Le strade ferrate italiane e l'Austria

Anonimo

1846 Indice:Le strade ferrate italiane e l'Austria - L'indipendenza degli Stati italiani.djvu Le strade ferrate italiane e l'Austria Intestazione 9 aprile 2020 100% Da definire


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LE STRADE FERRATE ITALIANE

E L’AUSTRIA.




Impiega l’Austria ogni arte per conservare ed ove occorra per accrescere il suo ascendente su i principi italiani a danno di loro stessi e delle respettive popolazioni. E rispetto alle strade ferrate si sforza con ogni mezzo che si facciano ad esclusivo suo profitto. Quindi è suo disegno che tutte si dirigano al regno Lombardo-Veneto, onde le comunicazioni dell’Italia con la Germania e con la Svizzera si trovino nelle sue mani. Ciò avvenendo raccoglierà essa sola tutti i vantaggi commerciali e strategici procurati dalle vie ferrate, ma farà anche la polizia esclusiva di tutte le nuove comunicazioni dell’Italia con l’estero e conserverà così la sua influenza su gli uomini e sulle cose della Penisola. Crede l’Austria esserle necessaria una tale influenza per la conservazione dei suoi dominj italiani.

Ha infatti rifiutata la riunione delle strade ferrate lombarde con le piemontesi sulle sponde del Ticino; ha impedito con le sue pratiche la concessione della via ferrata da Parma ad Alessandria; si è studiata premurosamente, e giova sperare indarno, di paralizzare la formazione della Società Ligure-Piemontese-Svizzera, per la costruzione [p. 4 modifica]delle vie ferrate dal confine piemontese al confine alemanno a Costanza per Coira in continuazione di quella attualmente in costruzione da Genova per Alessandria al Lago Maggiore; e ciò nella veduta di comunicare essa sola con strade ferrate dall’Italia alla Germania meridionale.

Che i principi italiani per dignità propria e per interesse dei loro popoli resistano a queste esorbitanti pretese. Siano da questo momento non più vassalli dell’Austria, ma regnino quali sovrani indipendenti, perchè tali la Provvidenza li costituì.

Parma conceda pure la richiesta via ferrata dal suo territorio ad Alessandria; Piemonte si sforzi perchè si continui la via ferrata dal suo confine per la Svizzera fino a Costanza, non trascurando se è possibile l’altra da Torino a Ginevra ed a Lione.

Questi fatti del resto non sono che applicazioni del principio regolatore della politica austriaca in Italia che è nel motto: divide et impera.

Un tal principio può esser formulato come appresso: mantenere o far nascere, ove faccia di mestieri, la divisione tra i principi italiani, e tra questi e le loro respettive popolazioni.

A tale effetto ispirare continuamente ai primi reciproci mal fondati sospetti e gelosie; a questi ed alle seconde mutue diffidenze e timori d’infedeltà e di ribellione col fine che giammai si possano stabilire in Italia tra principi e popoli scambievoli rapporti d’affetto e di benevolenza; dominare i principi italiani a tal punto da renderseli ligj ed impedir loro così che regnino quali sovrani [p. 5 modifica]indipendenti e promotori, con dignità e con efficacia, del benessere della popolazione.

Ogni atto che genera simpatie tra un principe italiano ed il suo popolo è sempre mal veduto dall’Austria, la quale si studia per ogni via di prevenirlo, o di contrariarlo nei suoi effetti.

Dispiacque altamente al Gabinetto di Vienna la dignitosa e ferma condotta del re di Sardegna nell’occasione delle ultime vertenze commerciali tra i due Stati. E non già per il merito della questione, ma perchè la onorevole resistenza del re (dopo trent’anni di condiscendenze) gli conciliò l’approvazione pubblicamente espressa del suo popolo. L’accordo dei sentimenti e delle idee tra principi e popoli è il fatto che più d’ogni altro paventa l’Austria in Italia.

L’amnistia accordata dal Sommo Pontefice (primo ed unico atto di amore di un principe Italiano verso il suo popolo nell’ultimo trentennio) non fu al certo gradito dall’Austria perchè impartito in un modo largo ed affettuoso risvegliò negli Stati Pontificj, e nel resto d’Italia un indicibile entusiasmo, e guadagnò pubbliche simpatie all’augusta persona del Papa.

Tutto ciò che sa di affetto e di stima e di leali rapporti tra principi e popoli in Italia adombra l’Austria, perchè credesi minacciata dall’unione e dalla concordia degli animi. La sua sicurezza non sa vederla in Italia che nelle diffidenze, nel sospetto e nella discordia tra principi e popoli. Vecchia sua politica e che noi malaccorti ha fatti divenire quello che siamo.

Primeggia tra le applicazioni di questa politica [p. 6 modifica]austriaca tener divisi gli animi tra il re di Sardegna e quello di Napoli. Antica arte del Gabinetto Viennese cui presta ogni cura ed in cui sfortunatamente riesce1.

Si scuotano alla fine i principi nostri e si vergognino della loro dependenza dallo straniero, la quale gl’invilisce agli occhi delle loro popolazioni e del mondo intero. Con un semplice atto di lor volontà vi si sottraggano, e con essi ne sottraggano i popoli affidati loro dalla Provvidenza. Stabiliscansi, sia tra i principi italiani, sia con l’estero, rapporti di nazionale indipendenza benevola sì ma dignitosa; stringansi in Italia legami di affetto, di stima e di fiducia tra principi e popolo, allora, ed allora soltanto, la patria comune potrà redimersi dall’avvilimento in cui è caduta, e risorgere nuovamente alla civiltà. Che la nostra divisa sia in avvenire: Unione tra i nostri principi e le respettive popolazioni; indipendenza dallo straniero.


Agosto 1846.


Note

  1. Due o tre anni indietro la Corte di Toscana nel riformare il vestiario dei servitori di livrea volle cambiare la coccarda dei cappelli, sostituendo alla nera quella toscana, bianca e rossa. Già l’ordinazione era stata data. Questo cambiamento era gradito dalla popolazione. Ebbene si cedè alle rappresentanze della Legazione-austriaca e ne fu subito abbandonato il pensiero.