Le vie del peccato/La scelta

La scelta

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Villeggiatura Numero perfetto

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LA SCELTA.

A Giovanni Pozza.

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La scelta


A Roma, per via Pinciana, mentre un lampionaio va accendendo i fanali uno a destra l’altro a sinistra celermente su per la salita. Due sartine camminano lentamente tacendo, guardando il cielo bianco in fondo alla via deserta.
Sandrina. (alla voltata del viale Ludovisi fissa un vecchio signore fermo sull’angolo dell’Eden Hôtel, poi si volta ridendo alla compagna) L’hai visto? È la quarta sera; e questa sera fa freddo per un uomo dell’età sua. Stanotte, bottiglia calda ai piedi e berretto di lana.
Rita. Sta zitta, ti sente.
Sandrina. Meglio. Tanto vedrai che sarà lì anche domani sera più puntuale della maestra alle prove degli abiti.
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Rita. E allora domani sera passeremo da San Basilio e da via Veneto.
Sandrina. Lo sai? È capo divisione.
Rita. Come lo sai?
Sandrina. Me l’ha scritto.
Rita. Quando?
Sandrina. Stamattina. Ah è furbo, e deve conoscere la vita, quel vecchio là! Nemmeno Alberto n’avrebbe pensata una più bella. Io venivo giù per la Mercede con la scatola sotto il braccio...
Rita. Da chi eri stata?
Sandrina. Dalla contessa, e c’era il tenente. Quello pure la conosce la vita ma dice sempre che preferisce alla grande vita una vitina. Basta... A Sant’Andrea delle Fratte vedo il vecchio, egli mi vede e fa un salto e diventa rosso, proprio rosso ti dico... A quell’età! E sempre camminando avanti presto presto si mette a scrivere con un lapis sopra un giornale, poi, pochi passi avanti a me, posa il giornale sul parapetto d’una inferriata bassa al Ministero dei Lavori pubblici, e si ferma dall’altro lato della via davanti al caffè guardando me e il giornale, il giornale e me. Io capisco e...
Rita. Hai preso il giornale, tu?
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Sandrina. Si capisce. Non c’era che il nome suo e poi nientedimeno che queste parole: – Volete vivere sempre con me? – A me, in realtà, mi è venuto da ridere per quel sempre.... All’età sua dire sempre è un po’ tragico... È una parola da mettersi in musica...
Rita. E poi?
Sandrina. E poi niente altro... Guarda rieccolo.
Rita. (guardando il vecchio riapparire incontro a loro per via Sicilia tutta deserta). Adesso ci ferma.
Sandrina. Ci provi un po’!
Il vecchio. (levandosi il cappello) Signorina, potrei accompagnarla?
Sandrina. (severa) Lei ci deve aver preso per quel che non siamo.
Rita. (cammina impaurita innanzi, traendo per la manica la compagna) Ci lasci... Ci lasci...
Il vecchio. (a Sandrina) Io vorrei dire due parole a lei... due parole sole... Non le dispiacerebbero... Sono un uomo serio... alla mia età...
Sandrina. (ridendo) Alla sua età badi a non prendersi un reuma con questa tramontana, a quest’ora...
Il vecchio (fa un passo indietro, volta alla prima via).
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Rita. (dopo un momento) È andato via?
Sandrina. Sì. Oh che ridere! M’aveva preso... come dice la contessa? Ah! Mi aveva preso un fou rire...
Rita. Tu dovevi dargli l’ombrello sul viso.
Sandrina. Già, ma mi macchiavo l’ombrello perchè ha i baffi tinti. E poi... E poi un capo divisione è sempre utile. Ti credi proprio di dover restare fino alla morte così, a bucarti le dita con gli aghi di Pontecorvo, a far gli abiti per gli altri e rammendar gli stracci per te, a passeggiar con la scatola sotto il braccio e i piedi e le mani gonfie di geloni? Io no. Fossi matta!
Rita. E che vuoi fare?
Sandrina. Che voglio fare? Lo sai tu che ieri sera la zia non m’ha dato la cena perchè mi son rifiutata di lavare i piatti? Lo sai, tu?
Rita. Sposa Alberto.
Sandrina. Sposalo tu, che hai voglia di restar poveretta, a pane e cacio. Io no. Almeno, se adesso scappo da casa di zia, nessuno mi corre appresso. Se poi scappassi da casa di Alberto, mi tirerebbe una revolverata.
Rita. E tu andrai col vecchio?
Sandrina. Meglio con lui che con un altro. È più ricco, e all’età sua annoia meno.
