Le vie del peccato/Per l'anima dei defunti
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PER L’ANIMA DEI DEFUNTI.
A Enrico A. Butti.
Per l’anima dei defunti
La nebbia e la pioggia, velavano tutta la campagna intorno e sulla strada bianca diretta i due solchi lasciati dalle ruote dei carri lustravano come due larghi binarii di platino, assorbivano quel po’ di luce livida. Sotto un’ombrella verde che da lontano pareva un alberello divelto, Anna Maria camminava nel fango tra quelle due rotaie, sollevandosi le tre o quattro vesti grevi su su tanto da poterle reggere con i gomiti puntati ai fianchi, chè la destra era occupata a sollevare l’ombrella e la sinistra stava ravvolta in uno scialle di lana rossa, contro il freddo.
Camminava verso Santa Maria in Campis per andare a pagare le messe dette dal curato a sollievo della buona anima di suo marito il quale era morto sei mesi prima lasciandole duemila scudi e l’obbligo di fargli dire nel novembre di ogni anno dieci messe. Ormai si era a metà dicembre e già nei campi oltre gli sterpi delle siepi nude si vedeva il grano venir fuori corto e rado come una barba mal rasa; e già da quindici giorni il curato, avendo fatto il compito suo, mandava continui messaggi alla vedova perchè si rammentasse il suo dovere santissimo. Quindici lire; tre scudi. Ella, fissando la strada biancheggiante nella nebbia pensava a quelle quindici lire e alle loro compagne che anno per anno avrebbero dovuto seguirle fuori della vecchia cassa di legno verso la casa del curato.
«Quando uno è morto, è morto; e se non fosse che tutto il paese sa di quest’obbligo mio... Su diecimila lire di capitale! Eh pare uno scherzo doversi cavar di tasca ogni anno tre scudi di messe! Danari per i preti, danari seppelliti. Io ho venticinque anni, se vivo altri settanta anni, son duecento e dieci scudi che dovrò dare al prete di Santa Maria in Campis. Tanto è che gli consegni metà del capitale!»
E si tirava più su le vesti per non infangarsele tanto, che quella spesa annuale delle messe non le avrebbe permesso molti lussi di abiti. E si sentiva sul petto sotto il busto i tre biglietti da cinque piegati in quattro scendere a ogni respiro quasi volessero paurosamente internarsi tanto che nessuno potesse toglierli dal loro nascondiglio tepiduccio. «Ho fatto male a portare tre carte da cinque dovevo portare un po’ di moneta spicciola perchè può essere che mi diminuisca qualche lira. Anche ho fatto male a farlo aspettar tanto. Un altro anno o gliene propongo tredici anticipate, o vado a San Giacomo, che il curato lì è meno prezioso e non ha da comprare tanti fazzoletti di seta e tante calze di filo. Questo qui con quei capelli impomatati e quella vocetta da gatto in gennaio, fa troppo il signore. Dicono che d’inverno in casa bruci l’incenso come se fosse in chiesa...»
Nella nebbia si vide il campanile della chiesetta sorgere vaporoso come l’ombra d’un altro campanile più lontano, poi apparve la quercia gialla dell’orto presso il presbiterio, poi tutto l’orto e la casetta, e alla finestra chiusa il curato che fumava la pipa e guardava fuori e con un dito scriveva su i vetri appannati, oziando.
Anna Maria entrò nella camera dove un bel fuoco era acceso nel caminetto, e da certi carboni all’orlo del focolare fumava un po’ d’incenso.
— Avanti, avanti. Con questa pioggia!... Non c’era tanta fretta...
Anna Maria aveva posato l’ombrella in un angolo dell’anticamera, e adesso si lasciava a una a una cader le vesti grevi che le facevano due fianchi rotondi come quelli d’una cavalla.
— Piove piove... Vi sarete bagnata tutta. Mettetevi un momento lì accanto al fuoco.
Ed il curato con gentilezza spingeva una sedia presso il camino e premendo con le due mani le spalle della donna la obbligava a sedere.
— Ma sentite come è bagnata questa povera figlia!... — e si asciugava le mani!...
— Qui da voi sembra di stare in una chiesa.
— Vi fa male l’incenso?
— Ma che dite, don Pa’! è un odore che mi piace.
Pausa.
— Ero venuta... sapete, ero venuta per quelle messe alla buon’anima di mio marito.
— Sì, sì. Ma non c’era fretta. Volete bere un po’ di vino caldo? Oltre i chiodi di garofano, la cannella e la noce moscata che usano tutti, io ci metto in fusione anche un po’ di vaniglia. Volete?
E si avanzò verso il camino con un bicchiere in mano, e inginocchiandosi davanti al fuoco vicino alle vesti fumanti di Anna Maria, da un bricco che era presso i carboni versò il vino bollente, e così genuflesso porse il bicchiere con un sorriso.
— Grazie, grazie, don Pa’. Per me basta. Perchè non v’alzate?
— Ero rimasto a guardare voi.
— Su, su, che ce ne sono di più belle da guardare.
— Non dite eresie, figliola mia, non dite eresie, — e si alzava con un sospiro appoggiando una mano su le ginocchia di lei.
— Il vino è buono... Guardate un po’ quanto vi devo per queste messe.
— Avete tanta fretta? — e si incamminò verso lo scrittoio e, preso un libro di conti, tornò vicino alla contadina sfogliandolo.
Intanto questa aveva posato il bicchiere, s’era aperta il corpetto e si frugava nel petto per cercare i danari. Don Paolo dall’alto guardava, e quando la donna finalmente ebbe trovati i tre biglietti e glieli ebbe offerti con una mano, senza guardarlo, mentre con l’altra si riabbottonava il vestito, egli li prese e mormorò con un po’ di affanno:
— Come sono caldi!
— Don Pa’, non si potrebbe far qualche cosa di meno?
— Come sono caldi!
— Non dico molto, ma potreste farmi risparmiare due lire. Tanto pensate che io ci ho l’obbligo di tornare qui ogni anno per queste dieci messe, che quella benedetta anima me l’ha scritto chiaro e tondo nel testamento: lo sapete. Tre scudi all’anno, per sempre, è una bella somma per chi non è ricco....
Dopo una pausa ella non udendo nessuna risposta si voltò indietro:
— Ebbene, Don Paolo?
E don Paolo la fissava incantato come stesse per starnutire, e teneva tra due dita i tre biglietti ancora piegati quasi fossero una presa di tabacco.
— Come sono caldi!
Ella riabbassò gli occhi. Don Paolo finalmente le disse all’orecchio:
— Quella santa anima di vostro marito si meritava questo e altro.
Dopo una pausa, accennando tre biglietti aperti sul seno di lei, aggiunse con unzione:
— Perchè non ce li rimettiamo, figlia mia?
La nipote d’Anna Maria la attendeva sulla porta di casa, facendo la calza in faccia ai pagliai che luccicavano d’oro al cielo rasserenato.
— Ebbene? S’è accontentato di tredici lire?
— Anche meno, anche meno...