Leonardo prosatore/Scritti scientifici/La natura
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LA NATURA.
La Natura è piena d’infinite ragioni che non furono mai in esperienza.
L, 18, r. |
LA NATURA
Gravità - Forza - Moto.
La gravità, la forza e ’l moto accidentale insieme colla percussione son le quattro accidentali potenzie colle quali tutte l’evidenti opere de mortali hanno loro essere e loro morte.
Il moto è causa d’ogni vita.
Trovo la forza essere infinita insieme col tempo1, e ’l peso essere finito insieme col peso di tutto il globo della terrestre macchina.
Forza non è altro che una virtù spirituale, una potenza invisibile, la quale è creata e infusa per accidental violenza, da corpi sensibili nelli insensibili, dando a essi corpi similitudine di vita; la qual vita è di maravigliosa operazione, costrignendo e stramutando di sito e di forma tutte le create cose, corre con furia a sua disfazione, e vassi diversificando mediante le cagioni.
Tardità la fa grande e more per libertà.
Vive per violenza e more per libertà.
Trasmuta e costrigne ogni corpo a mutazione di sito e di forma.
Gran potenza le dà desiderio di morte.
Scaccia con furia ciò che s’oppone a sua ruina.
Trasmutatrice di varie forme.
Sempre vive con disagio di chi la tiene.
Sempre si contrapone ai naturali desideri.
Da piccola con tardità s’amplifica, e fassi d’una orribile e maravigliosa potenza.
E costrignendo se stessa ogni cosa costrigne2.
Fiamma.
Guarda il lume e considera la sua bellezza. Batti l’occhio e riguardalo: ciò che di lui tu vedi prima non era e ciò che di lui era più non è.
Chi è quel che lo rifà se ’l fattore al continuo more?3.
Dove non vive la fiamma, non vive animal che aliti.
Definizioni e vocaboli sulla materia dell’acque.
Sommergere s’intende le cose che entrano sotto l’acque.
Intersegazione d’acqua fia quando l’un fiume sega l’altro. Risaltazione, circolazione, rivoluzione, rivoltamento, raggiramento, risaltamento, sommergimento, sorgimento, declinazione, elevazione, cavamento, consumamento, percussione, ruinamento, urtazioni, confregazioni, ondazioni, rigamenti, bollimenti, ricascamenti, ritardamenti, scaturire, versare, arriversare, riattuffare, serpeggiare, rigori, mormorii, strepiti, ringorgare, flusso e reflusso, ruine, conquassamenti, baratro, spelunche, rivertigine, precipizi, riverciamenti, tumulti, confusioni, urtamenti, bollori, sommergimenti dell’onde superficiali, ritardamenti, rompimenti, dividimenti, aprimenti, celerità, veemenza, furiosità, impetuosità, concorso commisto, sbalzamento, corruzione d’argine.
Che cosa è acqua.
L’acqua è infra li quattro elementi il secondo men grave, e di seconda volubilità; questa non ha mai quiete, insinochè si congiunge al suo marittimo elemento, dove, non essendo molestata da venti, si stabilisce e riposa con la sua superfizie equidistante dal centro del Mondo. Questa è l’aumento e l’umore di tutti li vitali corpi. Nessuna cosa sublunare senza lei ritiene la prima figura e forma.
Lei collega ed aumenta li corpi, e gli dà accrescimento. Nessuna cosa più lieve di lei la può sanza violenza penetrare. Volentieri si leva per il caldo in sottile vapore per l’aria. Il freddo la congela, stabilità la corrompe; piglia ogni odore, colore e sapore, e da sè non ha sapore, nè colore, nè odore.
Penetra tutti li porosi corpi. Al suo furore non vale alcuno umano riparo, e se vale non fia permanente. Nel suo veloce corso si fa sostenitrice delle cose più di lei gravi. Puossi con moto e balzo levare in alto. Quando essa cala, sommerge seco nelle sue ruine le cose più di lei levi.