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Rita. E Alberto?
Sandrina. A Tevere. Io so che nemmeno ho due lire per farmi i guanti nuovi, capisci? E non mi dispiace, ti credi? Altro che! Anche a me piacerebbe un marito giovane, e il letto a due piazze, e la cuoca, e la cameriera, e gli abiti da sera, e i baci giorno e notte... Ma... Alberto appena appena ha il tempo per i baci. (si ferma davanti a un portone grande, ma sporco e ingombro di bimbi che giocano) Io salgo su. Vieni? Zia ancora è in tipografia. Resterai un quarto d’ora?
Rita (senza parole la segue per le scale).
Sandrina (fa le scale canticchiando senza parlare a Rita, apre una porta al quarto piano, entra). Entra e richiudi la porta. Io accendo il fornello per la cena. Ci riscalderemo. (In cucina versa da un canestro tutto il poco carbone rimasto, accende il fuoco abilmente con la carta sotto il carbone, mostra ridendo le mani a Rita) Guarda che mani nere! Quando sarò «capo divisione» suonerò il campanello verso sera e griderò al cameriere: «Battista, accendete il caminetto nel salottino rosso!» (intanto sventola il fornello) Un salottino rosso e [p. 162 modifica]giallo, tutto rosso e giallo, voglio avere, con gli sgabelli di raso turchino. Vedrai.
Rita. Io non ci verrò!
Sandrina. E perchè?
Rita. Prima di tutto perchè allora avrò marito e mio marito non mi ci manderà... e poi perchè tu m’avrai scordata...
Sandrina. Già, tuo marito ti ci manderà, perchè quando ti sarai sposata tu, il capo divisione sarà morto o io sarò sua moglie. Quanto a scordarti poi... teh! (le prende con le mani le guance e la bacia su la bocca).
Rita. Sta buona, mi hai macchiato le guance col carbone.
Sandrina. E Fausto stasera crederà che ti abbia baciata un carbonaro e ti batterà.
Rita. Fausto non mi batte.
Sandrina. Ma se lo dice tutto il laboratorio!
Rita. E che ne sanno al laboratorio?
Sandrina. (con le due mani tese sul fornello acceso) Senti che bel caldo... «Battista, accendete il caminetto nel salotto rosso!» e poi «Battista, portatemi un punch bollente, anzi due punch bollenti!» e poi «Battista, non sono in casa per nessuno!» e poi «Battista, portatemi Ninì!» Avrò una cagnolina nera col fiocco rosso [p. 163 modifica]che si chiamerà Ninì come quella della contessa. Ah la cagnolina sì, il tenente no! Vieni qua, scaldati, (le due ragazze tendono le quattro mani sul fornello come in un giuramento. Le quattro piccole mani rosse pel freddo, colle dita rovinate dal lavoro dell’ago, hanno sulla fiamma i contorni rosei trasparenti come d’ambra. Dietro, la cucinetta è tutta buia).
Rita. (dopo una pausa, commossa) Tu lo dici, ma non lo farai.
Sandrina. Lo farò, lo farò. Io i piatti stasera non li laverò, e anche stasera dovrò stare senza cena.
Rita. Pensa ad Alberto. Tra Alberto e quel vecchio lì, tu scegli il vecchio solo per i danari?
Sandrina. Io... io scelgo? Ma è la miseria che sceglie. Del resto, aspetta. (Prende dalla tavola un pezzo di carta turchiniccia greve e lo strappa in due) Scriverò i due nomi su la carta dello zucchero e tu sceglierai. Ci si vede poco, fa vento al fornello, (mentre Rita sventola e attizza il fuoco, ella trae di tasca un pezzo logoro di lapis, e scrive sulle due carte, pronunciando): Alberto... Il vecchio... (poi piega le carte in quattro e le mette sul camino presso il fornello) Scegli tu.
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Rita. Obbedirai alla scelta mia?
Sandrina. Giuro, obbedirò, (e tende sorridendo bravamente le due mani sul fornello) Guarda Muzio Scevola, come sta dipinto a quell’osteria di Trastevere...
Rita. Tu non sei seria. È inutile che io scelga.
Sandrina. Ti dico che giuro d’obbedire. Scegli.
Rita. Ho paura... (trepidando prende una carta, la apre legge inchinandosi al chiarore del fuoco) «Il vecchio!»
La zia. (fuori la porta, bussa) Sandrina.
Sandrina. (a Rita desolata) Lo vedi? Il destino mi dà ragione. Corro ad aprire a zia (prende l’altra carta non letta, e la gitta nel fornello, ed esce correndo e ridendo).
Rita. (sull’orlo del fornello raccoglie la carta che non ha letta, la apre e al chiaror dei carboni legge, come in quell’altra): «Il vecchio».