosse nelli scogli. L’aria spaventosa per le iscure tenebre fatte in nell’aria dalla polvere, nebbia e nuvoli folti. [p. 233 modifica]

Primi appunti per il «Diluvio».

Tenebre, vento, fortuna di mare, diluvio d’acqua, selve infocate, pioggia, saette del cielo, terremoti e ruina di monti, spianamenti di città.

Venti revertiginosi che portano acqua, rami di piante e omini infra l'aria.

Rami stracciati da’ venti, misti col corso de’ venti, con gente di sopra.

Piante rotte, cariche di gente.

Navi rotte in pezzi, battute in iscogli.

Delli armenti, grandine, saette, venti revertiginosi.

Gente che sien sopra piante, che non si posson sostenere, alberi e scogli, torri, colli pien di gente, barche, tavole, madie e altri strumenti da natare, colli coperti d’uomini e donne e animali, e saette da’ nuvoli che alluminino le cose.

Figurazion del Diluvio.

I.

L’aria era oscura per la spessa pioggia, la qual con obliquo discenso piegata dal traversal corso de’ venti, faceva onde di sè per l’aria, non altrementi che far si vegga alla polvere, ma sol si variava perchè tale innondazione era traversata delli [p. 234 modifica] lineamenti che fanno le gocciole dell’acqua che discende. Ma il colore suo era tinto del fuoco generato dalle saette fenditrici e squarciatrici delli nuvoli, e vampi6 delle quali percoteano e aprivano li gran pelaghi delle riempiute valli, li quali aprimenti mostravano nelli lor ventri7 le piegate cime delle piante.

E Nettuno si vedea in mezzo all’acque col tridente e vedeasi Eulo colli sua venti ravviluppare le notanti piante diradicate, miste colle immense onde.

L’orizzonte, con tutto lo emisperio, era turbo e focoso, per li ricevuti vampi delle continue saette. Vedeasi li omini e uccelli che riempiean di sè li grandi alberi, scoperti dalle dilatate onde, componitrici delli colli, circondatori delli gran balatri8.

II.

Vedeasi la oscura e nubolosa aria essere combattuta dal corso di diversi venti, e avviluppati dalla continua pioggia e misti colla gragnuola, li quali or qua or là portavano infinita ramificazione delle stracciate piante, miste con infinite foglie. Dintorno vedeasi le antiche piante diradicate e strascinate dal [p. 235 modifica] furor de’ venti. Vedeasi le ruine de’ monti, già scalzati dal corso de’ lor fiumi, ruinare sopra li medesimi fiumi e chiudere le loro valli; li quali fiumi ringorgati allagavano e sommergevano le moltissime terre colli lor popoli. Ancora avresti potuto vedere, nelle sommità di molti monti, essere insieme ridotte molte varie spezie d’animali, spaventati e ridotti al fin dimesticamente, in compagnia de’ fuggiti omini e donne colli lor figlioli. E le campagnie coperte d’acqua mostravan le sue onde in gran parte coperte di tavole, lettiere, barche, altri vari strumenti, fatti dalla necessità e paura della morte, sopra li quali eran donne, omini colli lor figliuoli misti, con diverse lamentazioni e pianti, spaventati dal furor de’ venti, li quali con grandissima fortuna rivolgevan l’acque soctosopra insieme colli morti, da quella annegati. E nessuna cosa più lieve che l’acqua era che non fussi coperta di diversi animali, e quali, fatta tregua, stavano insieme con paurosa collegazione, infra’ quali eran lupi, volpi, serpi e d’ogni sorte9, fuggitori della morte. E tutte l’onde percuotitrice de’ lor liti, combattevan quelli, colle varie percussioni di diversi corpi annegati, le percussioni de’ quali uccidevano quelli alli quali era restato vita.

Alcune congregazioni d’omini aresti potuto vedere, le quali con armata mano difendevano li piccoli siti che loro eran rimasti, da lioni, lupi e animali rapaci, che quivi cercavan lor salute. Oh [p. 236 modifica] quanti romori spaventevoli si sentivan per l’aria scura, percossa dal furore de’ tuoni e delle fulgori da quelli scacciate, che per quella ruinosamente scorrevano, percotendo ciò che s’opponea al suo corso! Oh quanti aresti veduti colle propie mani chiudersi li orecchi per schifare l’immensi romori, fatti per la tenebrosa aria dal furore de’ venti misti con pioggia, tuoni celesti e furore di saette!

Altri, non bastando loro il chiudere delli occhi, ma colle propie mani ponendo quelle l’una sopra dell’altra, più se li coprivano per non vedere il crudele strazio fatto della umana spezie dall’ira di Dio.

Oh quanti lamenti e quanti spaventati si gittavon dalli scogli! Vedeasi le grandi ramificazioni delle gran querele, cariche d’omini, esser portati per l’aria dal furore delli impetuosi venti.