Ha il principato del suo corso4 alcuna volta a mezzo, alcuna volta in fondo, alcuna volta di sopra. L’una quantità sormonta sopra l’intraversato corso dell’altra... Ogni piccolo ostacolo, o in argine, o in fondo cagionerà ruina all’opposito argine o fondo. L’acqua bassa fa più danno alla riva nel suo corso, che non fa quando corre pieno. Non pesano le sue parti niente alle sottoposte sue parti, e le parti sue superiori non danno granella all’inferiore.
Ufficio dell’acqua nella vita terrestre.
Quella causa che move li omori in tucte le spezie de’ corpi animati contra ’l natural corso della lor gravezza, è proprio quella che per le terrestre vene move l’acqua dentro a esse inclusa, e pe’ sottili meati la distingue, e come il basso sangue in alto surge, e per le rocte vene della fronte versa, e come dalla inferiore parte della vite l’acqua surmonta a sua tagliati rami, così dall’infima profondità del mare l’acqua s’innalza alle sommità de’ monti, dove trovando le sue vene rocte, per quelle cade, e al basso mare ritorna. Così dentro e di fori si va variando, quando con accidental moto consurge, e quando con natural libera discende. Così insieme congiunta con continua revoluzione si va girando. Così di qua, di là, di su, di giù scorrendo, nulla quiete la riposa mai, non che nel corso, ma nella sua natura5, nessuna cosa à da sè, ma tutto piglia, e ’n tante varie nature si transmuta, quanto son vari i lochi donde passa; facendo propio come fa lo specchio, che tante similitudine in se piglia, quanto son le cose che dinanzi li passano; così questa sempre si varia, quando di sito, e quando di colore, quando novi odori e sapori dentro a se include, quando nuove sustanzie o qualità ritiene, quando mortale o salutifera si pruova; alcuna volta coll’aria si mista o da caldo in alto si lascia tirare, e quando6 giugne alla fredda regione, dove il caldo sua guida con quella si restrigne. E come la man sott’acqua prieme la spugna, onde l’acqua, che di quella fugge, fra l’altra acqua fa ondazione, tal fa l’aria che tra l’acqua era mista, quando quella dal freddo è premuta, con furia fugge, e l’altra aria scaccia: così questa del vento è causa.
Le ruine dell’acqua.
Infra le dannose cagione7 delli umani beni, a me pare i fiumi, co’ le superchie e impetuose inondazione, tenere il principato.
E se alcuno volessi antiporre il foco al furore dei rovinosi fiumi, a me parrebbe questi tali avere carestia di bono giudizio; imperò che il foco rimane terminato e morto dove li manca il nutrimento; ma alle inriparabile inondazione de’ gonfiati e superbi fiumi non vale alcuno umano riparo d’umano consiglio, anzi a compagnia colle turbolente e temultevo [li onde] rodendo e minando l’alte ripe, e intorbidandosi delle cultivate possessioni, ruinandovi case, disvellendo l’alte piante, quelle porta per preda al mare, suo riposo, portando con seco omini, piante, bestie, ville e possessioni, ruinando ogni argine e altri ripari. Porta con seco le cose leggere, e le gravi ruina e guasta, facendo di piccole fessure gran diripamenti, riempiendo le basse valle di diluvi, e di noiose e rigide acque precipitando.
Quant’è da fuggire tal vicino! quante città, quante terre, castella, e ville, e case ha consumate! quante fatiche de’ tribulati cultori sono state vane e sanza frutto! O quante famiglie à disfatte e sommerse! Che dirò io delli armenti annegati e persi?
Il vento e il renaio d’Arno.
Come8 i retrosi de’ venti, a certe bocche di valli, percotino sopra delle acque, e quelle concavino con gran cavamento, e portino l’acqua in aria, in forma colunnale, in color di nugola; e il medesimo vid’io già fare sopra uno renaio d’Arno, nel quale fu concavato la rena più d’una statura d’uomo, e di quella fu remossa la ghiara e gittata in disparte per lungo spazio, e parea per l’aria in forma di grandissimo campanile, e crescieva la sommità come i rami di gran pino, e si piegava poi nel contatto del vento, che passava sopra i monti.
Nuvole sul lago Maggiore.
