Leggenda eterna/Risveglio/Vespero d'aprile
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Risveglio - "Noi vogliamo....." | Risveglio - Rinuncia | ► |
VESPERO D’APRILE.
Vanno per l’aria in un clamor di gioia
le rondini. Che dolce ora! Il volume,
che attende aperto sui ginocchi, ha un brivido
come d’ebbrezza, e volgonsi da sole
le pagine viventi
quasi con ritmi lenti
di sommesse parole.
Ascolto e intendo. Da che lunghi giorni,
o brezza, io t’aspettavo! ora tu giungi
come un tempo, recando i freschi odori,
gli audaci inviti, e gl’inni e il riso eterno
d’aprile; ma che giova
quest’allegrezza nova
se nel core ho l’inverno! —
La Brezza.
— «Ignoro chi tu sii; le andate ignoro
gioie che piangi. Se carezzo e bacio,
non io farlo vorrei, nè indago i sogni
di voi mortali. Come voi costretta
ad obbedir l’ignoto,
canto e passo nel vuoto
avida di vendetta.» —
O triste brezza! passa pur ma taci,
taci il segreto e all’anima consenti
il sogno. Troppo ci ammaestra il vero
col suo sottile roditor veleno!
dolce all’oppressa mente
pensarti un’innocente
figlia del ciel sereno.
La Brezza.
— «Blandire, sugger le fragranze, e l’ali
delle farfalle sostener, m’è grave
tedio; più grave il non veder compresa
la mia pena. Si sveli oggi il mio duro
fato, e nessuno ignori
che se m’amano i fiori
non li amo io nè li curo.
Vorrei... Vorrei, libera e forte, il volo
possedere del vento, e l’alte chiome
squassar dei cerri e svellere le immani
querci, e dell’alpi inabissar le intente
fronti superbe; anch’io
esser demone o Dio,
conscia, grande, volente!» —
Il Vento.
— «Chi m’invidia laggiù? stanco, le selve
corro pur sempre e gl’imprecanti mari,
per quel voler che, ignoto, mi s’impone;
cader mi veggo le valanghe innanti,
ville ingoiar le frane,
seppellir carovane
le sabbie turbinanti,
e non val che mi colga una profonda
pietà; m’incalza un crudel furore
sempre il destino e la rovina, ovunque
movo, mi segue. Quale spirto ignavo
invidia la mia sorte?
Non son io, perchè forte,
più misero e più schiavo?» —
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Manda il tramonto un ultimo bagliore
come d’incendio e tutto poi si vela
e posa. Io chiudo il mio volume, e guardo
lassù, la volta mistica, la bella
sfinge azzurra, ove mite
alle querele ardite,
ride la prima stella.