Esodo

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Euripide - Le supplici (423 a.C. / 421 a. C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1928)
Esodo
Quinto stasimo Le supplici (Euripide)
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teseo
Vedete, o Adrasto e argive donne, i figli
che nelle mani recano le salme
dei padri lor, da noi recuperate.
Dono a voi ne facciamo Atene ed io;
e voi memori sempre esser dovete,
del favor che impetraste, esserne grati,
e ciò ch’io dico a voi, ridire ai figli:
che venerino Atene, e la memoria
trasmettano del ben che qui trovaste,
di figlio in figlio. E Giove consapevole
e tutti i Numi dell’Olimpo sono
dei benefici onde l’onor qui aveste.
adrasto
Consci siamo, Tesèo, di tutto il bene
ch’ebbe da te, quando bisogno piú
ne avea, l’argiva terra. Eternamente
grati saremo a te: voi generosi
foste: e rimeritarvi, obbligo è nostro.
teseo
Altro ufficio da me v’occorre ancora?
adrasto
Salute! Atene e tu degni ne siete.

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teseo
Grazie: e l’augurio stesso a te rivolgo.
Appare Atena.
atena
Quello che tu per l’utile d’Atene
or devi fare, odi, o Tesèo, da Pallade.
Non consegnar, non cedere quest’ossa
sí di leggeri ai figli, che le rechino
al suolo d’Argo. Dei travagli in cambio
che tu, che Atene sopportaste, prima
un giuramento esigi. E Adrasto deve
prestarlo; egli è sovrano, e per la terra
tutta dei Dànai può giurare. E il giuro
tale sarà: che mai su questa terra
non porteranno infeste armi gli Argivi;
e quando altri la invada, impugneranno
contro esso l’asta. E dove il giuro obliino,
e contro la città muovano, impreca
la mala fine su la terra argiva.
E ascolta adesso dove a te conviene
le vittime sgozzare. Esiste un tripode
dal bronzeo pie’, nella tua casa: un giorno
Ercole a te lo die’, che a nuova impresa
moveva, poi che Troia ebbe distrutta,
e t’ingiunse che presso all’ara pítica
tu lo ponessi. Taglia qui tre gole
di tre pecore, e incidi i giuramenti
del tripode nel grembo; e poi consegnalo,
ché lo conservi, al Dio signor di Delfo,

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monumento dei giuri, e testimonio
per gli Ellèni. E la spada onde recise
avrai le gole, e sparso il sangue, presso
ai sette roghi degli eroi defunti
nascondila sotterra. Essa, ove mai
movano contro Atene, al sol mostrarla,
terrore in essi infonderà, ben tristo
ritorno ad essi appresterà. — Ciò fatto,
consenti pur che via le salme rechino.
E questo luogo, ove le salme furono
purificate nelle fiamme, presso
il trivio della Dea, su l’Istmo, lascialo
deserto. A te ciò dico. E dico ai figli
degli Argivi: poiché giunti sarete
a pubertà, per vendicar la morte
dei padri spenti, a sacco la città
dell’Ismeno porrete. E tu sarai,
invece di tuo padre, Egïalèo1,
giovin duce alle schiere; e dall’Etolia
il figlio di Tidèo verrà, che il padre
chiamar soleva Dïomede. E attendere
non dovete che il mento a voi s’imbruni,
ma pria muover le schiere dei Danàidi
gravi di bronzo contro la turrita
città di Tebe dalle sette porte.
Feroci come di leoni cuccioli
già fatti adulti, contro lor sarete,
espugnerete Tebe: è tale il fato.
Detti sarete tra gli Ellèni epígoni,
vi canteranno i vati: una tal gesta
compiuta avrete col favor dei Numi.

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teseo
Signora Atena, ai tuoi detti obbedisco.
Sopra il giusto sentier, perché non erri,
tu mi dirigi. Stringerò costui
coi giuri; e tu su la via dritta guidami.
Ché in Atene, se tu ci sei benevola,
potremo, d’ora in poi, sicuri vivere.
coro
Adrasto, or moviamo, prestiamo
il giuro a quest’uomo e ad Atene:
per noi tali gesta compierono
che a noi venerarli conviene.
Escono tutti.


Note

  1. [p. 300 modifica]Egialeo figlio di Adrasto.