... già sopra a Milano, inverso lago Maggiore, vidi una nuvola in forma di grandissima montagnia, piena di scogli infocati, perchè li razzi del sole, che già era all’orizzonte che rosseggiava, la tignea del suo colore; e questa tal nugola attraeva a sè tutti li nugoli piccoli, che intorno le stavano; e la nugola grande non si moveva di suo loco, anzi riservò nella sua sommità il lume del sole insino a una ora e mezzo di notte, tant’era la sua immensa grandezza; e infra due ore di notte9 gienerò sì gran vento, che fu cosa stupente, inaudita; e questo fece nel riserrarsi, che l’aria, che infra quella si rinchiudeva, essendo premuta dalla condensazione del nugolo, rompea e fuggìa per le parte più debole, scorrendo per l’arie con ispesso tumulto, facendo a similitudine della spugnia premuta dalla mano sotto l’acqua, della quale l’acqua, di che era imbeverata, fuggìa infra le dita della man che la premea, fuggendo con impeto infra l’altra acqua. Così faciea il nugolo, ricacciato e ristretto dal freddo che lo vestìa, scacciando l’aria con impeto di sè...
Gita al Momboso.
Dico, l’azzurro in che si mostra l’aria non essere suo propio colore, ma è causato da umidità calda, vaporata in minutissimi e insensibili attimi, la quale piglia dopo sè la percussion de’ razzi solari, e fassi luminosa sotto la oscurità delle immense tenebre della regione del fuoco che di sopra le fa coperchio10.
E questo vedrà, come vid’io, chi andrà sopra Momboso; giogo dell’Alpi che dividano la Francia dalla Italia, la qual montagnia ha la sua basa che parturisce li quattro fiumi che rigan per quattro aspetti contrari tutta l’Europa: e nessuna montagnia ha le sue base in simile altezza.
Questa si leva in tanta altura, che quasi passa tutti li nuvoli, e rare volte vi cade neve, ma sol grandine di state, quando li nuvoli sono nella maggiore altezza, e questa grandine vi si conserva in modo che, se non fusse la raretà del cadervi e del montarvi nuvoli, che non accade due volte ’n una età, e’ vi sarebbe altissima quantità di diaccio, inalbato dalli gradi della grandine. Il quale di mezzo luglio vi trovai grossissimo; e vidi l’aria sopra di me tenebrosa; e ’l sole, che percotea la montagnia, essere più luminoso quivi assai che nelle basse pianure, perchè minor grossezza d’aria s’interponea in fra la cima d’esso monte e ’l sole11.
L’organismo terrestre.
Nessuna cosa nasce in loco dove non ha vita sensitiva, vegetale e razionale: nascono le penne sopra gli uccelli, e si mutano ogni anno; nascono li peli sopra li animali, e ogni anno si mutano, salvo alcuna parte, come li peli delle barbe de’ lioni e gatti e simili; nascono l’erbe sopra li prati e le foglie sopra li alberi, e ogni anno in gran parte si rinnovano; adunque potremo dire la terra avere anima vegetativa, e che la sua carne sia la terra, li sua ossa sieno li ordini delle collegazioni de’ sassi, di che si compongono le montagne, il suo tenerume sono li tufi, il suo sangue sono le vene delle acque, il lago del sangue che sta dintorno al core12 è il mare oceano, il suo alitare e ’l crescere e discrescere il sangue per li polsi, e così nella terra è il flusso e riflusso del mare, e ’l caldo dell’anima del mondo è il fuoco, ch’è infuso per la terra, e la residenza dell’anima vegetativa sono li fochi che per diversi lochi della terra spirano in bagni e in miniere di solfi e in vulcani, a Mongibello di Sicilia e altri lochi assai.
Manca al corpo della terra i nervi13, i quali non vi sono, perchè i nervi sono fatti al proposito del movimento, e il mondo, sendo di perpetua stabilità, non v’accade movimento, e, non v’accadendo movimento, i nervi non vi sono necessari. Ma in tutte l’altre cose sono molto simili.
Note geologiche.
I.
Nessuna parte della terra si scopre dalla14 consumazione del corso dell’acqua, che già non fussi superfizie di terra veduta dal sole.
II.