Quante eran le barche volte sottosopra, e quelle intere e quelle in pezzi esservi sopra gente, travagliandosi per loro scampo, con atti e movimenti dolorosi, pronosticanti di spaventevole morte. Altri con movimenti disperati si toglievon la vita, disperandosi di non potere sopportare tal dolore; de’ quali alcuni si gittavano dalli alti scogli, altri si stringeva la gola colle propie mani, alcuni pigliava li propi figlioli e con grande ràpito li sbatteva in terra, alcuni colle propie sue armi si feria, e uccidea se medesimi, altri gittandosi ginocchioni si raccomandava a Dio. Oh! quante madri piangevano i sua annegati figlioli, quelli tenendo sopra le ginocchia, alzando le braccia aperte in verso il cielo, e con voce composte di diversi urlamenti riprendevan l’ira delli Dei; [p. 237 modifica] altri, colle man giunte e le dita insieme tessute, morde, e con sanguinosi morsi quelle divoravan, piegandosi col petto alle ginocchia per lo immenso e insopportabile dolore.

Vedeansi li armenti delli animali, come cavalli buoi, capre, pecore, esser già attorniate delle acque e essere restate in isola nelle alte cime de’ monti, già restrigniersi insieme, e quelli del mezzo elevarsi in alto, e camminare sopra delli altri, e fare infra loro gran zuffe, de’ quali assai ne morivan per carestia di cibo.

E già li uccelli si posavan sopra li omini e altri animali, non trovando più terra scoperta che non fussi occupata da’ viventi; già la fame, ministra della morte, avea tolto la vita a gran parte delli animali, quando li corpi morti già levificati si levavano dal fondo delle profonde acque e surgevano in alto, e in fralle combattenti onde, sopra le quali si sbattevano Tun nell’altro, e, come palle piene di vento, risaltavan indirieto dal sito della lor percussione, questi10 si facevan basa de’ predetti morti. E sopra queste maladizioni si vedea l’aria coperta di oscuri nuvoli, divisi dalli serpeggianti moti delle infuriate saette del cielo, alluminando or qua or là in fralla oscurità delle tenebre. [p. 238 modifica]

III.

Vedeasi per li revertiginosi corsi de’ venti venir di lontan paesi gran quantità di torme d’uccelli, e questi si mostravan con quasi insensibile cognizioni, perchè, ne’ lor raggiramenti, alcuna volta l’una torma si vedean tutti li uccelli per taglio, cioè per la lor minor grossezza, e alcuna volta per la loro maggiore larghezza, cioè in propria faccia; e ’l principio della loro apparizione erano in forma d’insensibile nuvola, e le seconde e le terze squadre si facevan tanto più note, quanto elle più si avvicinavano all’occhio di chi le riguardava.

E le più propinque delle predecte torme declinavano in basso per moto obliquo, e si posavano sopra li morti corpi portati dall’onde di tal diluvio, e di quelli si cibavano; e questo feciono, insin che la levità delli infiati corpi morti venne mancando, dove con tardo discenso andaro declinando al fondo delle acque.

Del figurare una notte.

Quella cosa ch’è priva interamente di luce è tutta tenebre. Essendo la notte in simile condizione, e tu vi vogli figurare una storia, farai che, sendovi ’l grande foco, che quella cosa ch’è più propinquo a detto foco più si tinga nel suo colore, perchè [p. 239 modifica] quella cosa ch’è più visina all’obbietto più partecipa della sua natura, e facendo il foco pendere in colore rosso, farai tutte le cose alluminate da quello ancora loro rosseggiare, e quelle che sono più lontane a detto foco più sieno tinte del colore nero della notte. Le figure che sono fra te e ’l foco apparischino scuri in nella chiarezza d’esso foco, perchè quella parte d’essa cosa che vedi è tinta dalla oscurità della notte e non della chiarezza del foco, e quelli che si trovano dai lati sieno mezzi oscuri e mezzi rosseggianti, e quelli che si possano vedere dopo e termini11 delle fiamme saranno tutti alluminati di rosseggiante lume in campo nero. In quanto a li atti, farai quelli che li sono presso farsi scudo co’ le mani e co’ mantegli a riparo del superchio calore, e torti col vulto in contraria parte mostrare fugire; quelli più lontani, farai gran parte di loro farsi [riparo] co’ le mani alli occhi offesi [dal] superchio splendore.

Del figurare l’autunno.

Nello autunno farai le cose secondo l’età di tal tempo, cioè nel principio li alberi cominciare a impallidire le foglie ne’ più vecchi rami, più o meno secondo che la pianta è figurata in loco sterile o fertile, e ancora più pallide e rosseggianti a quelle specie d’alberi i quali furono primi a fare i loro frutti. E non fare, come molti fanno, a tutte le sorti [p. 240 modifica] degli alberi, ancora che da te sieno equalmente distanti, una medesima qualità di verde. Così, dicendo de’ prati come delle piante e altre qualità di terrami e sassi e pedali delle predette piante, varia sempre, perchè la natura è variabile in infinito; non che nelle spezie, ma nelle medesime piante trovarà vari colori, cioè nelle vimene son più belle e maggiori le foglie che negli altri rami, e è tanto dilettevole natura e copiosa nel variare, che infra li alberi della medesima natura non si trovarebbe una pianta ch’appresso somigliassi all’altra, e non che le piante, ma li rami, o foglie, o frutti di quelle non si troverà uno che precisamente somigli a ’n altro; sì che abbi tu avvertenzia e varia quanto più puoi.

