Pagina:Leonardo prosatore.djvu/236

232


del furore del vento, isparsi per l’aria, e, in compagnia di quelle, molte altre leggere cose. Li arbori e l’erbe piegate a terra quasi mostrarsi voler seguire il corso de’ venti, co’ rami storti fori del naturale corso e con le scompigliate e rovesciate foglie. E li omini che lì si trovano, parte caduti e rivolti, per li panni e per la polvere, quasi sieno sconosciuti; e quelli che restano ritti sieno dopo qualche albero abbracciati a quelli, perchè il vento non li strascini; altri, con le mani a li occhi per la polvere, chinati a terra, e i panni e capegli dritti al corso del vento. Il mare turbato e tempestoso sia pieno di retrosi e schiuma infra le elevate onde, e il vento levare, infra la combattuta aria, della schiuma più sottile a uso di spessa e avviluppata nebbia. I navili che dentro vi sono, alcuni se ne facci co’ la vela rotta e i brani d’essa ventilando infra l’aria in compagnia d’alcuna corda rotta, alcuni alberi rotti, caduti, col navilio intraversato e rotto infra le tempestose onde; certi omini gridanti abbracciare il rimanente del navilio. Farai li nuvoli cacciati dagl’impetuosi venti, battuti nell’alte cime delle montagnie, fare [contro] a quelle avviluppati retrosi a similitudine de l’onde percosse nelli scogli. L’aria spaventosa per le iscure tenebre fatte in nell’aria dalla polvere, nebbia e nuvoli folti.