Perchè molto son più antiche le cose che le lettere, non è maraviglia se alli nostri giorni non apparisce scrittura delli predetti mari essere occupatori di tanti paesi; e se pure alcuna scrittura apparìa, le guerre l’incendi, li diluvi dell’acque, le mutazioni delle lingue e delle leggi hanno consumato ogni antichità; ma a noi bastano le testimonianze delle cose nate nelle acque salse ritrovarsi nelli alti monti, lontani dalli mari d’allora.
III.
Io truovo il sito della terra essere ab antico nelle sue pianure tutto occupato e coperto dall’acque salse, e i monti, ossa della terra, colle loro larghe base, penetrare e elevarsi infra l’aria coperti e vestiti di molta ed alta terra.
Di poi15 le molte piogge, accrescimento dei fiumi, con ispessi lavamenti à dispogliati in parte l’alte cime d’essi monti, lasciando il loco della terra, il sasso si trova essere circundato dall’aria e la terra d’essi lochi partita. E la terra delle spiagge e dell’alte cime delle montagne è già discesa alle sue base, e à alzato i fondi de’ mari, ch’esse base circavano, e fatta discoperta pianura, e di lì, in alcun loco, per lontano spazio à cacciato i mari.
Il Mediterraneo nelle epoche preistoriche.
Nel seno Mediteraneo, il quale, come pelago, ricevea l’acque regali de l’Africa, Asia ed Europa, che a esso erano volte e colle sue acque veniano alle piagge de’ monti che lo circundavano e li faceano argine, e le cime dello Appennino stavano in esso mare in forma d’isole, circundate dalle acque salse, e ancora l’Africa dentro al suo monte Attalante no mostrava al celo scoperta la terra de le sue gran pianure con circa a tremila miglia di lunghezza, e Menfi risedeva in su lito di tal mare, e sopra le pianure della Italia, dove oggi volan li uccelli a torme, solea riscorrere i pesci a grande squadre16.
Del diluvio e de’ nicchi marini.
Se tu dirai che li nichi, che per li confini d’Italia, lontano da li mari, in tanta altezza si veggano alli nostri tempi, sia stato per causa del Diluvio che lì li lasciò, io ti rispondo che, credendo tu che tal Diluvio superassi il più alto monte di 7 cubiti — come scrisse chi ’l misurò17 — tali nichi, che sempre stanno vicini a’ liti del mare, doveano restare sopra tali montagne, e non sì poco sopra le radice de’ monti, per tutto a una medesima altezza a suoli a suoli.
E se tu dirai che, essendo tali nichi vaghi di stare vicini alli liti marini, e che, crescendo l’acqua in altezza, che18 li nichi si partirono da esso lor primo sito, e seguitorono l’accrescimento delle acque insino alla lor somma altezza, qui si risponde ch’essendo il nichio animale di non più veloce moto che si sia la lumaca fori dell’acqua, e qualche cosa più tardo perchè non nota, anzi si fa un solco per la rena, mediante i lati di tal solco s’appoggia, camminerà il dì dalle 3 alle 4 braccia. Adunque, questo, con tale moto, non sarà camminato dal mare Adriano insino in Monferrato di Lombardia, che v’è 250 miglia di distanza, in 40 giorni, come disse chi tenne conto d’esso tempo19.
E se tu di’ che l’onde ve li portorono, essi per la lor gravezza non si reggano, se non sopra il suo fondo; e se questo non mi cedi, confessami almeno ch’elli aveano a rimanere nelle cime de’ più alti monti e ne’ laghi che infra li monti si serrano: come lago di Lario e ’l Maggiore... e di Perugia e simili.
E se tu dirai che li nichi son portati dall’onde, essendo voti e morti, io dico che dove andava li morti, poco si rimovevano da’ vivi, e in queste montagnie sono trovati tutti i vivi, che si cognoscano che sono colli gusci appaiati, e sono in un filo dove non è nessun de’ morti, e poco più alto è trovato dove eran gittati dall’onde tutti li morti colle lor scorze separate, appresso a dove li fiumi cascavano in mare in gran profondità, come Arno, che cadea della Golfolina20 a presso a Monte Lupo, e quivi lasciava la ghiara, la quale ancor si vede, che s’è insieme ricongelata, e di pietre di vari paesi, nature e colori e durezze se n’è fatto una sola congelazione; e poco più oltre la congelazione della rena s’è fatto tufo, dov’ella s’aggirava inverso Castel Fiorentino; più oltre si scaricava il fango, nel quale abitava i nichi, il quale s’inalzava a gradi, secondo le piene ch’Arno torbido in quel mare versava, e di tempo in tempo, s’inalzava il fondo al mare; il quale a gradi producea essi nichi, come si mostra nel taglio di Colle Gonzoli, deripato dal fiume d’Arno, che il suo piede consuma, nel qual taglio si vede manifestamente li predetti gradi de’ nichi in fango azzurreggiante, e vi si trova di varie cose marine...21.