Del figurare l’inverno.

Li paesi facti nella figurazione del verno non debbono dimostrare le sue montagnie azzurre come si vede alle montagnie della state, e questo si prova per la quarta di questo12 che dicie: in fra le montagne vedute in lunga distanzia quella si dimostrerà di colore più azzurro la qual fia in sè più oscura; adunque essendo le piante spogliate delle lor foglie, si dimostran di color berrettino, essendo che le foglie son di color verde; e tanto quanto il verde è più oscuro che il berrettino, tanto si mostrerà più azzurro il verde che il berrettino, e per [p. 241 modifica] la quinta di questo: l’ombre delle piante vestite di foglie son tanto più oscure che l’ombre di quelle piante che son spogliate di foglie, quanto le piante vestite di foglie son men rare che quelle che non hanno foglie, e così abbian provato il nostro intento.

Del sole ch’allumina la foresta.

Quando il sole allumina la foresta, li alberi delle selve si dimostraranno di terminate ombre e lumi, e per questo parranno essersi avvicinati a te, perchè si fanno di più cognita figura; e ciò che di loro non è veduto dal sole pare oscuro equalmente, salvo le loro parti sottili che s’interpongono infra 'l sole e te, le quali si faranno chiare per la loro trasparenzia; e questo accade13 il fare minore quantità di lumi negli alberi alluminati dal sole che dal cielo, perchè maggiore è il cielo ch’el sole, e maggiore causa fa maggiori effetti in questo caso.

Nel farsi minore l’ombre delle piante, gli alberi parranno essere più rari, e massime dove hanno un medesimo colore, e che di loro natura sieno di rami rari e di foglie sottili, come il persico, susino e simili, perchè di loro l’ombra ritirandosi inverso il mezzo della pianta, essa pianta pare essere diminuita, e i rami, che di tutto restano fuori de l’ombra, pare un medesimo colore e campo. [p. 242 modifica]

Foglie trasparenti al sole.

Non fingere mai foglie trasparenti al sole, perchè sono confuse, e questo accade perchè sopra la trasparenza d’una foglia vi si stampirà l’ombra di un’altra foglia che le sta di sopra, la qual ombra è di termini spediti e di terminata oscurità, e alcuna volta è mezza e terza parte d’essa foglia che adombra, e così tale ramificazione è confusa, e è da fuggire la sua imitazione.

Fogliami diversi.

Sono li alberi infra loro nelle campagnie di varie nature di verde, imperocchè alcuni negreggian, come abeti, pini, cipressi, lauri, bussi e simili, alcuni gialleggian, come sono i noci e peri, viti e verdure, alcuni gialleggiano con oscurità, come castagni, roveri, alcuni rosseggiano inverso l’altunno come sorbi, melagrani, viti e oiriegi, alcuni biancheggiano come salici, olivi, canne e simili.

Disposizione delle foglie sul ramo.14

Sempre la foglia volge il suo dritto inverso il cielo, acciò possa meglio ricevere con tutta la sua [p. 243 modifica] superfizie la rugiada che con lento moto discende dall’aria, e tali foglie sono in modo compartite sopra le loro piante che l’una occupa l’altra il men che sia possibile col rinterzarsi l’una sopra dell’altra, come si vede fare all’edera che copre li muri, e tal rinterzamento serve a due cose, cioè al lasciare li intervalli che l’aria e ’l sole possa penetrare in fra loro, la seconda ragione è che le gocce che caggiano della prima foglia possa’ cadere sopra la quarta e la sesta de li altri alberi.



  1. Nota antica, non di mano del Vinci.
  2. Essendo illuminata solo la parte alta.
  3. Costruisci: e tutte le cose che sieno dense, alluminate da tale rossore, saranno ecc.
  4. I nuvoli scuri sotto la luna sono i più oscuri; più s’allontanano da essa e più perdono d’oscurità. Invece la parte trasparente d’essi par più chiara più è vicina alla luna, perchè allontanandosi si fa più opaca e acquista un colore rossastro.
  5. Il lume che orla la parte oscura della nube è più chiaro più è distante dalla luna, e specialmente dalla parte d’essa luna.
  6. I vampi = le vampe.
  7. In mezzo al gorgo.
  8. Gli alberi lasciati scoperti dall’onde nel lor ritirarsi, dall’onde che gonfiandosi assomigliavano a colli, sorgenti intorno agli abissi dei gorghi.
  9. Sottintende animali.
  10. Gli uccelli.
  11. I contorni.
  12. Sottintende: regola dell’argomento che sto trattando.
  13. Qui è conveniente.
  14. Chiaramente il Vinci vede qui il fenomeno della filotassi.