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VESPERO D’APRILE.
Vanno per l’aria in un clamor di gioia
le rondini. Che dolce ora! Il volume,
che attende aperto sui ginocchi, ha un brivido
come d’ebbrezza, e volgonsi da sole
le pagine viventi
quasi con ritmi lenti
di sommesse parole.
Ascolto e intendo. Da che lunghi giorni,
o brezza, io t’aspettavo! ora tu giungi
come un tempo, recando i freschi odori,
gli audaci inviti, e gl’inni e il riso eterno