E se li nichi fussino stati portati dal torbido Diluvio, essi si sarien misti separatamente l’un dall’altro infra ’l fango, e non con ordinati gradi a suoli, come alli nostri tempi si vede.
Su un fossile colossale.
I.
Oh quante volte furono vedute le ispaurite schiere de’ dalfini e de’ gran tonni fugire da l’impia tua furia, o tu che col veloce trarre l’ali e colla forcielluta coda fulminando generavi nel mare subita tempesta con gran busso e sommersione di navili con grande ondamento, empiendo li scoperti liti delli impauriti e sbigottiti pesci, [che], togliendosi a te — per il lasciato mare rimasi in secco — divenivano superchia e abondante preda de’ vicini popoli!
O tempo, veloce predatore delle create cose, quanti re, quanti popoli hai tu disfatti, e quante mutazioni di stati e vari casi sono seguiti, dopochè la maravigliosa forma di questo pesce qui morì per le cavernose e ritorte interiora22. Ora, disfatto dal tempo, paziente giaci in questo chiuso loco; colle spolpate e ignude ossa hai fatto armadura e sostegnio al soprapposto monte!
II.
III.
E spesse volte eri veduto in fra l’onde del gonfiato e grande oceano, e col superbo e grave moto gir volteggiando in fra le marine acque. E con setoluto e nero dosso, a guisa di montagna, quelle vincere e soprafare.
IV.
Oh quante volte fosti tu veduto in fra l’onde del gonfiato e grande oceano, a guisa di montagna quelle vincere e soprafare, e col setoluto e nero dosso solcare le marine acque, e con superbo e grave andamento!
Fine della vita del mondo.
Riman lo elemento dell’acqua rinchiuso infra li cresciuti argini de’ fiumi, e si vede il mare infra la cresciuta terra; e la circundatrice aria, avendo a fasciare e circunscrivere la mollificata macchina della terra, la sua grossezza che stava fra l’acqua e lo elemento del foco23 rimarrà molto ristretta e privata della bisogniosa acqua24. I fiumi rimarranno senza le loro acque, la fertile terra non manderà più leggere fronde, non fieno più i campi adornati dalle ricascanti piante: tutti li animali, non trovando da pascere le fresche erbe, morranno, e mancherà il cibo ai rapaci lioni e lupi e altri animali che vivono di ratto; e agli omini, dopo molti ripari, converrà mancare la vita, e mancherà la generazione umana.
A questo modo la fertile e fruttuosa terra, abbandonata, rimarrà arida e sterile; e pel rinchiuso omore dell’acqua (rinchiusa nel suo ventre) e per la vivace natura, osserverà alquanto del suo accrescimento, tanto che, passata la fredda e sottile aria, sia costretta a terminare collo elemento del foco: allora la sua superficie rimarrà in riarsa cenere, e questo fia il termine della terrestre natura25.
Note
- ↑ Così Leonardo intuiva una delle grandi leggi della fisica teoretica: il principio della conservazione dell’energia.
- ↑ In questo passo è mirabilmente intuito il principio d’inerzia o primo principio della dinamica, conosciuto appunto anche col nome di principio di Leonardo da Vinci. Ma Egli non lo formula freddamente; che tumulto - invece - di pensieri tumultuosamente espressi! Non v’è qui la calma del raziocinio che constata, ma il calore della fantasia che divina e del sentimento commosso dall’intuizione grandiosa.
