Le supplici (Eschilo)/Canto d'ingresso

Canto d'ingresso

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Eschilo - Le supplici (472 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1921)
Canto d'ingresso
Personaggi Primo canto intorno all'ara
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CANTO D’INGRESSO


Guidate dal vecchio padre Dànao, entrano le Danaidi, in vesti egizie, reggendo ciascuna nella sinistra un ramoscello d’ulivo avvolto di bianche lane — il segno dei supplici — e percorrono l’orchestra, sopra un lentissimo ritmo di marcia, cantando il brano seguente.
coro
Protettore dei supplici, Giove,
volgi l’occhio benevolo a questa
nostra schiera, che giunge per mare
dalle foci e le sabbie del Nilo.
La divina contrada finitima
della Siria fuggiamo; né bando
contro noi per delitto di sangue
decretava la nostra città.
Ma spontanee fuggiamo da sposi
consanguinei, schiviam l’abominio
d’empie nozze coi figli d’Egitto.
     Consiglier della fuga fu Dànao

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nostro padre: esso, il tutto librando,
questo farmaco ai mali rinvenne:
che sui flutti del mar c’involassimo,
che alla terra approdassimo d’Argo,
d’onde vien nostra stirpe, che vanta
la giovenca sospinta dall’estro
alla brama ed al tocco di Giove.
     A qual terra potremmo approdare
piú di questa benigna, e protenderle
rami e bende con supplici palme?
Questa terra, ed i suoi cittadini,
e le candide linfe, ed i Superi,
e gl’Inferni implacabili Numi
guardïani dei tumuli, e Giove
salvatore per terzo, che i tetti
custodisce degli uomini pii,
diano asilo a la schiera fuggiasca
delle femmine; e spiri dall’animo
degli Argivi favore; e lo sciame
dei figliuoli d’Egitto protervo,
pria che posino il pie’ su le arene
della spiaggia, e il lor legno veloce
respingete nel pelago; e qui,
tra cozzare d’avverse procelle,
tra le folgori, i tuoni, le raffiche,
e la piova, sul mare selvaggio
spersi vadano, avanti che ascendano
i giacigli da cui li respinge
la Giustizia, e al legame paterno
faccian forza e a la mia volontà.