- ↑ Così L. intuiva che cosa sia un «sistema stazionario»: tanta stearina fusa e decomposta viene nell’unità di tempo ossidata e combusta nella fiamma, e tanta stearina solida si fonde nella candela, monta per il lucignolo e si ossida nella fiamma» (F. Bottazzi, Leonardo naturalista in Rivista d’Italia, 1907, Vol. II, pp. 1048 sgg.). Nota anche qui l’espressione tutta poetica dell’intuizione scientifica.
- ↑ La massima forza.
- ↑ Echeggiano in queste parole i famosi versi di Dante:
Di qua, di là, di giù, di su li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.
Inf. V, 43-45. - ↑ Nel senso che ha avuto in tutto questo passo, ossia di: alcuna volta.
- ↑ Le cagioni di danni.
- ↑ Sottintende: dirò:
- ↑ Contavasi dodici ore il giorno, e dodici ore la notte; la sesta di giorno era mezzodì, la sesta di notte mezzanotte. Perciò l’una e mezza di notte corrisponde alle nostre diciannove e mezza, e le due alle venti.
- ↑ Accenna alla erronea antica credenza nella sfera del fuoco.
- ↑ Il passo prova una gita del Vinci al Monviso, e testimonia — con l’evidente esagerazione — la profonda commozione sua di fronte alla solennità inusitata dell’alta montagna: magnifica le cose viste fino al punto di dire che dal Monviso sgorgano quattro gran fiumi d’Europa!
- ↑ Rammenta il «lago del cor» dantesco: Inf. I. 20; Ballata: Donne io non so.
- ↑ Il V., si noti, usa nervi anche per tendini.
- ↑ Per la.
- ↑ Sottinteso che.
- ↑ In questo passo il Vinci parla delle condizioni geografiche della regione mediterranea nell’era che la geologia moderna chiama terziaria o cenozoica; non si può, però, specificare a qual periodo d’essa si riferisca, perchè le divisioni e suddivisioni dei tempi geologici si sono chiarite solo assai più tardi, e i fatti qui citati non sono forse perfettamente contemporanei.
Certo che in tempi terziari l’Apennino non era rappresentato che da isole, e che, in tempi pure terziari, il mare si stendeva nelle attuali pianure dell’Africa, senza però per questo che Menfi stesse sulla spiaggia, in quanto nè Menfi nè l’uomo stesso ancora esistevano. - ↑ Chiara è l’intonazione ironica!
- ↑ Ripetizione inutile del che, come spesso avviene parlando.
- ↑ Nuovamente ironico!
- ↑ Modernamente Gonfolina: gola delle ultime diramazioni del Sub-Apennino pistoiese.
- ↑ In questo passo sull’Arno il Vinci si riferisce a epoca geologica assai più recente di quella a cui alludeva nel passo antecedente, ossia alla fine del pliocene, quando la penisola italica era quasi per intero emersa. Molto bene descrive le alluvioni dell’Arno: infatti i fiumi nel primo tratto del loro corso depongono ghiaie (che cementandosi danno i conglomerati), più avanti materiali più minuti, cioè arene (che cementandosi danno le arenale), e infine non lasciano che melme, limo, fango, ossia argille e materiali argilloidi. In epoca ancor più recente, ossia nell’era quaternaria o neozoica (di cui l’attuale è la continuazione) l’Arno, incidendo i propri antichi depositi, ha rimesso in vista gli strati argillosi fossiliferi, già da esso sedimentati.
- ↑ Del monte?
- ↑ La sfera del fuoco che — già notai — gli antichi ponevano tra l’aria e la luna.
- ↑ Necessaria.
- ↑ I concetti espressi qui dal Vinci sono ancora in gran parte accettabili ed accettati. È noto il concetto che paragona la terra a una sfera metallica idratata e ossidata alla superficie. Quanto più procederà l’idratazione e l’ossidazione, tanto meno acqua ci sarà nei mari, sui continenti e nell’aria, e tanto meno ossigeno ci sarà nell’atmosfera, e l’estensione dei continenti andrà sempre più aumentando; in altri termini il nostro pianeta si avvierà verso la fase marziana. L’errata credenza nella sfera del fuoco l’induce poi a immaginare che, consumata l’aria, la terra sarà riarsa e ridotta in cenere.